Siamo alle solite. La vicenda della stadio di calcio della
Roma a
Tor di Valle ha saturato la pazienza degli addetti ai lavori, dei media e dei cittadini, trasformandosi da un semplice progetto di riqualificazione urbana a
'circo mediatico', in cui le parti hanno fatto a gara a
"chi ce l'ha più grosso". Il progetto, come ormai noto, era stato approvato dalla precedente giunta capitolina presieduta dal
'silurato' Marino, vittima sacrificale di un
Pd incapace di cooperare con il timbro della
pubblica utilità a suggellarne la bontà e la portata innovativa. Il problema dell'ex sindaco, come spesso detto, è stato quello di non aver saputo
vendere le proprie iniziative all'opinione pubblca: quando approvò la chiusura del
'Tridente Mediceo' (per i non pratici di Roma, si tratta dell'area in pieno
centro storico compresa tra via di Ripetta, Passeggiata di Ripetta e la zona compresa tra via della Mercede e via del Tritone,
ndr) sembrò quasi che fosse stato fatto un torto a commercianti e residenti, quando si sarebbe potuto puntare l'attenzione sul fatto che, così facendo, si creava una delle
aree pedonali più grandi del mondo. Ma così è: a
Roma, quando si toccano
interessi particolari, è difficile gestire il
bene comune. La vicenda dello stadio, ovviamente, non fa eccezione. Con l'infausta elezione della
Giunta Raggi, che nulla o quasi ha ancora portato alla
'città eterna', a parte infinite diatribe e legittimi dubbi su chi, tra la
Raggi e
Beppe Grillo, stia effettivamente svolgendo il compito di sindaco della capitale. Dopo un infinito discutere tra la Giunta capitolina e la società giallorossa, promotrice del progetto assieme al gruppo
'Parsitalia', proprietario del terreno, sembra che la vicenda sia arrivata finalmente a una degna conclusione. Per dirla
'alla romana': "Sto benedetto stadio se fa". Quello su cui però ben pochi si sono soffermati è il:
"Come se fa"? Ecco, più o meno, cos'è successo nello specifico: la
Roma avrà il suo
stadio, evitando al
Movimento 5 Stelle di perdere voti (sembrerà assurdo, ma è così); l'amministrazione è riuscita a far rimuovere dal progetto le
tre torri che tanto avevano fatto torcere lo stomaco a
Berdini e a
Sgarbi; il costruttore potrà ora realizzare un quartiere di uffici e commerci
in deroga al
Piano Regolatore, con una spesa molto inferiore rispetto a quella prevista dal precedente accordo. Il fatto è che ben poco, in realtà, si è capito di quale sia
l'accordo tra le parti, che non è stato reso noto in tutte le sue condizioni. Alcune cose, tuttavia, è stato possibile desumerle dai
post su
Facebook del
sindaco Raggi e da alcune dichiarazioni
sparse, rilasciate dai vertici giallorossi e dagli assessori romani. In primo luogo, sono state cancellate opere come:
a) il prolungamento della
metro B; b) l'allargamento dello svincolo della
Roma-Fiumicino e della bretella di accesso ai parcheggi dello stadio;
c) del
ponte ciclo-pedonale sul Tevere per collegare stadio e parco fluviale;
d) la riqualificazione della
stazione FL1 Magliana; e) la riduzione dei treni previsti per servire la zona (ricordiamo che le spese sopraelencate erano interamente a carico del privato);
f) viene a mancare l'obbligo per il costruttore di provvedere all'allargamento della
via del Mare e di
via Ostiense prima della costruzione dello stadio stesso;
g) inutile parlare della messa in sicurezza dell'area da un punto di vista
idrogeologico, perché se ne è parlato fin troppo e spesso a sproposito (chi scrive vive nella zona di Decima e Tor di Valle da 27 anni e non ricorda casi di allagamento o esondazione);
h) l'eliminazione delle
torri progettate dall'architetto
Libeskind, che
Sgarbi aveva additato come oltraggio alla decenza nella panorama romano, che tuttavia avrebbero consentito di risparmiare suolo in favore del
verde pubblico, diventando uno dei pochissimi edifici moderni della città. Del progetto originale, approvato dalla
Giunta Marino, sembra insomma scomparsa la parte più importante: le
opere pubbliche. Sembrerà assurdo, ma a spiegare la situazione è stato lo stesso
ex sindaco, nel corso della trasmissione
'Faccia a faccia' su
La7: "La Raggi, oggi, può dire con soddisfazione di avere approvato il progetto iniziale dei costruttori che la Giunta Marino aveva bocciato. La sindaca ha infatti cancellato tutte le opere di interesse pubblico da noi ottenute: più di 250 milioni di euro per i trasporti e un parco grande come Villa Borghese. Alla fine, ha fatto un favore ai costruttori". Si, perché ora
Parnasi ha la possibilità di realizzare una vasta area di
centri direzionali e
aree commerciali che, nel caso in cui, dopo alcuni anni, dovessero risultare inutilizzati e invenduti, potrebbe facilmente convertire in
abitazioni, realizzando la solita
speculazione edilizia a cui i romani sono storicamente abituati. Perché qui bisognerebbe parlare chiaro e spiegare che il termine
'speculazione', a parte casi eclatanti, non è necessariamente una
'parolaccia': se un progetto privato viene indirizzato da e in favore del
pubblico, ovviamente ci sarà
speculazione, perché nessuno investe a fondo perduto (il
'mecenatismo' è finito nel
Rinascimento, mettiamocelo bene in testa...), ma sarà un
'far soldi' che avrà comunque portato utilità anche alla comunità. Basterebbe guardare
Milano, città che grazie agli investimenti privati e a una lungimirante politica di riqualificazione territoriale, che ha resistito dalla
Giunta Moratti fino all'attuale
Giunta Sala, si sta trasformando in una
moderna città europea, osservando ormai in lontananza e dallo
'specchietto retrovisore' la
capitale d'Italia. Tutto ciò avviene a causa di una
Giunta capitolina composta da
inetti e
arroganti i quali, pur di dimostrare le loro supposte virtù, sono riusciti a
disfare un
progetto vantaggioso per la comunità. E questo è quel che produce il
populismo protestatario fine a se stesso. Adesso, possiamo solamente sperare che il concetto sia più
chiaro e concreto per tutti.