La recente e gravissima tragedia di
Accumoli e
Amatrice ha fatto venire alla luce, anche a livello internazionale,
un'Italia composta da località e regioni tutte bellissime, dal valore storico, artistico e paesaggistico inestimabile. Il nostro passato discende non soltanto dalla gloria di
Roma, ma anche dall'epoca dei
comuni e dei
gonfaloni, i quali hanno trasformato il nostro Paese in un insieme di
borghi incantati e di
luoghi da tutelare con maggiore attenzione. La riprova di tutto questo è il recente lavoro di
Carlo Vulpio, dal titolo
'L'Italia nascosta' (Skirà Editore). Un libro che propone, con profonda conoscenza e originale oculatezza, una trentina di luoghi d'arte del
'Belpaese', noti e meno noti: da
Civita di Bagnoregio, in provincia di
Viterbo, la città che
"lentamente muore" descritta da
Bonaventura Tecchi a
Casaranello (Lecce); da
Torri del Benaco (Verona) a Orrolì (Cagliari), sino a
Zungri (Vibo Valenzia). Tutte
'gemme preziose', che hanno fatto pronunciare a
Vittorio Sgarbi una
'condanna' senza appello:
"Questo libro avrei dovuto scriverlo io. Mi sono distratto e Carlo Vulpio mi ha rubato il soggetto e l'editore. Così, ora io sono costretto a rileggermi per sapere dove sono stato e cosa ho visto. E Carlo, come un ventriloquo, parla al posto mio. Io mi mangio le labbra e lo maledico. Anzi: vorrei strillare. E invece, lo devo ringraziare. Leggendolo, mi conosco meglio e mi ritrovo a camminare per l'Italia, mentre lui, chiuso in casa o in una stanza d'albergo, scrive per me". Nato come un reportage per
'La Lettura', il supplemento culturale del
'Corriere della Sera', si tratta di materiale via via trasformatosi in una vera e propria passione, in un libro vero e proprio.
'L'Italia nascosta' di
Carlo Vulpio, giornalista del
'Corriere della Sera' dal
1990, autore di inchieste e reportage culturali dall'Italia e dall'estero e di molti pregevoli lavori, tra i quali ricordiamo
'Roba nostra' (2008), 'La città delle nuvole', 'Viaggio nel territorio più inquinato d'Europa' (2009) e
'Un nemico alla Rai' (2012), è un vero e proprio
'voyage' da nord al sud nella nostra penisola sulle tracce del
'bello' rimasto, per così dire, in ombra e che meriterebbe, invece, di essere conosciuto e valorizzato non solo dai soliti
'addetti ai lavori', ma da tutti gli italiani colti e sensibili quale elemento fondante la nostra stessa identità di popolo e di nazione. Se dovessimo identificare i veri ispiratori di questo bel libro di
Carlo Vulpio, due sono i nomi che immediatamente ci sovvengono:
Vittorio Sgarbi, infervorato suggeritore di molte delle trenta località visitate;
Guido Piovene, il cui
'Viaggio in Italia' costituisce un precedente nobile e attendibile, cui l'Autore si è voluto ispirare.
"Il resto", spiega lo stesso
Carlo Vulpio, "è stato un passaparola: il custode di uno di questi tesori nascosti che ne segnala un altro, e così di seguito, quasi per effetto domino, è venuta formandosi una catena umana di appassionati del Bello, che ha contribuito a portare in luce le tessere del big puzzle dei nostri capolavori trascurati". Un viaggio nella bellezza sconosciuta
dell'Italia, attraverso luoghi che custodiscono un patrimonio culturale di grandissimo valore, di cui non si sospetta nemmeno l'esistenza, nonostante sia sotto gli occhi di tutti. Città, villaggi, chiese, abbazie, affreschi, mosaici e tutte le opere d'arte
'nascoste' nella grande provincia italiana che parlano di noi, della nostra Storia e di ciò che siamo. Infatti, l'Autore non ha incontrato e intervistato solo e unicamente custodi innamorati di quanto da loro amorevolmente custodito, ma quasi dappertutto cultori di
'storia locale': insegnanti, bibliotecari, direttori di musei che ai luoghi in questione hanno dedicato, per un'intera vita, studi, ricerche, pubblicazioni. Sono loro, in altre parole, i veri e propri
'Monuments men' del patrimonio storico-artistico italiano: se non fossero esistiti, molti dei tesori descritti da
Carlo Vulpio non solo sarebbero caduti nell'oblio, ma anche in completa rovina, se non addirittura spariti per sempre. Il
'viaggio' è rigorosamente in ordine alfabetico: principia da
Asciano, in
Toscana, per l'esattezza dal
'Chiostro grande' dell'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore con il ciclo di affreschi di
Luca Signorelli e del
Sodoma ispirati dalle vicende della vita di
San Benedetto, terminando a
Zungri, in
Calabria, nel villaggio di grotte risalenti
all'età del bronzo, un
'unicum' di case, strade, scale, pozzi, cisterne, fontane, fornaci, magazzini e sfiatatoi per il fumo tutt'altro che primitivi. Molti dei capolavori raccontati dall'Autore, pur se ignorati o non adeguatamente pubblicizzati, sono stati recentemente restaurati. Segno questo quanto mai positivo, che attesta, anche se lentamente, il cambiamento in essere nei confronti del nostro
patrimonio storico-artistico nazionale, la cui fruizione, suggeriamo, andrebbe aiutata e implementata anche da una nuova e più mirata programmazione della
Rai in quanto servizio oubblico radiotelevisivo. Nel suo
'Antica terra', pubblicato nel
1967, Bonaventura Tecchi preconizzava la fine della sua
Civita di Bagnoregio "che è condannata: pochi anni ancora, poi la fine è sicura, poiché tutto quel che è rimasto - un ciuffo di case e di mura in rovina, nere sul tufo, erette come sul vuoto - respira ormai l'atmosfera della fine". Invece, forse perché questo borgo, come scrive
Carlo Vulpio, "è più miracolo che cosa vera, più leggenda che realtà', Civita vive. Persino in una delle testimonianze etrusche a maggiore rischio geologico, il tunnel chiamato Bucaione, che attraversa la parte bassa del centro abitato e immette direttamente nella Valle dei Calanchi. Dove l'ultima vera minaccia alla bellezza e alla delicatezza dei luoghi non è la violenza di cui può essere capace la terra, ma quella partorita dalla mente malata degli uomini, che qui vi vedrebbero bene la scellerata installazione di venti pale eoliche alte centocinquanta metri". Parole
sacrosante, intorno alle quali dovremmo riflettere tutti.