La laicità non è altro che la conoscenza della ragione applicata ai rapporti politici. La sua mèta è un ordinamento ragionevole, la buona condotta morale del singolo individuo, una libertà temperata dalla legge. Tutto ciò che rimane al di fuori di tale definizione è
anarchia, assenza delle leggi, individualismo. Là dove domina
la ragione non può scomparire
la persona: è questa la vera forza della
democrazia laica. L'arte, ovvero la pura soggettività, non solo ha ammesso il brutto, ma lo ha ritenuto addirittura necessario, assegnandogli un posto, poiché aveva bisogno di un
'mostro'. Allo stesso modo, la religione, cioè la pura oggettività, è andata così oltre, nel corso della Storia, da dover ammettere in se stessa il male, assegnandogli un ruolo di
'mostro religioso'. Ciò che la laicità vuole è la piena e libera evoluzione delle persone, la manifestazione indipendente dell'Io attraverso la ragione. Per questo motivo, molti movimenti politici nazionalisti, religiosi o rivoluzionari, da destra e da sinistra hanno sempre cercato e cercano, ancora oggi, di inserire all'interno della dialettica democratica numerosi elementi di irrazionalismo: essi considerano, infatti, il dominio della ragione una
tirannìa. Ma all'interno di una simile oscenità, quel che non viene considerato è il fatto, scientificamente e storicamente incontestabile, che l'irrazionalismo è il padre del fanatismo: mentre per le religioni non vi è nulla al di sopra della fede e di Dio e per gli assolutismi nulla debba esistere al di sopra dello Stato, viceversa, per la laicità nulla ha più valore della ragione, dello spirito umano e della Storia. E la legge non è altro che il mezzo per tutelare il singolo individuo dagli abusi dello Stato, difendendo, al contempo, lo Stato dalla vera tirannìa: quella dell'irrazionalismo. Ciò che consente a molti di posizionarsi, oggi, sul
'pero' della ragione e, all'indomani, sul
'melo' dell'irrazionalismo più incoerente non rappresenta la vera essenza della laicità, della libertà e della ragione, bensì
'sgancia' la libertà stessa del singolo individuo da quegli obblighi morali e materiali che consentono allo Stato di regolare la convivenza pacifica e ordinata di un Paese. Una convivenza finalizzata a trasformare l'umanità stessa dei singoli individui in un
grande Paese. Ebbene, tale premessa è tesa a dimostrare come
l'Italia, attraverso l'operazione
'Mare nostrum', abbia dimostrato al mondo, alla religione, a Dio e alla Storia di saper essere, quando può e se realmente lo vuole, un
grande Paese. Perché soltanto un
grande Paese riesce a contrapporre l'umanità alla disumanità, a rendere la solidarietà e la carità più forti dell'irrazionalismo e della disperazione. E' questa la grande lezione che l'Italia ha saputo dare, in questi anni, all'Europa e al mondo. Anche se quasi nessuno se n'è accorto. Oppure, ipocritamente, si è voluto far finta di non vedere, al fine di sottrarre a tale lezione quell'importanza spirituale che, invece, dovrebbe essere il fondamento più sincero di tutti coloro che dicono, a parole, di voler liberare l'individuo dall'irrazionalismo e dalla follìa. Ciò accade poiché i numerosi elementi di ambiguità, ipocrisia e incoerenza, persistenti all'interno del sistema democratico italiano, portano i più a credere di poter perpetuare il loro misero giuoco di voler mantenere e difendere il ruolo del
brutto e l'esistenza del
mostruoso, rifiutandosi di comprendere come tali contrapposizioni semplicemente non esistano: nella vera
arte, il brutto è annullato;
nell'umanità, fondamento stesso della
laicità, il male può essere combattuto e sconfitto. Tutto il resto, appartiene alla stupidità e alla pochezza politica. E chi non è in grado di comprenderlo, appartiene solamente alla nutrita schiera degli stolti.