Per iniziare la giornata con un certo
'sprint', è buona cosa andarsi a leggere alcune analisi totalmente
'campate' per aria. Come, per esempio, quella del collega
Paolo Fallai, il quale, sulle colonne di
Corriere.it, si è messo a pontificare, con i
'piedi al caldo' ovviamente, intorno alla fiera romana della piccola editoria
'Più libri, più liberi', in corso in questi giorni a
Roma presso il
Palazzo dei Congressi dell'Eur. Un evento che, secondo la
'vulgata', proporrebbe tante piccole imprese coraggiose e competenti, a fronte del
monopolio generato da
Mondadori, colpevole di aver assorbito
Rcs libri. A parte il fatto che, in termini di economia politica, un modello di mercato che prevede pochi grandi operatori circondati da tante aziende più piccole tecnicamente non è proprio di
"monopolio", Fallai denuncia il
"deserto culturale della capitale" quando i giornalisti della sua stessa testata, pur cortesemente accreditati dai vari teatri romani - dai più piccoli ai più grandi -
nemmeno si presentano per recensire una rappresentazione qualsiasi. In pratica, il deserto culturale romano è creato proprio dalla gente che
Fallai vede e frequenta ogni giorno, tra un
'happy hour' e un
'apericena', non certo dalla
Mondadori. In secondo luogo, a parte qualche caso particolare, nella piccola editoria regna ben altro che il coraggio, l'innovazione e la competenza, bensì una precisa categoria di persone disposte a tutto pur di avere
un impiego di 'comodo', semiassistenziale, in molti casi addirittura
mal pagato. E' difficile non notare l'incongruenza: anziché implorare
un mercato più coerente e meno 'dopato', in cui chi sostanzialmente risulta
fallito dovrebbe portare i propri
libri contabili in
tribunale e togliersi dalle
'balle', ecco a voi il solito
'piangino giustificatorio' che, alla fine, perdona tutti e immobilizza ogni cosa, persino situazioni che prevederebbero qualche
'annetto' di 'galera'. Questa mentalità da
'piagnoni' proprio non riusciamo a togliercela di dosso: essa appartiene a un corredo di ipocrisie a cui tutti siamo tenuti a conformarci. Eppure, ci vuol poco per tastare veramente il polso della mediocrità collettiva, non solo romana, di cui stiamo parlando: per esempio, basterebbe aprire la propria casella di posta elettronica per leggere le
'jumbo-mail' di una nutrita schiera di aziende, le quali propongono le proprie competenze senza minimamente porsi il problema di mantenere gli indirizzi delle altre imprese
in copia nascosta: in pratica, tutti possono leggere gli indirizzi di tutti gli altri, secondo una mentalità che non è statalista o collettivista, bensì puramente
'cafona'. Questi sono i nostri piccoli editori coraggiosi e competenti: sono assai più corretti i
grafici e i
tipografi. La categoria degli
editori italiani è invece quella di gente che
si 'sputtana' da sola, prima ancora di promuovere le proprie attività. Negli altri Paesi europei, quando sei
'bruciato' vieni invitato, se non proprio spinto, a
cambiare mestiere. Qui da noi, invece, si può continuare a fare
il parassita a vita, certe volte persino per intere generazioni dinastiche. Certamente, il mercato opera una
selezione selvaggia, in particolar modo in Italia: un Paese che, in questo settore, risulta più arretrato persino del
Portogallo. Noi per primi, in genere evitiamo di porci in un'ottica
'iperliberista', poiché sappiamo bene che
gli italiani leggono poco, vanno al cinema unicamente per farsi due risate con i
'cinepanettoni' ed eleggono
Barbara D'Urso regina dell'intrattenimento televisivo. Ma si tratta,
caro Fallai, di una situazione che non è stata creata né dal
'craxismo', né dal
'berlusconismo', bensì l'ha voluta, tanto tempo fa, una certa
"sinistra che magna", intellettualmente
'avvinghiata' a una mentalità
impiegatizia e assistenziale, che sopravvive, ancora oggi, secondo una logica di mero
'galleggiamento'. E ci fermiamo qui: lasciamo volentieri al
collega Fallai la conseguente
'metafora' finale.