Giorgio MorinoAl Teatro Palladium di Roma, nel quartiere Garbatella, si è tenuto un convegno internazionale sul rapporto tra Storia e cinema, con esperti di caratura internazionale chiamati a confrontarsi e a discutere su un argomento estremamente affascinante. Ad arricchire il programma, due incontri con i registi Marco Bellocchio ed Ettore Scola, che hanno portato la loro esperienza e i loro film come traccia per illustrare il proprio punto di vista

Il binomio 'cinema e Storia' è stato l'argomento centrale del convegno internazionale intitolato 'Cinema & Storia: tempo, memoria, identità nelle immagini del nuovo millennio', organizzato dal Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell'Università di Roma Tre. Curato dal regista e docente Vito Zagarrio e dal professor Christian Uva, l'incontro si è svolto dal 25 al 27 novembre e ha visto la partecipazione di più di 120 studiosi provenienti da tutto il mondo, con lo scopo di discutere le interazioni tra cinema e Storia e come questo rapporto abbia subìto una costante mutazione con il trascorrere degli anni. A conclusione dei panel e dei vari seminari ospitati negli ambienti universitari del Dams, sono stati organizzati degli incontri/conferenze al Teatro Palladium, nel popolare quartiere romano della Garbatella, da circa un anno e mezzo gestito dall'Università e diventato luogo di sperimentazione e confronto culturale per studenti e abitanti del quartiere, con due grandi registi del nostro cinema i quali, in più di una pellicola, hanno usato la loro macchina da presa e la propria sensibilità artistica per raccontare le 'storie nella Storia': Marco Bellocchio ed Ettore Scola. Durante il primo incontro, allestito come introduzione alla proiezione del suo ultimo film 'Sangue del mio sangue', Bellocchio ha spiegato come, al momento di scrivere una sceneggiatura, sia necessario distaccarsi leggermente dall'effettiva "storicità degli eventi" per raccontare qualcosa di più specifico, di più intimo. "Essere infedele è fondamentale" per il regista di Bobbio, che in più di un'occasione si è trovato a confrontarsi con tematiche storiche, molto spesso anche recenti e spinose, come nel caso di 'Buongiorno notte', film incentrato sul sequestro e l'uccisione del leader della Dc, Aldo Moro: "Mi chiesero di fare un film sul rapimento Moro. Accettai, ma avevo bisogno di fare il mio film e, per farlo, dovevo essere fedele alla Storia e alle fonti, ma anche infedele, in modo da poter raccontare le storie dei personaggi". Questa presa di coscienza si è manifestata in modo ancor più evidente in 'Vincere', dove la storia di Benito Albino Dalser, il figlio che Benito Mussolini avrebbe avuto dalla sua relazione con Ida Irene Dalser e l'ascesa stessa al potere del maestro elementare di Forlimpopoli sono state ricostruite seguendo la cronologia degli eventi storici, "immaginando quali sarebbero potute essere le dinamiche interne al gruppo dei protagonisti", rendendo in tal modo plausibile allo spettatore il nesso tra lo svolgersi della trama e la realtà dei fatti accertata. Anche Ettore Scola, il regista che, fra i tanti, ha integrato la narrazione degli eventi storici italiani nelle sceneggiature dei propri film, durante la conferenza stampa che ha chiuso il convegno ha spiegato che il cinema, in ogni caso, "è sempre narrazione storica", che diventa davvero interessante solo se si dimostra in grado di raccontare "quelle sfaccettature che di solito non vengono raccontate nella 'Storia ufficiale', quella che si studia sui banchi di scuola". Portando come esempio alcune pellicole della sua sconfinata filmografia, da 'L'arcidiavolo' a 'C'eravamo tanto amati', passando per gli indimenticabili 'Una giornata particolare' e 'Brutti, sporchi e cattivi', l'ottantacinquenne regista di Trevico ha spiegato come per lui, in fase di redazione della sceneggiatura, la Storia sia il contesto generale in cui inserire personaggi e figure che di un determinato periodo ne rappresentino i vari aspetti, i cosiddetti 'outsider', volendo usare le parole testuali del regista: "Le piccole persone", troppo spesso dimenticate quando si racconta la Storia. Ciò senza badare eccessivamente allo stile o ai movimenti di macchina: tutte cose che al pubblico interessano relativamente poco. Lo stesso Scola ha candidamente affermato di "non aver mai fatto attenzione a come giravo, ma a quello che giravo", perché è l'intreccio degli eventi e come i personaggi si inseriscono nell'ambiente da loro stessi creato a dare vero valore a una pellicola. Spesso citato nel suo discorso, 'Brutti, sporchi e cattivi', film grazie al quale Ettore Scola vinse la Palma d'oro al Festival di Cannes nel 1976 per la miglior regia, in cui sono narrate le vicende di un folto gruppo di immigrati pugliesi che vissero per 20 lunghissimi anni in baracche costruite presso la via di Casal Ciocci, alle propaggini del ricchissimo quartiere romano della Balduina, è stata l'opera cinematografica che meglio ha sintetizzato la filosofia del regista sul tema: la dura descrizione della vita di una famiglia del "sottoproletariato urbano", nelle baraccopoli dei primi anni '70 del secolo scorso. Quella pellicola è stata la vera chiave di lettura per analizzare i profondi e convulsi cambiamenti sociali di quegli anni, avvenuti nella stridente contraddizione tra modernità e retaggi contadini atavici e multisecolari. Lo stretto legame che unisce cinema e Storia è divenuto, finalmente, oggetto di studio e di discussione tra gli esperti, tra chi sostiene che il cinema possa in qualche modo essere una rappresentazione corretta e puntuale degli avvenimenti passati e chi, invece, ritiene l'ambientazione storica un 'filtro', da utilizzare per raccontare vicende più o meno immaginarie, ma plausibili, all'interno del contesto storico degli eventi rappresentati. Di certo, molto dipende anche dal soggetto che si decide di rappresentare e dal rispetto che il lavoro di sceneggiatura è in grado di rendere alla storicità dei fatti reali.

Foto: in apertura dell'articolo Marco Bellocchio; al centro Ettore Scola
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