Persi nel nulla dello stereotipo dominante del
maschio 'palestrato' e muscolosissimo, modello idealtipico di maschilista fallocentrico, prodotto da una società omofoba a beneficio della caricatura di persona omosessuale nota anche come
'checca' (invenzione della società dalla quale troppi giovani gay si lasciano travolgere), le comunità omosessuali del
'Belpaese' continuano imperterrite nel loro pericolossimo viaggio, gridando alle
Unioni civili che ancora non si approvano, al
matrimonio egualitario che non si approverà, alla solitudine che la società impone loro, alla politica che, dio li fulmini,
"ci discrimina". Sacrosanto, se non fosse per alcune questioni fondamentali: il loro ignorare chiunque non corrisponda a un
canone estetico di perfezione maschile mutuato dagli Stati Uniti; l'incapacità di costruire rapporti anche solo
amicali con over 50 (e a volte anche over 40); lo sfruttamento onnivoro della
zona pelvica del corpo, a discapito di quella che sta dentro la scatola cranica, quando c'è; la continua accusa di
omofobia a chiunque esca dal
'pensiero unico gay' senza chiedersi se omofobi non lo siano, in modo del tutto insensato, anche loro. Le uniche discriminazioni da me subite in vita mia sono avvenute
'dentro' l'ambiente 'gay' (per fortuna, vien da dire), quando mi sono avvicinato a qualcuno anche solo per fare due chiacchiere: troppo vecchio. O troppo brutto. Fuori dal
'sacro' stereotipo. Salvo poi essere accolto a braccia aperte quando si veniva a sapere, non da me, di cosa mi occupavo. E ora
lapidatemi.