Paolo SpiritoE' destinato a lasciare il segno il decimo libro di Rita Monaldi e Francesco Sorti, coppia felicemente simbiotica nella vita e nell'arte, autori della saga di Atto Melani, l'abate castrato, spia alla corte del 'Re sole', protagonista dei loro primi best sellers quali 'Imprimatur' e 'Secretum'. In 'Malaparte. Morte come me', edito da Baldini & Castoldi (496 pagine, 18.00 euro), scritto in occasione del cinquantesimo anniversario della morte di Curzio Malaparte, i dati storici (la morte della giovane poetessa Pamela Reynolds il 27 maggio del 1935, precipitata dalla scogliera del fortino di Orrico nel territorio di Anacapri in circostanze mai del tutto chiarite) si confondono con quelli d'invenzione (l'accusa rivolta allo stesso Malaparte), imbastendo abilmente su di un episodio reale una fitta trama poliziesca che solo all'apparenza sembra essere il pretesto per raccontare la Capri mondana e cosmopolita precedente il secondo conflitto mondiale. L'Italia è nella 'morsa' del fascismo e la guerra è alle porte. Durante uno scintillante 'party sotto le stelle', zeppo di aristocratici, ufficiali nazisti e miliardari americani, il celebre scrittore, Curzio Malaparte, gran rubacuori ed 'enfant terrible' del regime, viene accostato dalla polizia segreta di Mussolini: qualcuno lo accusa dell'omicidio di una giovane poetessa inglese, misteriosamente precipitata da un dirupo quattro anni prima - un evento realmente accaduto. Malaparte decide di darsi alla macchia: con l'aiuto di pochi amici fidati (un principe scialacquatore, un camorrista, uno strambo pittore e l'inseparabile cane Febo) condurrà in clandestinità una difficilissima inchiesta. Chi sta cercando di incastrarlo? Forse, quell'ufficiale delle SS sempre in compagnia del suo sanguinario dobermann? E che ruolo ha nel complotto il terribile (e vero) segreto nascosto nel passato di Adolf Hitler? Per sfuggire all'incubo, lo scrittore dovrà fare appello a tutte le sue doti, a un'incantevole fanciulla dai talenti insospettabili e a un geniale deus ex machina: un giornalista americano, squisito 'gentleman' e futuro capo dello spionaggio militare Usa in Europa. Sullo sfondo, il paesaggio di Capri e la villa che Malaparte si sta costruendo su una delle scogliere più spettacolari dell'isola, mentre fra champagne e orchestrine, la 'high society' europea attende rassegnata la sua ultima ora. Malaparte, invece, non ci sta: è ben deciso a salvare la 'pelle' e ha ancora fresche nell'animo le ferite riportate da eroe nella prima guerra mondiale. Ma non è tutto. Ben presto il lettore scopre che la vicenda è molto più di una finzione letteraria: la storia che Malaparte narra, ripercorrendo tutto il suo passato, non è semplicemente un romanzo, ma la prova più importante della sua vita. E solo all'ultima pagina scopriremo se l'avrà superata. Raccontando il fascino non sempre idilliaco degli anni '30 del secolo scorso, il romanzo di Monaldi & Sorti è un viaggio nella Capri frivola e 'glamour' di Edda Mussolini e Galeazzo Ciano; di Edwin Cerio, 'genius loci' delle più nobili tradizioni caprensi; del medico scrittore Axel Munthe e della sua splendida villa San Michele, invano agognata da Hermann Goring, ministro dell'Aeronautica del Terzo Reich, che la riteneva uno degli accessi alla 'Terra Cava', secondo strampalate teorie esoteriche molto in voga in Germania, ma anche nel clima soffocante della Roma e dell'Italia dei cosidetti 'anni del consenso', attraverso il ricordo reso in pagine di sofferta e struggente bellezza delle trincee insanguinate della prima guerra mondiale. Per tornare alla trama del romanzo, Monaldi & Sorti hanno chiesto a due periti grafologici presso il Tribunale di Napoli, i gemelli Andrea e Vincenzo Faiello, di studiare una lettera vergata da Pamela Reynolds poco tempo prima di morire e di compararla a un testo scritto di suo 'pugno' da una personalità che certamente era consapevole di dover subire una morte violenta, come purtroppo accadde, Aldo Moro, durante la prigionia nelle mani delle Brigate Rosse. Innanzitutto, premettono i consulenti, la paginetta firmata da Pamela Reynolds non presenta elementi che autorizzino a pensare a tendenze autolesioniste, anzi "riesce difficile descrivere questa grafia come quella di una persona votata al suicidio". Venendo, poi, al confronto con la scrittura dello statista democristiano, appaiono sin troppo evidenti i "tratti in comune": i rapporti 'spaziali' tra le lettere; la conformazione delle t e altro che potrebbero, semmai, dimostrare "il senso di tensione di chi sa di essere in continuo pericolo di vita o di lesione della propria sicurezza", nonché il "comportamento ansioso e frustrato, nel fisico e/o nella mente, di un prigioniero cosciente di essere esposto a rischio di morte. Si è sicuramente in grado di esprimere un giudizio di forte e obiettivo dubbio della tesi ufficiale, che vuole la disgrazia occorsa a Pamela Reynolds imputabile a suicidio" concludono i gemelli Faiello, consentendo così a Monaldi & Sorti di prospettare più soluzioni possibili sul movente e sull'assassino (o gli assassini). Pamela fu uccisa in seguito a un complotto ordito contro suo padre, notoriamente legato alla 'Fabian society', da forze reazionarie, conservatrici o clericali? Oppure, la povera ragazza fu scaraventata dalla scogliera da esponenti 'rossi', seguaci della 'scuola bolscevica caprense', nata su ispirazione dello scrittore Maksim Gorkij, anche lui residente sull'isola sin dagli anni '30? Anche l'ipotesi di matrice 'nazista', legata alle mire di Goring su Villa San Michele del medico-scrittore tedesco Axel Munthe, come detto poc'anzi, non è, ovviamente, da 'scartare'. Amori, lusso, trame e complotti, nel magico scenario di una Capri anteguerra, un minuto prima della catastrofe. Indubbiamente, non soltanto un 'thriller' con accorto e saggio dosaggio di tutti i migliori ingredienti, ma un romanzo vero e proprio, questo della coppia Monaldi & Sorti, che ci restituisce intatta la personalità, per certi versi ancora 'scomoda', benché attuale, di un grande scrittore italiano del XX secolo, forse troppo sommariamente e ingiustamente rimosso da certa critica: Curzio Malaparte.


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