Vittorio LussanaAl Teatro Olimpico di Roma, dal 18 al 22 gennaio 2017, andrà in scena lo spettacolo tratto dal testo dell'autore e sceneggiatore francese Clement Michel dal titolo 'Una settimana, non di più', riadattato e diretto per l'occasione da Pino Quartullo, che lo ha trasformato nel più romano: 'La strategia del paguro'. Quartullo ha voluto con sé sul palco il monologhista Alberto Farina e l'attrice Grazia Schiavo. Quest'ultima è un'artista che, in realtà, proviene dal mondo del cinema e della fiction televisiva, nonostante abbia iniziato giovanissima a recitare proprio sui palcoscenici romani. Si tratta di una commedia in cui le moderne dinamiche di coppia vengono messe a nudo con ironia, attraverso situazioni tragicomiche e, talvolta, grottesche, nella piena tradizione francese. Come si fa a lasciare una donna che ti ama, che ti adora, sempre gentile e tanto, ma proprio tanto carina? E' quello che si chiede il protagonista maschile, succube della propria bellissima compagna. L'entusiasmo della prima fase ha ormai lasciato il posto alla quotidianità. E quella che per lungo tempo è stata una bellissima fidanzata di 'prestigio' si è trasformata in una 'donnetta' di casa, sempre in tuta da ginnastica e con la tinta dei capelli da rifare. Ma per lasciare qualcuno bisogna anche avere coraggio. E, a dire il vero, il ragazzo questo coraggio non ce l'ha. Dunque, chiama in causa il classico amico 'guastafeste', perennemente insoddisfatto della propria vita, con il compito di provocare la ragazza, al fine di scatenare uno scontro che renda naturale l'interruzione del rapporto. Invece, dopo alcuni giorni di assurda convivenza a tre, tra battute, situazioni grottesche ed equivoci imprevisti, il risvolto finale è quello che nessuno si attendeva. Un modo, insomma, per analizzare i moderni rapporti di coppia e prenderne in giro alcuni aspetti che li rendono sempre più omologati, banali e stantìi. Quel che, in ogni caso, ci ha sorpreso positivamente è stata l'indubbia crescita professionale di Grazia Schiavo: un'artista che ormai si sta imponendo come un'attrice strutturata, pronta a 'decollare' verso ruoli e interpretazioni sempre più da protagonista.  

Grazia SchiavoGrazia Schiavo, come mai sei approdata al teatro, anche se 'leggero', dopo tanto cinema?
"Io ho iniziato con il teatro: nel lontano 1988, con Giulio Brogi. Poi ho lavorato con Virginio Gazzolo, Walter Manfre' e, ancora, con i miei due illustri amici che oggi, purtroppo, non ci sono più: Fernando Balestra e Mario Moretti. Il mio primissimo spettacolo teatrale risale ai tempi del liceo: 'Satiricon', a soli 14 anni. Poi, ho avuto modo, due anni fa, di lavorare sul personaggio in una lettura estiva con Edoardo Siravo. Insomma, tutto torna, soprattutto il teatro...".

Un ritorno che, però, segnala un'avvenuta maturazione artistica, mi pare?
"Non sta a me giudicarlo. Posso solo dire che non vedevo l'ora di tornare a teatro: un attore ha bisogno dello spazio teatrale, di misurarsi con la mitica 'quarta parete', oltre la quale sa di poter contare su un pubblico vivo. Io preferivo che venissi a vedermi prima...".

Ci racconti il tuo percorso artistico?
"E' vero: negli ultimi anni mi sono dedicata di più al cinema, o forse è stato il cinema a dedicarsi a me. Ma ho raccolto molteplici esperienze: dalla televisione, con esperienze di conduzione e scrittura creativa di personaggi comici, agli spot pubblicitari diretta, in questo settore, da registi come Milani, Luchetti, D'Alatri, Tornatore. Infine, nelle 'fiction'. E' vero che il mio percorso nel cinema ha indubbiamente inciso: accanto a Pannofino in 'Faccio un salto a L'avana'; negli 'Equilibristi' di Ivano de Matteo, con Valerio Mastandrea; poi accanto a Germano, nel film di Patierno 'Il mattino ha l'oro in bocca'' e nei film di Max Croci, con Luca Argentero e Stefano Fresi. In ogni caso, sia il cinema, sia il teatro per me hanno a che fare con il bisogno di raccontare e di raccontarsi, con il bisogno di essere un'attrice".

Ci assicuri che la tua incredibile bellezza non deriva dal fatto che sei un'ibrida aliena, discendente della razza dei 'nordici'? Ci sono una 'marea' di 'complottisti' in giro, di questi tempi...
"So che ami scherzare, ma il mio percorso artistico non si è mai basato sulla mia personale avvenenza estetica, anzi... Non ci sono altre motivazioni, se non un'esigenza: quella di essere creativi, di esprimersi. Ci è voluto del tempo per me, che sono un po' 'miope' nel focalizzare gli obiettivi: tanti gli stimoli, ma a volte dispersivi. Tutto si 'mescolava' sempre: la vita, il teatro, il cinema e la mia essenza più profonda. Questo mio sembrare di un altro 'pianeta', fredda, algida, con la pretesa illusione di poter bastare a me stessa, per poi scoprirmi così disperatamente umana: oggi, vedo tutto più chiaramente. E so cosa voglio fare da 'grande'...".

Ti senti pronta ad affrontare anche il teatro più impegnato?
"Certo, perché no? Io sono qui, al centro di queste dinamiche, di opposti che si attraggono, dicotomie incessanti, contraddizioni in essere: il sacro, il profano, il tragicomico, l'umano e, persino, il disumano. Per non rischiare di sprecare tutto, di rendere tutto vano. Perdonami, non ho resistito...".

Questo spettacolo al Teatro Olimpico, 'La strategia del paguro': hai preferito ricominciare da qualcosa di leggero? E come ti sei trovata con i tuoi colleghi, Pino Quartullo e Alberto Farina?
"Questo spettacolo mi diverte molto: è arrivato così, in un momento in cui volevo tornare al teatro e stavo scrivendo. I miei colleghi? Stupendi: in teatro c'è quel senso di totale e inevitabile umanità e verità. Le persone sono ancora più 'persone', anche se, come tu m'insegni, il termine in sé e per sé è quanto mai legato al teatro, alla 'maschera', per l'appunto. E poi c'è la passione. Pino Quartullo, ecco: posso definirlo un appassionato, un regista divertente e divertito. Anche quando le logiche di produrre, recitare e dirigere impongono ritmi e difficoltà non indifferenti. Si è dedicato all'adattamento del testo francese di Michel con perizia, non senza cogliere stimoli e suggerimenti che potevano venire dagli attori stessi, sempre più coinvolti nella commedia. Mi diverte molto questa folle compagnia, piena di volenterosi e talentuosi 'stagisti'. Alberto Farina, mio compagno nella storia, sfodera battute in continuazione, regalando quel brivido di 'attesa della novità' sera per sera. Insomma, è un'esperienza nuova e familiare allo stesso tempo".

Grazia Schiavo
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Roberto - Roma - Mail - martedi 10 gennaio 2017 16.20
Interessante la ragazza, ma il potere alle donne può avere i suoi limiti, con tutte le "gatte morte" che ci sono in giro.... Non è tutta colpa loro, per carità, sono le famiglie a tirarle su tutte quante come delle principessine, ma certe volte vale più una buona commessa di tutte queste "professioniste" o sedicenti tali che ci sono in circolazione.


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