Ennio TrinelliL'italiota ha sempre la necessità, dato che non sa da dove viene, di illudersi di sapere dove va. Solo grazie a questa 'distrofia neuronale' si può spiegare l'accanirsi contro l'Altro come principale sport praticabile. Testimone di questo accanimento: l'approvazione in commissione Giustizia di un emendamento che trasforma le Unioni civili in 'Formazione sociale specifica' e le incardina all'articolo 2 della Costituzione (quello che garantisce all'individuo il diritto di poter esprimere la sua personalità nei luoghi e modi a lui congeniali, lo scriviamo in 'soldoni'), 'sradicandole' dall'articolo 29 (quello che parla di famiglia fondata sul matrimonio: anche in questo caso ci esprimiamo volgarizzando). Il messaggio che ne deriva è che le famiglie fondate sul matrimonio, anche quelle i cui capifamiglia vanno in Thailandia per soddisfare i loro istinti pedofili (l'Italia è prima in questa turpe classifica) rimangono onorate e figlie di Dio, mentre le altre sono "formazioni sociali specifiche", all'interno delle quali due persone possono anche 'pensarsi' sposate, ma non avranno mai lo stesso valore di un matrimonio vero e proprio. Soltanto un razzismo dettato da un altrettanto profondo odio verso l'Altro può giustificare una così profonda perversione. Ai tanti 'cialtroni' in parlamento, talmente attaccati alla famiglia da essersene fatte anche tre o quattro, le nostre più vive felicitazioni.


Lascia il tuo commento

Giorgio Salerno - Roma - Mail - lunedi 5 ottobre 2015 20.33
Egregio Direttore, devo dire con un certo dispiacere che non mi aspettavo il “silenzio stampa”. Mi sono perfino impegnato ad un confronto non fatto di fuffa, come chiesto dalla De Luca. Pazienza… capisco che questo non è un blog e che siate impegnati su problemi più rilevanti, ma una correttezza formale non guasta mai, magari solo per dire che non si è più interessati.
Giorgio Salerno - Roma - Mail - venerdi 25 settembre 2015 2.21
Forse non sarà vero ed avete solo cose più interessanti di cui occuparvi, ma mi piace pensare che siate d’accordo con me sul fatto che il matrimonio (indipendentemente dal sesso dei coniugi) costituisce una vera e propria discriminazione nei confronti dei single. Il problema, quindi, è quello di capire perché tutte le società umane, sempre ed ovunque. abbiano investito sull’istituto del matrimonio eterosessuale, anche se poi storicamente si è concretizzato in molteplici e differenti modi.
Cominciamo con l’escludere che sia sufficiente a motivarlo il solo riconoscimento pubblico di un sentimento. Oltre alle considerazioni precedenti sulla discriminazione nei confronti dei single, basta pensare all’esistenza di altri sentimenti ugualmente significativi, rispetto ai quali, però, nessuno richiede un istituto giuridico specifico. Primo fra tutti, l’amicizia. Per fortuna nessuno ha mai pensato di regolamentarla per legge. Per comprendere come mai invece la società investa tanto sul matrimonio, pur non avendo obblighi nei confronti della coppia maggiori di quelli che ha nei confronti del comune cittadino (anzi minori, visto che stanno meglio), bisogna concludere che debba esistere un interesse da parte della società. Che ci sia un interesse da parte della società è una cosa clamorosamente evidente ed è costituito dalla sopravvivenza della società stessa. E la sopravvivenza è possibile unicamente tramite un adeguato tasso di riproduzione. Ecco perché la società non può avere un interesse reale per il matrimonio omosessuale. Anzi! investire su di esso significherebbe distogliere notevoli risorse verso coppie che non sono in grado di essere utili rispetto all’obiettivo fondamentale dell’istituto matrimoniale. Insomma, sarebbe una pessima allocazione di risorse pubbliche.
Conosco tutte le obiezioni possibili, che poi sono quelle che mi hanno fatto tutti quelli che la pensavano come me e che ora non più. Attendo che le facciate per rispondere. Comunque anticipo che non sto sostenendo che l’UNICO scopo del matrimonio sia la riproduzione, ma che. come afferma la Consulta, la riproduzione è uno scopo necessario, anche se lo fosse solo in modo potenziale.
Giorgio Salerno - Roma - Mail - martedi 15 settembre 2015 9.53
Un errore materiale. Quando cito l'art. 3 della Costituzione, ovviamente mi riferisco all'art. 2.
Giorgio Salerno - Roma - Mail - domenica 13 settembre 2015 22.6
Egregio Direttore, non riesco a capire: mi sta proponendo una scommessa e poi punta sulla mia scelta? Mi sembra di aver esposto chiaramente la mia convinzione che nel nostro ordinamento ben presto avremo il matrimonio omosessuale con tutti gli accessori annessi (adozione compresa), ma solo perché le vie della politica sono infinite. Ma ugualmente, non è sufficiente il semplice fatto di esistere per dargli validità sul piano dei principi. Siamo di parere differente su questo punto e probabilmente lo resteremo, ma non si può far dire alla Consulta quel che ci fa comodo. Nella sentenza del 2010 non è affatto vero, come dite voi, che la Corte, con lo scopo di negare il riferimento all’art. 29, abbia allargato l’oggetto del proprio parere alle conseguenze di un'unione matrimoniale trascurando i principi. Esplicitamente, invece, la Corte parla di “nucleo della norma”. Questa mi sembra una buona parafrasi per parlare di “principi”. Mi date l’idea di non esservela neanche letta interamente e forse neanche di esservela procurata. Cerco di aiutarvi, riportando testualmente:

