E così nelle
Marche, una regione che sta cominciando a mostrare evidenti segnali di
grevità e
impazzimento, siamo giunti al primo vero
omicidio italiano mosso da motivazioni
razziste. In molti si sono immediatamente precipitati, con la consueta ipocrisia, a smentire anche soltanto l'ipotesi che il
razzismo possa essere un carattere intrinseco degli italiani. Un tipo di analisi che, tuttavia, comporta la colpevole
sottovalutazione di tutta una serie di
segnali che stanno
'covando' nell'animo di molti nostri concittadini, i quali a lungo, in passato, hanno dissimulato numerosi e inconfessabili
'retropensieri' dietro al
'paravento' del
moderatismo cattolico e che, oggi, si ritrovano
'smascherati' nella loro
incultura reazionaria, asociale, piccolo borghese. Quando si dice la
verità, qui da noi in genere non si viene creduti. Soprattutto se certe analisi
non tornano 'comodo' a nessuno, poiché la caratteristica peggiore del nostro popolo non è nemmeno il
razzismo, il
cattolicesimo omofobo, o il
familismo amorale: ciò che caratterizza veramente l'oscuro
'meticcio' di
subculture che compone l'animo degli italiani, in realtà, è
l'opportunismo. Quest'ultimo, infatti, rappresenta la nostra caratteristica principale, che ci connota e ci descrive innanzi al mondo come un popolo di
furbi, cialtroni e, qualche volta, anche
'imbroglioni'. La verità è tutta qui: gli italiani non appena ottengono un successo personale, in campo economico o nella vita di tutti i giorni, andrebbero immediatamente arrestati per
ubriachezza molesta, prima che commettano danni devastanti. Il vecchio luogo comune di un popolo composto da
'brava gente' andava forse bene per il
proletariato di una volta, che lavorava e si sacrificava per assicurare un futuro ai propri figli. Oggi che tutti quanti hanno in casa almeno un
figlio laureato, spesso a
'calci nel sedere' o secondo criteri che nulla hanno a che vedere con reali forme di approfondito
nutrimento culturale, i retaggi del passato riemergono tumultuosamente, accompagnati dal loro substrato di
egoismo e
sterilità morale. E' esattamente per tali motivi che rimpiangiamo l'estinzione, anzi la distruzione, di forze politiche e tradizioni filosofiche che facevano riferimento a una precisa
'radice' culturale, come per esempio i
liberali. Erano già pochi in passato, poiché assai scarsi son sempre stati i
tratti 'signorili' degli italiani. E non sempre si dimostravano molto
'nobili' nelle loro intenzioni. Ma per lo meno, la loro
'mission' antropologica s'incardinava attorno a
principi chiari, semplici e basilari di comportamento. Indubbiamente, i liberali son sempre stati dei
borghesi. Ma almeno erano degli
autentici 'signori': ecco perché, ancora oggi, vogliamo loro molto bene. E vogliamo molto bene, naturalmente, anche al
popolo italiano. Quello di un tempo, per lo meno, prima che si mercificasse assumendo innanzitutto i
difetti e le
debolezze di una contemporaneità da
centro commerciale, lasciando altresì per strada gli
antichi pregi di una cultura
anarco-sindacale sempre molto attenta ai problemi dei più
deboli. Perché
i deboli devono avere
chi li difende. E oggi, i
'nuovi deboli' sono i nostri
immigrati. E' questo il dato che ci ha colpito più profondamente dei fatti di
Fermo: una vigliaccherìa alla
'Rosso Malpelo', quel personaggio di
Giovanni Verga che era solito fustigare il proprio
grigio asinello poiché, nell'immobilismo sociale italiano, esso rappresentava l'ultimo elemento che componeva una
'scala maledetta' di sfruttamento, ingiustizie e sopraffazioni. Non potendo prendersela con altri, ovvero con i veri colpevoli della propria disperata condizione, il protagonista di questa nota
novella 'verista' se la prendeva col
'somarello'. Ecco spiegato perché, quando andiamo a cercare l'identità più profonda degli italiani, possiamo indubbiamente
escludere che essi siano razzisti, ma non dobbiamo nemmeno dimenticare che si tratta del popolo più
vile d'Europa.