E' triste affermarlo, ma c'è
poco da celebrare. Come hanno confermato anche le recenti elezioni amministrative, non il
socialismo, che è vivo, vegeto e arzillo in diversi luoghi del nostro continente, ma è il
Partito socialista a versare in uno stato di
crisi profondissima. Nonostante ciò, il
'duo' che, di fatto, esercita la guida principale di quel che resta della nostra storica organizzazione, parlo di
Nencini e
Pastorelli poiché la figura del presidente è pressoché ornamentale, ha deciso di celebrare il
125° dalla fondazione del
Psi nella città dove non celebrammo una tappa particolarmente fortunata. Spiace, non tanto per la mancanza di invito alla celebrazione (l'astio degli attuali locatari del Partito non consente gesti politici distensivi, anzi..), quanto perché in ben altre condizioni si sarebbe potuto celebrare un
anniversario comune, unendo a ciò la verifica dei cinque anni dal rientro nelle istituzioni. Conosciamo tutti lo
stato del Partito. Quindi, ogni commento malevolo sarebbe
superfluo. Ma era anche un'occasione per riflettere sul
fiorire di tendenze politiche, in
Europa e anche nel resto del mondo - e, aggiungo, anche in
Italia - che riscoprono e rispolverano il
socialismo. Naturalmente, le
sfumature di questi
socialismi son
diverse: da un lato, la riscoperta dei
dettami ottocenteschi che difendono i
principi fondamentali che, oggi, sembrano essere non solo
aggrediti, ma anche messi in discussione dalla
globalizzazione; dall'altra, l'ennesimo tentativo di superarne i
precetti, ritenendo cosa possibile
compenetrare la
difesa degli interessi generali, dei più deboli, degli
Stati sovrani e
governare i processi economici globali, i quali non intendono frapporre alcun impedimento, alcuna regola. A
sinistra, oramai, sono sorti anche gli
esaltatori di questo
meccanismo infernale, pensando di poter governare democraticamente la globalizzazione attraverso
concessioni compassionevoli sotto forma di
bonus, privilegiando o incoraggiando lo
spirito intraprendente privato nei settori più strategici e vitali dello
Stato, che per i
liberisti è
causa di ogni male, mentre invece andrebbe
rilanciato come possibilità di
riscatto e
rilancio dell'economia. Il
socialismo italiano può scegliere e decidere se autorappresentarsi come
l'appendice di una declinante fase politica di un
Partito che è nato, di fatto, per
assorbire e
cancellare i socialisti (immagino che, nel
2007, molti di noi fossero già nati), oppure scegliere in questa fase un
'mare' più largo, posto che l'orgoglio di una
presentazione politica autonoma al cospetto dell'elettorato italiano è stata sempre
scartata con un
pregiudizio d'incapacità. Siccome il destino non è segnato per sempre, chi oggi celebra in solitudine una
genesi collettiva così importante per la
Storia del nostro Paese, si ponga anche un
problema, che non è quello di
traguardare il prossimo appuntamento elettorale (per quello gli
"stai sereno" si saranno sprecati), ma la prossima stagione politica della
sinistra in
Italia e in
Europa, nella quale
l'assenza del socialismo italiano pesa e peserà. Noi verifichiamo, per intanto, se esistono delle condizioni favorevoli perché una
sinistra più larga contenga anche i
socialisti italiani. L'idea è che, a questo appuntamento, arrivino tutti: il tempo può darsi aiuti a
schiarirsi le idee. Ad ogni buon conto,
auguri ai compagni che conosco e che rispetto, siano essi
amici o
avversari.
Coordinatore nazionale di 'Area socialista'