In estate, milioni di turisti si riversano nel nostro Paese. E, tra le mete prescelte, la
Sicilia occupa un posto d'onore. Ma tra le bellezze naturali e artistiche che potrebbero permettere alla Regione di vivere esclusivamente di turismo, si frappone l'immagine, assai diffusa all'estero, di una
Sicilia 'mafiosa', che i commercianti dell'isola più grande del Mediterraneo non aiutano a debellare, pur di attirare orde di stranieri nei propri negozi con 'gadget' e souvenir ispirati al film di
Francis Ford Coppola: 'il Padrino'. Le cifre del 'boom' turistico che quest'anno ha investito l'antica
Trinacria sono ben più che incoraggianti: secondo quanto riportato dal quotidiano
'la Repubblica', i dati provvisori per la stagione 2015 parlano di un incremento nel flusso di turisti sull'isola che sfiora il
10% nelle città d'arte e luoghi di villeggiatura. Una crescita che si va ad aggiungere all'ulteriore trend positivo della stagione precedente, valutabile nell'ordine di
300 milioni di euro. Denaro pronto a fluire nelle casse della Regione, più che mai bisognosa di iniezioni di liquidità, a fronte di un debito che si avvicina agli
8 miliardi di euro (all'incirca quanto dovuto dalla Grecia all'Europa, stando alla relazione del Procuratore generale della Corte dei conti presentata lo scorso luglio). Dati come questi sono senza dubbio incoraggianti. E confermano, ancora una volta, l'enorme potenziale inespresso che la
Sicilia, in termini di turismo, sarebbe in grado di dispiegare. La sua Storia, le bellezze naturali e gli innumerevoli centri d'arte potrebbero, da soli, generare numeri ancor più alti in termini di afflusso turistico, fornendo servizi come trasporti e strutture d'accoglienza adeguate e che, duole dirlo, non in tutta l'isola sono all'altezza del meraviglioso contorno. Stando alle dichiarazioni
dell'Assessore al Turismo, sport e spettacolo della Regione Sicilia, Cleo Li Calzi, rilasciate sempre sulle pagine di
'Repubblica' "la vera scommessa è far tornare i turisti e lasciare un'immagine positiva della Sicilia: stiamo lavorando molto sul fronte comunicazione, sull'apertura notturna dei musei, sul fronte dell'informazione e sui trasporti. Ma c'è ancora molto da fare". È vero: c'è ancora molto da fare. Per cominciare, si potrebbe 'ribaltare' quell'immagine sbagliata della
Sicilia che viene data in pasto ai turisti di tutto il mondo, in maniera sconsiderata e disgustosa. La vecchia battuta:
"Italiano=Pizza, spaghetti, mandolino e mafia", per molte persone, turisti di tutto il mondo compresi, rappresenta la nostra definizione in quanto popolo, ledendo la nostra immagine e quella delle regioni che hanno dato origine al fenomeno mafioso. Si dovrebbe, invece, incentivare la diffussione di un'immagine diversa
dell'Italia e della Sicilia in particolare, cessando di elevare un fenomeno criminale a simbolo di un territorio e motivo di guadagno per l'economia interna. Entrare nei negozi di souvenir di qualunque città siciliana, da
Palermo a
Catania, passando per
Taormina e le
isole, equivale all'essere aggrediti visivamente da un'infinita sequela di 'gadget', magliette, spille e magneti con sopra il volto di
Vito Corleone, immaginario boss del crimine newyorkese portato al cinema da
Francis Ford Coppola nel film
'Il Padrino', con le fattezze di
Marlon Brando, spesso riportanti lo slogan:
"Il Padrino sono io". Ora, nessuno ha nulla da ridire sulla vendita di souvenir e gadget nei luoghi turistici, sempre ammesso che non siano attività abusive, come spesso avviene a Roma. Ma che a esser messa in vendita sia l'immagine della
Sicilia come luogo primariamente associato alla
mafia o, ancor peggio, che
il mafioso divenga uno
'status' sociale degno di rispetto, tanto da indossarne le vesti tramite una t-shirt, fa storcere il naso sia per il cattivo gusto, sia per l'ingiusta associazione. Purtroppo, alla base di questo commercio vi è un'errata interpretazione della trilogia de
'Il Padrino', che ben pochi si sono presi la briga di spiegare:
il film di Coppola non è affatto un'apologia sull'essere mafiosi e su come essa renda potenti e felici. Al contrario, quella del grande regista italo-americano è una lunga 'parabola' sulla distruzione di
un uomo integro, che ha ceduto al demone criminale e che, proprio per questo motivo, ha perduto ogni cosa a lui cara: dalla famiglia ai presunti amici, vivendo in un mondo di nemici e traditori, arrivando all'appuntamento inevitabile con la morte solo e dimenticato. Il film, insomma, è
una condanna netta contro la mafia e l'essere mafiosi: una libera trasposizione della malavita statunitense (neanche del tutto 'italiana', per giunta) che gli americani e il mondo non sono ancora riusciti a decifrare. Alla luce di ciò, è paradossale che proprio
i siciliani sfruttino questa immagine 'distorta' di loro stessi per vendersi al mondo. Ma far notare tutto questo ai commercianti serve a ben poco, perché qualunque tipo di risposta inizia generalmente sempre con la stessa premessa:
"C'è la crisi, bisogna pur mangiare...". La crisi non è una scusa per 'svendere' la dignità di un'intera Regione che, solamente attraverso il turismo, potrebbe tranquillamente abbattere il proprio debito pubblico, anziché speculare su immagini che non appartengono alla sua Storia e cultura millenaria.
La Sicilia non è 'Il Padrino'.