Vittorio LussanaLa ricerca non deve proporsi come senso di avventura, di epopea, di progressismo retorico, ma risuonare al nostro orecchio in quanto pensiero, come memoria che sappia infuturarsi tramite il dolore. Ciò al fine di provare a resuscitare antichi valori del vivere umano come la solidarietà, il progresso, la carità e i buoni 'costumi'. Innanzitutto, appare necessario recuperare il fondo più autentico delle nostre parole, rifuggendo quell'ermetismo esistenzialista puramente 'percettivo' che proprio non riesce più a parlare ai popoli d'Europa. Il rapporto tra politica e cittadini deve tornare a essere più serio, mettendo da parte la funzione propagandistica in favore di una nuova laicità intrisa di valori cristiani. Da tutto quel mondo che professa una credenza religiosa, qualsiasi essa sia, è lecito pretendere cha la fede venga manifestata intensificando e valorizzando il valore del lavoro e delle nuove libertà che i singoli individui stanno conquistando ogni giorno. Di fronte alle sempre maggiori ingiustizie e povertà dobbiamo tornare a volgere il nostro sguardo verso i poveri, poiché in caso contrario il nostro pensiero non riuscirà né a rinnovarsi, né a trovare nuove forme di rielaborazione. Non si profila all'orizzonte né un neocomunismo 'rinnovato', né un minaccioso neocapitalismo rinvigorito e sicuro di sé, ma forme sempre più striscianti di fondamentalismo, che subdolamente riescono a conquistare strati proletari e piccolo borghesi alla propria egemonia. Noi dobbiamo eliminare queste forme di oscurantismo ripensando, eventualmente, a una nuova 'dislocazione' sociale degli intellettuali. Agli intellettuali spetta oggi il compito di rifiutare ogni possibile 'ondata' populista, rivedendo in primo luogo una 'riassunzione' del sottoproletariato come oggetto di letteratura, seguendo tuttavia strade diverse rispetto al vecchio e ormai appensantito documentarismo popolare. La nostra attuale società ai giovani non offre lavoro, ma infiniti modi di dimenticare il presente e di non pensare al futuro. Negli strati piccolo borghesi amanti dell'ordine, il conformismo televisivo trova terreno propizio, incidendo in misura sempre maggiore. Ma la televisione rimane soprattutto un mezzo di diffusione ideologica, a causa della propria funzione 'livellatrice', che attraverso modelli valoriali arroganti e antidemocratici ingenera un senso di impotenza, se non di vera e propria marginalità, tra i cittadini. La cultura televisiva non solo non concorre a elevare il livello culturale dei popoli, ma determina in essi un profondo senso d'inferiorità quasi angosciosa. Ed è esattamente per questi motivi che essa dev'essere superata e annientata dalle nuove tecnologie e dall'utilizzo di internet, non avendo mai saputo far altro che precipitare sempre più in basso chi già si trovava schiacciato in un 'ghetto' di marginalità, civile e sociale.




Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it) 
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Ester - Taranto - Mail - martedi 22 marzo 2016 16.34
Del tutto d'accordo!
Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - martedi 22 marzo 2016 16.30
RISPOSTA A ROBERTO: caro lettore, ma è mai possibile che alla luce di quel che è accaduto a Bruxelles in questi giorni e di quanto non sia già accaduto a Parigi non si riesca nemmeno a comprendere di cosa si sta parlando? Le accuse di cinismo contro ignoti, poi? Cinico sarà lei, se permette, che proprio non si capisce né in quale mondo vive, né se si sente al cnetro dell'universo. Tutto questo accade, al netto delle tesi complottiste sull'11 settembre 2001, perché sono decenni che continuiamo a guardare solamente al nostro ombelico: lo capisce o no, almeno questo dato? Cordiali saluti e tanti auguri di buona Pasqua. VL
Roberto - Roma - Mail - martedi 22 marzo 2016 13.37
Il mito della rete. Non ho molto compreso questo articolo. Buoni sentimenti, ma intanto il cinismo impera ovunque.


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