Andrea TerminiAdattamento: "Correlazione fra le strutture e le funzioni degli organismi e le condizioni dell'ambiente in cui essi vivono e anche l'atto o il processo di adattarsi, cioè di raggiungere la correlazione suddetta". Tale concetto è stato, da sempre, ciò verso cui si è mosso lo sviluppo tecnologico umano. Riferendoci al momento attuale, esso significa, come mai prima d'ora, costante evoluzione, ridefinendo il senso dell'aggettivo: "Inanimato". Un esempio molto banale: i continui aggiornamenti cui sono soggetti i software degli smartphone. Essi sono un qualcosa di intangibile, cioè riguardano e modificano la struttura logica secondo la quale opera il dispositivo elettronico. La vera novità che si sta profilando è però un'altra, molto più 'corporea'. Un tassello di tale puzzle è stato recentemente scovato nelle canne da pesca. O meglio, nelle fibre di nylon comunemente utilizzate per le lenze delle canne da pesca. Gli scienziati del Mit (Massachusetts Institute of Technology) sono riusciti, pochi giorni or sono, a modellare tale materiale in maniera da farlo comportare come un muscolo umano mediante la somministrazione di calore. E quindi? La risposta risiede nel campo di applicazione di tale tecnologia: vestiti che si modellano da soli in stile 'Back to the future'; automobili che modificano la propria carrozzeria in base alla resistenza che debbano offrire al vento; esoscheletri per l'industria bellica. Tutti oggetti che hanno un comune denominatore: la capacità di reazione verso l'ambiente esterno. Ovvero: capacità di adattamento. Si pensi a ciò che avviene anche nel campo della biologia e della genetica. A tal proposito, basta far presente che poche settimana fa gli scienziati sono giunti a creare, mediante opportune modifiche in laboratorio, il primo batterio della Storia in grado di produrre, a partire da alcuni elementi fondamentali, composti a base di silicio e carbonio, fondamentali in campi come l'elettronica. Questo significa un maggior rendimento del processo di sintesi, accompagnato da una maggiore compatibilità ambientale, requisito sempre più importante in qualsiasi campo. E in tale settore (la biologia e l'innovazione tecnologica in generale) l'Italia, nonostante il suo noto deficit di investimenti nella ricerca, occupa i primi posti al mondo. Circa due settimane fa, l'Asi (Agenzia spaziale italiana) ha presentato al mondo il suo prossimo ciclo di ricerche a bordo della stazione spaziale internazionale denominata 'Vita', la quale si occuperà soprattutto di esperimenti in campo biomedico. Un altro degli sbocchi naturali della linea verso la quale la tecnica, soprattutto l'elettronica, sta convergendo, è una simbiosi sempre più stretta tra l'uomo e le varie tecnologie delle quali egli si avvale quotidianamente. Nel prossimo futuro sarà infatti probabile che ciò che oggi, per noi, è l'idea classica di computer, domani potrebbe essere sostituita da quella, per dire, di guanto, o comunque da qualcosa di 'indossabile': un'appendice artificiale del nostro organismo. E, perché no, si potrebbe usare il calore del corpo umano come fonte di energia per questo genere di tecnologie. Al riguardo, si può citare la presentazione da parte di un gruppo di ricerca dell'Università dell'Illinois di una sottilissima membrana applicabile sulla pelle, in grado di 'leggere' la composizione del sudore, per trarne diverse conclusioni sullo stato di salute generale e di trasmettere tutto ciò a dei server, sfruttando la normale connessione wi-fi. Ciò che vogliamo sottolineare è la sempre minor demarcazione fra oggetti che, oggi, reputiamo differenti fra loro. Ma non parliamo soltanto in termini di 'intercomunicazione', di cose in grado di 'parlare' tra loro, quanto piuttosto, per usare un termine idealista, dell'idea stessa di oggetto in sé. Un po' come già accaduto con l'avvento degli smartphone, che hanno saputo convogliare tutta una serie di funzioni appartenenti a oggetti prima molto diversi tra loro (mappe, fotocamere, radio, calendari ecc.). E il trovarci 'nudi', armati solo delle nostre 'pelli' ipertecnologiche non potrebbe suonare poi tanto strano: a quel punto, la biologia e l'ingegneria, le teorie di Darwin e il progresso tecnologico potrebbero arrivare a confondersi. Come già in effetti sta iniziando ad accadere da qualche anni con la 'robotica soffice', la quale impiega materiali morbidi, per proprietà simili a quelli biologici, che trovano impiego, appunto, nei robot. E grazie anche a calcolatori sempre più piccoli e potenti, coniugati con un costante miglioramento degli algoritmi di autoapprendimento, sarà possibile ad alcune 'macchine' di comportarsi più come animali razionali che come automi. Insomma, il futuro sembra destinato a non avere una forma propria, a non fermarsi mai, a trasformarsi di continuo. E noi con lui.



Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio