"Nella notte di Sigonella, il presidente degli Stati Uniti non fu Ronald Reagan, ma Michael Ledeen, che volutamente ne alterò la traduzione". Queste le parole di
Giuseppe Sacco, già professore universitario alla
Luiss, risuonate nella
sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, a Roma, durante un convegno dedicato ai
30 anni dalla crisi di Sigonella, organizzato
dall'Associazione 'Socialismo' e dalla rivista
'Mondoperaio' di
Luigi Covatta. In effetti, gli aspetti da chiarire in quella vicenda sono ancora molti.
Michael Ledeen, lo storico e giornalista americano che nel 1985 collaborava alla Casa Bianca per le questioni relative ai rapporti con l'Italia, ha più volte rivendicato di aver volutamente alterato la traduzione delle telefonate del
presidente Ronald Reagan, sia nel suo libro
'Perilous Statecraft', sia nel recente docufilm della
'Fondazione Craxi' sulla
notte di Sigonella. A bordo dell'aereo
dell'Egyptair costretto ad atterrare in Sicilia dai 'caccia' americani vi erano i quattro dirottatori della nave da crociera
'Achille Lauro' e due emissari di
Yasser Arafat, tra cui
Abu Abbas, capo
dell'Fplp. Quest'ultimo aveva convinto i quattro dirottatori a rilasciare la nave ed era a sua volta scortato, sull'aereo, da personale egiziano armato, mentre
l'Achille Lauro era ancora in mani egiziane. Sempre nel libro
'Perilous statecraft', Ledeen ha scritto:
"Bettino Craxi chiese se gli Stati Uniti insistessero sull'arresto di tutti e quattro i terroristi sull'aereo. E il presidente Reagan rispose amabilmente che avrebbe ritenuto accettabile mettere in prigione i due principali terroristi, dimenticando o non sapendo che avevano già domandato l'arresto per tutti, in attesa della nostra richiesta di estradizione. Così, ancora una volta, Craxi ebbe in italiano qualcosa in più rispetto a quanto il presidente Reagan disse in inglese. 'Li vogliamo tutti e quattro in prigione', tradusse Ledeen. E Craxi fu d'accordo". Gli interrogativi, a questo punto, sono i seguenti:
1) perché
Ledeen disse:
"Li vogliamo tutti e quattro in prigione"? Sull'aereo
Egyptair c'erano quattro dirottatori e due emissari di
Arafat, tra cui
Abu Abbas. La frase più logica, dunque, sarebbe stata:
"Li vogliamo tutti e sei in prigione". L'Italia, effettivamente, in seguito trattenne solo i quattro dirottatori, lasciando partire Abu Abbas per Belgrado all'insaputa degli Usa;
2) perché gli
Usa consentono tuttora a
Ledeen di rivendicare pubblicamente una falsa traduzione del presidente degli Stati Uniti, l'uomo più potente del mondo?
"Se al posto di Ledeen, un traduttore qualsiasi avesse volutamente cambiato le parole del presidente degli Stati Uniti sarebbe stato fucilato sul posto", ha commentato, durante il proprio intervento,
Antonio Badini, consigliere diplomatico di
Bettino Craxi. Evidentemente,
Ledeen è un uomo molto potente, che può permettersi cose che per altri sono impensabili.
"Reagan - ha proseguito
Badini -
aveva grande stima per Craxi e fu lui a consentire l'ingresso dell'Italia nel G7 anche dopo i fatti di Sigonella. Senza la fermezza di Craxi, l'Italia avrebbe perso la faccia. E non solo in Medio Oriente. Il comportamento da banditi degli Usa fu uno sfregio all'Italia: costrinsero l'aereo dell'Egyptair ad atterrare, non si fecero riconoscere dai radar, usarono la Delta Force in una base italiana. A Sigonella, Craxi non ebbe colpe: Abu Abbas era odiato da tutti, anche da noi, ma era il capo del Fplp, di cui facevano parte i quattro dirottatori. Abu Abbas voleva indebolire Arafat, senza il quale non avremmo avuto gli accordi di Oslo. Senza Craxi, Arafat sarebbe crollato e avremmo avuto il terrorismo piu' brutale". Gennaro Acquaviva, per parte sua, ha sottolineato:
"Non capimmo che anche negli Stati Uniti vi erano varie fazioni. Ledeen era sulla stessa linea d'onda di North e Poindexter, che poi ebbero anche problemi giudiziari". Acquaviva ha inoltre ipotizzato che
Ledeen potesse essere in contatto anche con il
Mossad. In effetti, i più duri a protestare contro l'Italia per le scelte di Sigonella furono gli Usa e Israele.
