Essere costretti a passare tre giorni, vostro malgrado, in compagnia di un gruppo di
studenti americani vicini alla trentina e in piena
'era Trump' può diventare un'esperienza
indimenticabile. Per molte ragioni. La prima delle quali è l'assoluta
ignoranza della
politica e delle
cose del mondo che questi
'trumpisti' convinti dimostrano; la spaventosa tendenza ad avere un
nemico dichiarato da combattere: il mondo oltre i confini
dell'Unione europea, la
Cina e il
Messico in primis; la non conoscenza del fatto che la
Cina detiene il
debito pubblico americano, cioè che lo ha
comprato, cioè che ne è
padrona, cioè che ha
gli Usa in 'banca' (volgarizziamo, per stare in tema); l'assurdo sillogismo:
"Il mio conoscente è messicano, quel messicano è un delinquente, tutti i messicani lo sono"; la sindrome del tradimento: i membri dello staff di
Donald Trump se ne vanno perché c'è
un complotto dei russi (anche se il neopresidente americano è filorusso); il camminare per le strade e ascoltare conversazioni che non impiegano più di
cinquanta di
espressioni fonetiche, condite di
"waw", "geeee", "I mean", "kind of", che spiegano molto la fascinazione per un presidente dal vocabolario di circa una
'settantatina' di parole in tutto. Improvvisamente l'illuminazione: il
M5S, confrontato a
quella 'roba' lì, sembra un movimento di straordinari
statisti.