Chissà che cosa
'frulla' nella testa della gente in questi tempi disgraziati? La sensazione è che vi sia una separazione netta tra quella che viene considerata la
realtà 'reale', quella dei
social, dei
post e delle
'cose pubbliche', grazie alle quale chiunque può decidere di vivere una vita che non è la sua inventandosene
un'altra, e la
realtà virtuale, che pare invece esser quella della vita quotidiana che non ci piace, dove non siamo ciò che vorremmo, dove ci sentiamo frustrati, un po' soli e dove, soprattutto, il tempo passa e ci devasta. Tutto questo è la prova della straordinaria capacità di devastare le menti di un intero popolo di quel
'geniaccio del male' che fu
Silvio Berlusconi, il quale, nel ventennio appena passato, riuscì a farci credere che la
realtà 'reale' stava nelle sue
televisioni e che tutto il resto era una sorta di
'realtà virtuale', che non corrispondeva al vero. Insegnamento raccolto ora dal
M5S, grazie al
blog che
non è di Beppe Grillo, ma anche sì. Oggi come allora, tutti i gatti fanno
"miao". Questo fenomeno si verifica in quei popoli che per indole, archetipo, antropologia culturale o pigrizia mentale che dir si voglia, non vedono l'ora che arrivi un
messìa, al quale delegare la risoluzione di tutti i loro mali, veri o presunti. Una tendenza vitale così radicata che chiunque si travesta da
messìa trova immediato ascolto e posizionamento nel
'gotha' della classe dirigente del Paese, con tanto di adepti al seguito e fanatici sostenitori pronti a difenderlo con la vita. Ciò che succede regolarmente è che, non risolvendo il problema della
dipendenza da messia, morto un
messìa se ne fa
un altro, proprio come coi
papi, che son
mortali ma
immortali, infallibili ma
fallaci e che perpetuano il
potere della Chiesa di Roma con
uomini in bianco tutti uguali, che dicono da secoli le stesse cose attraverso cerimoniali straordinariamente architettati dal punto di vista della 'rappresentazione' e, proprio per questo,
falsi. Insomma, non si risolve granché qui da noi. Perché questa ricerca del
messìa salvatore che ci libera dalle nostre pene e dai nostri
disastri esistenziali non è nient'altro che un profondo rifiuto ad assumersi personalmente quelle
responsabilità che ognuno di noi, prima o poi, deve per forza assumersi. E non stiamo parlando di pagamenti di bollette o quant'altro, ma proprio di quelle nostre azioni che soggiacciono al governo della
'res publica'. L'atto del votare, per esempio: non è più accettabile che chiunque si alzi gridando più forte degli altri guadagni in poco tempo il
30% dei consensi, perché un terzo del Paese delega al
'Grande Messìa Urlatore' la risoluzione della propria vita. Certo, delegare la propria vita agli altri conviene molto più che vivere la propria, perché in caso di fallimento ci sarà sempre qualcun altro da
incolpare. Così si va avanti per tutta la vita, fino alla morte, che li troverà, questi
poverini, alle prese con la disperazione di chi ha vissuto la vita di qualcun altro senza nemmeno chiedersi perché si vive e si muore, troppo impegnati a cercare le risposte
fuori di sé per poterle contestare sui
social e liberarsi la
pancia dai suoi
orrori. Così funziona la testa di chi cerca il
messìa in ogni angolo e in ogni cassonetto, pronto a celebrarlo come nuovo condottiero.