Vorrei tornare su una polemica legata
all'omofobia (vera e presunta), scatenatasi diverse ore fa. Una diatriba che ha a che fare con la
maternità 'surrogata', che ho sempre ritenuto, nei termini in cui è praticata, una cosa che non fa bene a nessuno, soprattutto quando sfrutta la povertà altrui. Posizione condivisa, con motivazioni differenti, da
'Arcilesbica', che dichiara di appoggiarla solo se
"volontaria e gratuita" e da
Aurelio Mancuso, presidente di
'Equality Italia', il quale ai complottisti e agli irrefrenabili del
"voglio tutto e subito" aveva fatto scendere la 'catena' in svariate occasioni.
Mancuso dice, in soldoni, di non trovare lecito che per soddisfare un legittimo desiderio di genitorialità si utilizzi il corpo di una donna per 9 mesi. Un essere umano che era inesistente prima della gravidanza
"su commissione" e che tornerà a esserlo dopo il parto. L'establishment femminista si è espresso su posizioni simili, parlando di
"sfruttamento" e scatenando un putiferio di accuse a giornaliste, le quali hanno lanciato l'hashtag
#denunciateci tutte, ai cattolici, ai maschi, agli omofobi. Insomma,
la 'solita' Italia, con
l'Avvenire a far festa. Fermo restando che tutte le posizioni in democrazia sono legittime, anche quelle che
"nun se ponno sentì", come la mia,
gridare all'omofobia per qualsiasi posizione contraria a ciò che è deciso esser diventato
"diritto fondamentale", di qualsiasi diritto
"fondamentale" si tratti, a mio parere è preoccupante: lo sbraitare continuo, lo sperticarsi in accuse, il
'socialnetworkismo' tout court che si nutre d'ignoranza e fa ingrassare
Grillo, il
'colpevolismo' e via dicendo non porteranno nulla di buono a quella troppo ingenuamente furiosa comunità omosessuale guidata da teste per lo più vuote, attente esclusivamente al proprio
'pollaio', che nella ricerca di giustizia sociale calpestano, a loro volta, i diritti di altri e, senza rendersene conto, si rendono attaccabili e censurabili.
Ora #denunciateci tutte, oppure lapidatemi.