Il problema dei
'renziani', sotto il profilo semiologico, è il classico caso di raggiunta
'saturazione' della loro stessa immagine: un Governo che governa non manda ogni giorno i propri parlamentari in televisione a declamare sentenze, fornendo scarsa informazione e proponendo, altresì, molta, troppa
propaganda: anche per esperienza diretta, possiamo testimoniare che quando degli esponenti politici non hanno tempo per partecipare a convegni pubblici o dibattiti televisivi significa che stanno
lavorando. E vederli apparire dappertutto non appena si schiaccia il telecomando non è affatto una scelta politicamente
felice. In secondo luogo, vi è un evidente problema di
supponenza di molti esponenti di rilievo, che hanno fornito un messaggio
'indiretto' più vicino a una
'cordata di potere', anziché quella di un
Partito coeso e compatto. In terzo luogo, la rincorsa verso una politica di
vuota immagine, tutta composta da provvedimenti
'spot' e pochissima sostanza, ha dato l'idea di una
'scopiazzatura' del
'berlusconismo', che rischia di mettere in forse le ragioni stesse della nascita di un
Partito democratico che voleva essere un'alternativa
socialdemocratica al
liberalismo 'libertino' di
Forza Italia e del
centrodestra. Parafrasando
Pasolini, la decodifizione dei
'renziani', più o meno, corrisponde al seguente ragionamento implicito:
"Noi siamo i 'renziani'. Apparteniamo a una nuova categoria umana che sta facendo la propria comparsa in questa fase della Storia. Noi siamo, dunque, una 'apparizione'. Esercitiamo il nostro apostolato pieni di un sapere che ci colma e ci esaurisce totalmente. Il sapere che ci riempie, anche per tramite del nostro apostolato, apparterrà un giorno anche a voi. Per ora, si tratta di una novità, una grande novità, che a sua volta crea un'attesa la quale non verrà tradita. La nostra ineffabilità si rivela sempre più di tipo irrazionalistico e pragmatico: la preminenza che noi attribuiamo alla 'velocità' è di carattere sottoculturale, quindi sostanzialmente di destra. Infatti, una sottocultura di destra può essere benissimo confusa con una sottocultura di sinistra". Insomma, il
Partito democratico 'renziano' non esprime più
'cose di sinistra', ma un qualcosa di
equivoco e anche un po' sconcertante, in cui
destra e sinistra si sono 'fuse'. Il ciclo si è compiuto: la sottocultura di potere - quella di destra - ha assorbito la sottocultura di opposizione - quella di sinistra - e l'ha fatta propria. Le
'maschere' che i
'renziani' hanno presentato agli italiani ricreano, oggettivamente, ciò che essi
solo verbalmente hanno condannato per decenni: sono
'saltate fuori' le vecchie facce da
'preti mancati', anarchici fasulli, impiegati buffoni, 'mercenari' e benpensanti. Provo immenso e sincero dispiacere per quanto vado scrivendo, ma ormai i
'renziani' assomigliano sempre più a una riedizione della
Democrazia cristiana. E il loro dichiararsi
"di sinistra" non è più un'affermazione sostenibile. E' ormai giunto il momento di chiarire che il modo di rappresentare la sinistra italiana dei
'renziani' è orribile, poiché essa non rappresenta solamente un
'luogo geografico' o una
collocazione parlamentare, ma un qualcosa di ben più
serio, culturalmente
profondo, storicamente assai
radicato.