Dopo lo spodestamento del
Governo Letta e fino alla spinosa questione della
presidenza della Repubblica, il segretario del Partito democratico,
Matteo Renzi, aveva mantenuto comportamenti razionali e comprensibili. La 'giravolta' su
Roma di questi ultimi mesi, invece, non l'abbiamo del tutto compresa. C'è chi dice che egli non riesca a svolgere con lucidità il proprio ruolo di
leader del Pd, poiché troppo impegnato a fare il
premier. Noi pensiamo che le cose non stiano affatto così: le decisioni prese nell'ombra in merito
all'affaire Marino tradiscono un riposizionamento 'centrista' del Partito mosso dalla speranza che esso possa, in futuro, trasformarsi nella nuova
'Arca di Noè' del mondo cattolico-democratico e moderato. Un'operazione che, sventuratamente, non riuscirà, poiché la questione non verte unicamente nell'attrarre l'intero mondo
'maritainiano', bensì anche quello
dell'apotismo qualunquista italiano. Una galassia che non appartiene al sistema planetario dei vecchi
liberali più o meno
massoni, bensì a una
'nebulosa' che, sin dai tempi della caduta del fascismo, si è sempre mimetizzata in svariate formazioni politiche,
dall'Uomo qualunque dell'ex teatrante
Guglielmo Giannini, alle correnti più ciniche e accidiose della
Dc. Si tratta di ambienti sociali e di potere che un Partito impegnato a riunire il riformismo
cattolico, quello
socialista e quello
liberale non intercetterà mai. A suo tempo, l'apotismo italiano fu capace di promettere
"un'onda lunga" di consensi, suggerendo la costruzione di un preciso 'scenario divisorio' a sinistra, in attesa di quel
tracollo comunista ampiamente prevedibile sin dalla seconda metà degli anni '80 del secolo scorso. Si trattava di un ragionamento sensato, per quei tempi. Tuttavia, quel progetto si tradusse in un metodo strumentale per agganciare il
Psi di
Bettino Craxi, al fine di 'rimpinzarlo' di
'male erbe': affaristi, opportunisti e 'pasticcioni' di svariato genere e tipo, che finirono col desertificare prima e distruggere poi la più antica tradizione politica della sinistra italiana. Per non parlare dei numerosi 'colleghi', di provenienza
Msi, fatti entrare alla 'chetichella' in
Rai e che, sin da allora, è stato pressoché impossibile riuscire a 'schiodarli' dalle proprie posizioni di 'rendita'. Si tratta, cioè, sempre della stessa illusoria 'promessa', che rischia di condurre anche
Matteo Renzi verso
l'isolamento e
la sconfitta: la suggestione di una restaurazione di quel blocco unico di consenso populista e piccolo borghese, che garantì
la stabilità del fascismo, il mezzo secolo di potere
democristiano e, infine, il gaglioffo ventennio di
'berlusconismo' da basso impero. Nella logica 'cialtrona' dell'apotismo italiano, come al solito si sta semplicemente giocando allo
'schiaffo del soldato'. Ed è anche un po' triste spiegarlo proprio nei giorni in cui si ricorda il 40esimo anniversario del massacro di
Pier Paolo Pasolini all'idroscalo di Ostia. Un ragazzo intelligente come
Matteo Renzi dovrebbe essere maggiormente consapevole dei rischi che simili operazioni di
'ricollocamento' ideologico comportano. E di come siano spesso aleatorie, volatili e quasi sempre assai 'parziali' le 'millantate' promesse provenienti da alcuni ambienti di potere, tra i quali possiamo annoverare anche
un bel 'pezzettino' di Vaticano, dato che non stiamo facendo riferimento ai soliti 4 libertini 'inviperiti' del vecchio mondo liberal-massonico, bensì del più 'strisciante' dei
neonazismi meta-politici. Dopo il capolavoro in negativo di un
Consiglio comunale capitolino sciolto dall'esterno, cioè senza nemmeno prendersi la briga di passare da
quell'Aula 'Giulio Cesare' che avrebbe dovuto essere il palcoscenico naturale per sfiduciare il sindaco di Roma,
Renzi è tenuto a sapere sin d'ora che non riuscirà a ricondurre sotto l'ombrello del
Pd capitolino quell'elettorato della
'Roma bene' (si fa per dire...) frequentatore dei 'circoli di fiume' della buona borghesia dei commercialisti, degli avvocati e dei ragionieri. In un Paese profondamente cattolico come il nostro, è necessario ricordare a se stessi che non si può essere
"servitore di due padroni", poiché prima o poi si scontenterà l'uno per accontentare l'altro, oppure si finirà col tradire ambedue. Ed è persino assurdo che debba essere un esponente del mondo laico a rammentare a un presidente del Consiglio dei ministri di provenienza cattolica un principio dettato proprio dalla
filosofia morale cristiana. Eppure, questo è il solo e più diretto modo per cercare di avvertire l'attuale premier intorno a quei pericoli di
'corto circuito' che, in passato, sono stati capaci di eliminare, anche drasticamente, leader ed esponenti politici considerati, sino al giorno prima, egemonici e vincenti. Il 'copione' è sempre lo stesso, qui da noi.
Da millenni. Faccia dunque molta attenzione, il
'giovin virgulto' della politica italiana: il suo disegno è chiaro e persino promettente, se osservato secondo una precisa 'ottica' di stabilità socio-economica del Paese. Cerchi tuttavia di smetterla
con gli agguati e le 'coltellate' alla schiena, poiché tali comportamenti non sono affatto gli unici ed esclusivi metodi di eliminazione politica, all'interno di certi ambienti di potere. Ambienti che si prendono assai spesso il lusso di
cambiare le 'carte in tavola' a proprio piacimento. E quando ciò accade, la responsabilità non è mai né di
Roma, né di
Suburra, ma dell'intera società italiana.