Arnaldo Forlani, in uno dei suoi rarissimi interventi pubblici sull'argomento, ha commentato:
"La questione rimase aperta con ripercussioni anche molto negative per noi, sia negli Stati Uniti, sia in Israele. Fu necessario un paziente lavoro di ricucitura. Io stesso andai in Israele, qualche mese dopo Sigonella, anche su sollecitazione di Craxi. Gli incontri furono molteplici, ma alla fine il discorso cadeva sempre su Sigonella. La cosa ebbe ripercussioni profonde, perché la vicenda aveva ferito l'opinione pubblica statunitense e israeliana. Inoltre, c'era stato il turpe assassinio del cittadino ebreo statunitense, scaraventato in mare con la sua carrozzella. Questo aspetto ebbe ripercussioni profonde che non sfuggirono a Craxi". Ma perché l'allora
vicepresidente del Consiglio, Arnaldo Forlani, non si oppose alle scelte del Governo italiano, tanto che
l'ambasciatore Rabb, riferendo su un loro colloquio, inviò un 'report' a Washington il 14 ottobre 1985 scrivendo:
"Forlani ha offerto argomenti contro la posizione degli Usa e i primi due argomenti di maggiore interesse per lui hanno attirato la nostra attenzione"? Forlani, oggi, sottolinea:
"Craxi agì con risolutezza perché credeva di avere ragione, prescindendo dalle ripercussioni esterne. Non ci fu possibilità di discutere, confrontarsi, contestare. Molti, nel Governo dissentivano, ma al nostro interno prevalse la valutazione personale di Craxi, che non offrì alcuna possibilità di critica o dissenso. Oggi, abbiamo la politica dell'apparire, della teatralità. Ma tra l'essere e l'apparire, Craxi ha sempre preferito l'essere". Le scelte del Governo italiano furono, quindi, tutte dovute solo alla risolutezza di Bettino Craxi?
Acquaviva non la vede così:
"Anche Andreotti era favorevole alla linea di Craxi, ma restò silente, in attesa di vedere come finisse. Forlani, nel momento decisivo, tacque, ma è sempre stato vicino a Israele e ai 'falchi' Usa. Il Pri era filoamericano, eterodiretto. La Dc, nel suo insieme, voleva mandare Craxi a casa, tanto che il segretario De Mita, come scrive anche Sangiorgi nel suo libro, non voleva che Craxi parlasse in parlamento, minacciando addirittura l'uscita dei deputati democristiani dall'aula. Craxi aveva un coraggio intelligente e lucido, almeno in quella fase politica. E decise di riferire alla Camera. Ma, ovviamente, voleva continuare a governare con la Dc. Ottenne dunque il via libera dai democristiani". Il convegno di
'Mondoperaio', organizzato da
Luigi Covatta, ha registrato anche l'intervento del
presidente della Commissione Esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini: "In Italia, fu Fanfani il primo a investire sui Paesi arabi moderati. Nel dna dell'Italia c'e' l'amicizia con Israele, ma questo non significa essere d'accordo con le politiche di tutti i governi israeliani negli anni: posso essere amico di Israele e non condividere le scelte di Netanyahu. La Dc e il Psi di Craxi capirono che il Mediterraneo era un tema centrale per l'Europa. Ancora oggi, l'Europa paga il fatto di non averlo compreso e ci ritroviamo uno Stato terrorista anche a causa della nostra disattenzione. Sigonella - ha concluso
Pierferdinando Casini -
rimane il miglior lascito della politica estera italiana".