Per l'ennesima volta, il movimento
Lgbt, o quel che ne resta, si presenterà non certo unitariamente sulle romane piazze per chiedere al Governo quei diritti che non ci sono e un'uguaglianza di diritti per una fetta di popolazione che, fino a oggi, ha avuto solo doveri e nient'altro. La manifestazione si chiamerà
'La marcia dei diritti' e si terrà a
Roma, il
12 dicembre p. v. lanciata, come al solito, con fanfare, trombe, rulli di tamburi, siti internet, pagine facebook, hashtag e tutto quel che serve. O meglio, quasi tutto: pare manchi
l'unità, che non è soltanto un quotidiano che mi piace poco. La manifestazione romana del
12 dicembre rischia di essere l'ennesimo momento in cui l'associazionismo che pretende di rappresentare le persone omosessuali di questo Paese si presenterà diviso in quella che vuol essere una giornata di sfida al Governo per i diritti delle persone
Lgbt, per le
Unioni civili e per la
'stepchild adoption', dicendo implicitamente all'esecutivo:
"Fai quello che ti pare, tanto non riusciamo nemmeno a metterci d'accordo tra noi". Che è quanto successo per tre decenni, con i non-risultati che abbiamo sotto gli occhi. E ora linciatemi.