«… è vero che i concetti di famiglia e di matrimonio non si possono ritenere “cristallizzati” con riferimento all’epoca in cui la Costituzione entrò in vigore, perché sono dotati della duttilità propria dei princìpi costituzionali e, quindi, vanno interpretati tenendo conto non soltanto delle trasformazioni dell’ordinamento, ma anche dell’evoluzione della società e dei costumi. Detta interpretazione, però, non può spingersi fino al punto d’incidere sul nucleo della norma, modificandola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non considerati in alcun modo quando fu emanata. […]
«Questo significato del precetto costituzionale non può essere superato per via ermeneutica, perché non si tratterebbe di una semplice rilettura del sistema o di abbandonare una mera prassi interpretativa, bensì di procedere ad un’interpretazione creativa»

Nonostante la nostra comune convinzione che poi alla fine risulterete contenti delle nuove leggi che il Parlamento inventerà, il confronto con quella sentenza (e di altre) della Consulta non sarà semplice. Non le viene il sospetto che proprio il rischio di un giudizio di incostituzionalità abbia convinto anche i più convinti sostenitori dell’art. 29 a ripiegare sull’art. 3?
Giorgio Salerno - Roma - Mail - sabato 12 settembre 2015 17.55
Aiutatemi a dare torto al mio amico. Un’intera vita da single ed ora pensionato. Oggi parliamo solo del matrimonio omosessuale come istituto discriminatorio, anzi, a rigor di logica, del matrimonio tout court. Il mio amico non si lamenta affatto della sua situazione perché, pur non essendo ricco, la pensione è sufficiente per le sue esigenze. Però… dice (tutto quello con il trattino è autenticamente suo, scritto a mia richiesta apposta per voi):

– Ho provato a confrontare il percorso sociale ed economico della mia vita con quella di qualsiasi altra persona che a differenza di me ha convissuto con un’altra (parlo della singola persona di una coppia e non della coppia in quanto tale; naturalmente se le prendiamo tutte e due il problema si raddoppia) e vi propongo d’immaginare una specie di slalom parallelo.

– Alla partenza dello slalom parallelo, diciamo grosso modo quando due single venticinquenni si affacciano al mondo lavorativo (è un riferimento temporale qualsiasi, valido per i laureati, ma convenzionale) essi rappresentano il tipo di cittadino standard che non deve chiedere nessun sostegno economico allo stato, anzi, devono pagare le tasse e pensare da soli a garantirsi un futuro dignitoso, fino alla pensione compresa.

– In un momento successivo, l’altro instaura una convivenza ed io no. (libere scelte che non debbono penalizzare o avvantaggiare nessuno). Sia chiaro che in questa analisi il mix sessuale della convivenza non ha nessuna importanza ed è valida indifferentemente per etero, gay, lesbo e qualsiasi altra combinazione possa venire in mente.

– La prima evidenza: anche trascurando gli eventuali “benefici” psico-sessuali, il mio “competitor” ha, rispetto a me, degli innegabili vantaggi legati alla convivenza stessa. Dalle cose più minute (“Ci pensi tu a portare il cane fuori, che ho da lavorare fino a tardi?”) a quelle un po’ meno minute (se ti viene il colpo della strega, hai una qualche speranza che qualcuno ti raccolga in giornata) fino a quelle volgarmente economiche, ma succose, come la condivisione delle spese. Sono gli stessi vantaggi, per limitarsi ad uno tra i molteplici esempi possibili, di cui gli studenti fuori sede usufruiscono convivendo nello stesso appartamento. Nei termini dello slalom, mi sta distanziando facendo con più facilità le curve del percorso.

– Poi decide di sposarsi [ora vale solo per gli etero, ma tra poco per tutti, NdR].

– E poi viene la beffa: infatti, da sposato, ottiene succose sovvenzioni da parte dello stato alle quali io non posso accedere (non credo sia necessario doverle enumerare). Con quali motivazioni? L’unica motivazione è costituita dal suo essere sposato. In altre parole, siccome già sta meglio di me, lo stato lo fa stare ancora meglio! Nei termini dello slalom parallelo, sarebbe come se i giudici di gara gli concedessero pure un abbuono di diversi (tanti) secondi.

