Vittorio LussanaOsservando i progressi della medicina moderna, coniugati con l'apporto dello sviluppo tecnologico e cibernetico, ci si rende conto di assistere a un potenziamento talmente miracoloso della vita umana da mandare letteralmente 'in soffitta' persino le più fosche profezie di Isaac Asimov. Quest'ultimo, seguendo quello che Antonio Gramsci aveva definito "pessimismo dell'intelligenza", da una parte è riuscito a prevedere quasi tutte le invenzioni che, oggi, agevolano la nostra vita: dall'Iphone ai collegamenti satellitari, sino alla ricostruzione artificiale dei nostri organi anatomici; dall'altra, però, ha paventato, come epilogo finale della Storia, l'avvento delle 'macchine', le quali sarebbero destinate a prendere definitivamente il sopravvento sull'uomo. Una teoria che trova origine dal presupposto 'strategico-militare' di un progresso vincitore di innumerevoli 'battaglie', ma destinato a perdere la 'guerra' contro la tecnologia. Viceversa, il fenomeno in atto è quello di una sempre più compatibile armonizzazione tra la cibernetica e l'uomo, che non invade affatto i territori del 'meccanicismo' o della fantascienza propriamente detta. Una 'cosa' sarà sempre una 'cosa': essa non potrà mai formulare un pensiero; non riuscirà mai a provare alcun sentimento; non s'innalzerà mai al livello dello 'spirito'. Perché "chi nasce dalla carne è carne, ma chi nasce dallo spirito è spirito", disse una volta 'qualcuno'. L'uomo potrà anche trasformarsi, un giorno, in una macchina in grado di non sentire alcun dolore e nessun tipo di felicità, poiché si abituerà a prestazioni sempre perfette in ogni aspetto della sua vita quotidiana. Ma ciò lo condurrà a prendere atto anche dei limiti della tecnologia, constatando quello che, personalmente, ho definito: "Punto di caduta". Le nostre automobili, per quanto sempre più moderne e avanzate, sono destinate a essere superate da altri modelli ancor più all'avanguardia. E tutti gli autoveicoli che l'uomo sarà in grado di perfezionare, migliorare o reinventare, terminato il loro 'ciclo' ci abbandoneranno per strada, costringendoci a riutilizzare le nostre gambe per tornarcene a casa. In campo medico-sanitario, l'introduzione delle tecnologie, della cibernetica e persino della riproduzione in 3D dei nostri organi vitali, non potrà far altro che favorire un sempre più deciso prolungamento della vita umana e, come conseguenza, un problema di sovrappopolazione terrestre: nulla di più. Per quanto 'clonati' o sostenuti da organi meccanici, continueremo a essere destinati a morire, o probabilmente a essere 'imballati' e 'immagazzinati'. Non potendo modificare il nostro destino di esseri mortali, il fato stesso - o chi per lui - ci concederà sempre l'illusione di riuscire a prenderci giuoco della morte, poiché consapevole che il momento del 'game over' giungerà in ogni caso. Pertanto, tutte queste paure che ci portano a teorizzare l'esigenza di un controllo etico sulla tecnologia e l'utilizzo delle macchine sono, in buona parte, immotivate. Soltanto una questione potrà aprirsi veramente, in un lontano futuro. Ma non si tratta affatto di un problema materiale, bensì psicologico: vivendo sempre più a lungo, potrebbe crearsi, dentro di noi, una noia profondissima, al confine con la depressione più plumbea e disperata. Giunti a un determinato punto della nostra esistenza potremmo essere noi stessi a chiedere di porre termine al nostro percorso terreno. Al limite, per impedire l'arricchimento degli psicologi, che con le loro 'parcelle' molto simpatici non lo sono mai stati.

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Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)
(editoriale tratto dalla rivista 'Periodico italiano magazine' n. 23 - dicembre 2016)

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Marina - Urbino - Mail - domenica 18 dicembre 2016 23.44
Mi č veramente piaciuto leggere questo articolo. Grazie.
Roberto - Roma - Mail - venerdi 16 dicembre 2016 9.2
Mi fido del direttore Lussana, ma molti aspetti inquietanti secondo me si presenteranno comunque, prima o poi.....
Cristina - Milano - Mail - giovedi 15 dicembre 2016 16.48
Bello! Grazie, direttore.


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