"Ed ora che la fine è vicina e affronto il sipario, amico mio lo dirò chiaramente: racconterò il mio caso del quale sono certo". Cominciava così la celebre
'My way' di
Frank Sinatra nel
1968. E, probabilmente, l'allora 32enne
Silvio Berlusconi decise di far proprio il testo di quel brano, per costruirci sopra la propria fortuna e, una volta giunto in vista del traguardo, raccontare alla sua maniera la propria vita. Nacque così un progetto editoriale intitolato
'My way: Berlusconi si racconta a Friedman', 400 pagine edite da
Rizzoli, in cui l'ex Cavaliere ha deciso di raccontare la propria vita al giornalista americano: dai primi anni passati nella
Milano della seconda guerra mondiale, alle accuse di sfruttamento della prostituzione e la condanna per
evasione fiscale nel
2013. Il libro, come viene descritto dall'autore nella nota introduttiva, si basa su ben
28 ore di videointerviste, registrate nella
villa di
Arcore di
Silvio Berlusconi. Questo
'girato' è stato organizzato e arricchito con ulteriori interviste e opinioni, per creare il documentario
'My way: The rise and fall of Silvio Berlusconi', diretto da
Antongiulio Paninizzi, disponibile sulla piattaforma
Netflix. A differenza del libro, che nonostante l'abilità dello scrittore resta comunque uno
strumento 'freddo', il documentario riesce a essere maggiormente incisivo proprio per l'assenza del filtro della pagina, soprattutto per quel che riguarda le interviste. Quando si parla di un personaggio controverso come
Berlusconi, la possibilità di vedere le reazioni alle domande poste da
Friedman diventa il vero punto di forza del documentario. Spesso, infatti, nel corso della sua lunga carriera di imprenditore e specialmente di politico,
Berlusconi si è sempre posto nei confronti degli intervistatori
'aggressivamente', trovandosi di fronte a qualcuno che, dal suo punto di vista, non era un intervistatore, quanto piuttosto un
aggressore: vederlo rispondere ad alcune domande
'scomode' del giornalista americano è dunque un risultato assai considerevole. Il ruolo di
Alan Friedman nella narrazione è fondamentale: la sua posizione
'neutrale', nonostante l'iniziale investitura da parte dell'intervistato
("per molti anni, molti giornalisti mi hanno chiesto di raccontare la storia della mia vita. Ho sempre rifiutato. Ho acconsentito a collaborare con Alan perché mi fido di lui") porta lo spettatore a
'fidarsi' del giornalista, che non si rivela mai accondiscendente verso
l'ex Cavaliere. Al contrario, innanzi all'ennesima domanda scomoda,
Berlusconi a un certo punto commenta sarcasticamente:
"Lei mi sta facendo passare un brutto quarto d'ora". Non solo
Friedman si dimostra inflessibile nei confronti di
Berlusconi: anche l'occhio della telecamera del regista è capace di
'rubare' momenti privati in alcuni casi addirittura
'grotteschi' nella fortezza di
Villa San Martino. Come le scarpe ortopediche
'rialzate' del protagonista; l'imbarazzo e il fastidio della fidanzata,
Francesca Pascale, (di circa 50 anni più giovane) nel momento in cui si arriva a discutere di
'bunga bunga' o nei momenti in cui l'ex premier si lascia andare a qualche battuta un po' troppo
'sopra le righe'; la presenza di un quadro del
Duce nell'immensa e meravigliosa galleria d'arte che custodisce nella sua collezione privata. Continuando con
Sinatra: "Ho vissuto una vita piena, ho viaggiato su ogni strada, ma più di tutto quanto, l'ho fatto a modo mio". Il racconto della sua vita assume per
Berlusconi quello di un'apparente
'seduta d'analisi', che il protagonista fa nei confronti di se stesso, con la consueta indulgenza che chiunque adopererebbe nei confronti di se stesso. Dalla gioventù trascorsa sulle navi da crociera facendo
cabaret, alle serate canore nei locali di
Parigi; dalla costruzione di un
impero immobiliare che lo avrebbe portato alla
liberalizzazione delle reti televisive e alla costruzione
dell'impero Mediaset, al rapporto con
Bettino Craxi; dalla sua famosa
"discesa in campo" con la costituzione di
Forza Italia, l'esperienza di
Governo e la posizione internazionale
dell'Italia, agli scandali e alla caduta. Proprio su quest'ultimo aspetto, le parole di
Berlusconi si fanno meno referenziali e più rivelatrici, nel momento di raccontare il retroscena del
G20 di
Cannes del
2011, quando si oppose all'allora presidente francese,
Nicolas Sarkozy, che aveva convinto la Segretaria di Stato americana,
Hillary Clinton, a intervenire militarmente contro la
Libia di
Gheddafi, favorendo il cambio di regime; il suo ruolo, più o meno riconosciuto, nei buoni rapporti diplomatici tra
George W. Bush e
Vladimir Putin; il tentativo, sempre durante il
G20 di
Cannes, di
Angela Merkel e
Nicolas Sarkozy di costringere
l'Italia ad accettare un prestito di
80 miliardi di euro da parte del
Fondo monetario internazionale, a seguito della crisi dei mercati e del crollo della
Grecia (un complotto che viene confermato anche dall'ex presidente della Commissione europea, Barroso e dall'ex premier spagnolo, Zapatero). L'insieme di questi racconti, qualunque sia il pensiero che si possa avere su
Silvio Berlusconi, costituisce un affresco di Storia del nostro Paese e della generale
'seduzione' che questa personalità ha saputo produrre in moltissimi italiani. Ma, a differenza di quanto si potrebbe pensare, la storia di
'My way' non ha un
lieto fine: dopo la pubblicazione del libro, nel 2015,
Berlusconi chiamò
Friedman dichiarandosi molto scontento del risultato finale, così lontano da quella celebrazione che si era atteso. Da quel momento,
Friedman non ha più avuto contatti con
l'ex premier. Come recita il noto brano di
Frank Sinatra: "E pensare che ho fatto tutto questo e posso dire senza timore: oh no! Oh no! Non io! Ho fatto tutto a modo mio".