Vittorio CraxiE' triste affermarlo, ma c'è poco da celebrare. Come hanno confermato anche le recenti elezioni amministrative, non il socialismo, che è vivo, vegeto e arzillo in diversi luoghi del nostro continente, ma è il Partito socialista a versare in uno stato di crisi profondissima. Nonostante ciò, il 'duo' che, di fatto, esercita la guida principale di quel che resta della nostra storica organizzazione, parlo di Nencini e Pastorelli poiché la figura del presidente è pressoché ornamentale, ha deciso di celebrare il 125° dalla fondazione del Psi nella città dove non celebrammo una tappa particolarmente fortunata. Spiace, non tanto per la mancanza di invito alla celebrazione (l'astio degli attuali locatari del Partito non consente gesti politici distensivi, anzi..), quanto perché in ben altre condizioni si sarebbe potuto celebrare un anniversario comune, unendo a ciò la verifica dei cinque anni dal rientro nelle istituzioni. Conosciamo tutti lo stato del Partito. Quindi, ogni commento malevolo sarebbe superfluo. Ma era anche un'occasione per riflettere sul fiorire di tendenze politiche, in Europa e anche nel resto del mondo - e, aggiungo, anche in Italia - che riscoprono e rispolverano il socialismo. Naturalmente, le sfumature di questi socialismi son diverse: da un lato, la riscoperta dei dettami ottocenteschi che difendono i principi fondamentali che, oggi, sembrano essere non solo aggrediti, ma anche messi in discussione dalla globalizzazione; dall'altra, l'ennesimo tentativo di superarne i precetti, ritenendo cosa possibile compenetrare la difesa degli interessi generali, dei più deboli, degli Stati sovrani e governare i processi economici globali, i quali non intendono frapporre alcun impedimento, alcuna regola. A sinistra, oramai, sono sorti anche gli esaltatori di questo meccanismo infernale, pensando di poter governare democraticamente la globalizzazione attraverso concessioni compassionevoli sotto forma di bonus, privilegiando o incoraggiando lo spirito intraprendente privato nei settori più strategici e vitali dello Stato, che per i liberisti è causa di ogni male, mentre invece andrebbe rilanciato come possibilità di riscatto e rilancio dell'economia. Il socialismo italiano può scegliere e decidere se autorappresentarsi come l'appendice di una declinante fase politica di un Partito che è nato, di fatto, per assorbire e cancellare i socialisti (immagino che, nel 2007, molti di noi fossero già nati), oppure scegliere in questa fase un 'mare' più largo, posto che l'orgoglio di una presentazione politica autonoma al cospetto dell'elettorato italiano è stata sempre scartata con un pregiudizio d'incapacità. Siccome il destino non è segnato per sempre, chi oggi celebra in solitudine una genesi collettiva così importante per la Storia del nostro Paese, si ponga anche un problema, che non è quello di traguardare il prossimo appuntamento elettorale (per quello gli "stai sereno" si saranno sprecati), ma la prossima stagione politica della sinistra in Italia e in Europa, nella quale l'assenza del socialismo italiano pesa e peserà. Noi verifichiamo, per intanto, se esistono delle condizioni favorevoli perché una sinistra più larga contenga anche i socialisti italiani. L'idea è che, a questo appuntamento, arrivino tutti: il tempo può darsi aiuti a schiarirsi le idee. Ad ogni buon conto, auguri ai compagni che conosco e che rispetto, siano essi amici o avversari.




Coordinatore nazionale di 'Area socialista'
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