Vittorio LussanaIn tempi di 'sguattere' del Guatemala, la nostra società sta generando una figura innovativa: il 'mammo'. Ovvero, nell'ambito di quel ribaltamento sociologico di cui abbiamo spesso parlato in passato, oggi è la donna ad avanzare nelle distinte carriere professionali, mentre l'uomo è costretto a stare a casa per occuparsi delle faccende domestiche. Ai tempi del servizio militare, a molti giovani 'maschi' italiani capitava di dover lavare i piatti per tutto il battaglione, oppure di dover 'pelare' una montagna di patate per qualche giorno. Erano esperienze considerate odiose, soprattutto da certi nostri 'pulzelli' provenienti dalle famiglie più ricche. Invece, si trattava di episodi a loro modo formativi, che riuscivano a riequilibrare il non semplice passaggio tra gli anni dell'adolescenza a quelli dell'età adulta. In quest'ottica, il fatto che le nostre donne stiano costringendo i 'maschietti' a maturare non è affatto un dato negativo. Il problema è quello di un mercato del lavoro, soprattutto italiano, ancora strutturato sulla vecchia impostazione 'cattolico-familista' degli anni '50, in cui un solo membro sarebbe tenuto a garantire il sostentamento economico dell'intero 'nucleo' familiare. Non riuscendo ad abbandonare tale schematismo, l'unico rivolgimento possibile era quello di un ribaltamento totale dei ruoli tra i sessi: una trasformazione in molti casi verificatasi. La soluzione corretta della crisi occupazionale europea era, infatti, quella individuata da Lionel Jospen, il leader dei socialisti francesi degli anni '90 del secolo scorso: "Lavorare meno, ma lavorare tutti". Una formula che sintetizzava forme di riorganizzazione industriale diverse, imperniate sul modello delle 35 ore settimanali; oppure, introducendo formule contrattuali stabili, ma 'part time'; oppure ancora, inserendo nuove categorie di lavoro oggi definite 'mini-jobs'. Sembrano tutte invenzioni dell'ultimo momento, ma in verità tali formule provengono dalla visione laico-riformista di un grande esponente del Psi degli anni '60, troppo spesso dimenticato: Riccardo Lombardi. Sia come sia, in Italia, come al solito, si è finiti col percorrere una via 'ambigua', che ha precarizzato l'occupazione, riproducendo, a parti invertite, il vecchio schematismo statico, ingiusto e classista del cattolicesimo borghese. Ecco per quale motivo la socialdemocrazia europea si è ritrovata schiacciata tra 'l'incudine' di un massimalismo di sinistra, insulso e puramente protestatario e il 'martello' delle nuove discriminazioni xenofobe e razziste dell'ultradestra, intrise di egoismo demagogico. La soluzione del 'rebus' si è confusa tra i 'rumorosi' populismi qualunquistici alimentati, irresponsabilmente, dai media. L'Italia avrebbe assolutamente bisogno di rigenerare un centro politico laico-moderato, per riuscire a 'smorzare' la confusione prodotta dalle forze più estreme, che hanno disturbato, in questi ultimi decenni, un dialogo sereno, freddo e razionale tra le forze socialdemocratiche e quelle liberali. Lo sviluppo tecnologico in atto è destinato a produrre ulteriori 'contrazioni' occupazionali, sotto il profilo sociologico. Tanto per fare un esempio, nel 2030 le automobili viaggeranno per conto proprio, poiché 'teleguidate' dal sistema satellitare. E i mestieri del tassista e dell'autista non esisteranno più. Inoltre, venendo a mancare persino l'eventualità di incidenti stradali, anche carrozzieri e meccanici dovranno presto 'ridisegnare' la propria specializzazione tecnica. I nostri giovani, grazie a Dio, sono in larga parte dei ragazzi intelligenti e di spirito: siamo certi che sapranno senz'altro individuare gli aspetti positivi della nuova epoca di 'intercambiabilità' dei ruoli tra uomini e donne, riuscendo a imporre, finalmente, quella 'rottura' generazionale in grado non soltanto di estinguere alcune professioni, divenute inutili, ma anche le numerose 'trappole' tese da certi professionisti della demagogia più retriva e immobilista. L'immigrazione farà il resto, togliendoci definitivamente dalle 'scatole' una concezione 'chiusa' di società, incapace di andare oltre le diverse forme di discriminazione prodotte dalle destre più razziste e criminali.

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(editoriale tratto dal n. 19 della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' - maggio/giugno 2016)
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Diego - Napoli - Mail - mercoledi 1 giugno 2016 8.19
Mai pensato che non sia coś casuale o fortuito..? Molti hanno solo paura.
Elena - Catania (Italia) - Mail - martedi 31 maggio 2016 23.47
Sono completamente d'accordo. Ottima analisi.
Roberto - Roma - Mail - martedi 31 maggio 2016 13.35
Facile fare i profeti, ma il concetto di progresso dovrebbe essere diverso da quello di sviluppo proprio per cercarie di regolare e gestire certe "contrazioni occupazionali". E' proprio lo sviluppo tecnologico a cambiare il mercato del lavoro, ma la nostra classe politica lo capisce sempre con almeno un decennio di ritardo. Sempre bella la rivista, addirittura eccellente l'intervista al grande pittore siciliano Girolamo Ciulla.


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