– Il mio amico ed ex collega [in realtà si tratta dell’amico del mio amico perché è questi che parla, NdR], pur avendo avuto il mio stesso percorso retributivo, adesso ha un reddito di circa il 50% maggiore del mio, grazie alla pensione di reversibiltà della moglie!

– Francamente, mi sento discriminato dall’istituto stesso del matrimonio!

Mo’ sono di nuovo io. Non so trovare pecche nel ragionamento del mio amico, il quale, a suo merito, non se la prende più di tanto (è che gli piace fare il sofista). So già che qualcuno la butterà sul valore simbolico del riconoscimento sociale (non vedo altre possibilità). Mi sembra una soluzione debole e problematica, ma forse saprete fare meglio di me.

È ovvio, come ho detto esplicitamente, che il ragionamento potrebbe essere usato, paro paro, nei riguardi del matrimonio eterosessuale.

P.S. per il Direttore. Le sue considerazioni sulla Consulta non mi sembrano molto centrate, ma risponderò appena possibile.
Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - sabato 12 settembre 2015 9.28
RISPOSTA AL SIG. GIORGIO N. 3: gentile lettore, ovviamente siamo disponibili ad accogliere contributi e può dunque inviare il suo articolo quando vuole. Rimane il fatto, le ripeto, che non solo penso anche io che la Corte Costituzionale non abbia affatto ghettizzato nessuno e non abbia discriminato le coppie omosessuali, ma che io non sia d'accordo, da eterosessuale e senza inventarmi nulla in materia, bensì esprimendo semplicemente la mia visione della questione, che incardinare le future Unioni civili ESCLUSIVAMENTE al principio di libertà di espressione e di orientamento sessuale non sia giuridicamente corretto, in termini di principio. Io non mi invento nulla: esprimo quella che è la mia linea editoriale, che è quanto un direttore responsabile è tenuto a fare. Noi restiamo convinti che non riuscire a comprendere di essere innanzi all'esigenza di dover introdurre una fattispecie giuridica completamente nuova, da porre sul medesimo piano di principio del matrimonio tradizionale, debba evitare di diventare un atto discriminatorio. Perché, ribadisco, sarebbe un errore bello e buono, confermandole quanto le ho già risposto in precedentza. Dunque, possiamo anche evitare di processare la Consulta nelle sue intenzioni future citando una sentenza di 5 anni fa, poiché sappiamo che essa potrebbe anche sostenere cose diverse, tornando sull'argomento, magari limitando l'oggetto del proprio parere al piano dei princìpi e non allargandolo a quello delle conseguenze di un'unione matrimoniale, che è quanto, secondo noi, la Corte ha fatto nel 2010. Vogliamo scommettere che la Corte, in futuro, incardinerà la norma che il parlamento dice di voler approvare sia all'art. 2, sia all'art. 29 della Costituzione? Vogliamo scommettere, anche semplicemente un caffè tra me e lei, che la Corte, se sarà chiamata in causa, sarà costretta a rifiutare una fattispecie di serie 'B' e che, pur distinguendola, non potrà non concordare sul fatto che si tratta dell'istituzione di un nuovo nucleo familiare, di nuovo tipo ma semrpe e comunque familiare, che dovrà comunque avere la medesima valenza giuridica e gli stessi effetti di diritto dei matrimoni tra persone di sesso diverso? E' facile parlare guardando all'indietro, senza cioè distinguere tra passato e futuro al fine di strumentalizzare, sempre e comunque, le cose a proprio piacimento. E' chiaro che la Corte non ha ghettizzato nessuno, poiché ha detto chiaramente una cosa ben diversa. E cioè che il nuovo strumento sarebbe introducibile, pur avendo funzioni e agendo in ambiti diversi, in base alle norme vigenti nel 2010. Cosa su cui noi concordiamo pacificamente. Non la insospettisce che proprio la Corte abbia dovuto specificare, per le coppie eterosessuali sterili, la loro potenziale finalità procreativa, cioè utilizzando il medesimo esempio che le ho proposto io, al fine di chiarire che non stava discriminando nessuno? E come la mettiamo con la possibilità di poter introdurre, nella nuova fattispecie, la possibilità di adottare figli, ambito che il parlamento stesso dice di voler inserire? Parlerà anche in quel caso di libertà espressiva e di orientamento sessuale? Di chi saranno figli quei bambini adottati? Di due cubisti da discosteca? Non le dice nulla che la Corte abbia semplicemente fatto un bilancio di come stanno le cose oggi e che, di certo, non può esprimersi intorno a una norma che, allo stato, ancora non esiste? Quando essa esisterà, allora potremo riparlare di quel che dice lei, senza porre limiti né alla Corte, né alla Provvidenza. Ciò che, tuttavia, era ed è nostra intenzione è chiarire non alla Corte costituzionale, bensì al parlamento, che confinare le Unioni civili al campo della libertà di espressione e di orientamento sessuale è una forma di discriminazione ipocrita. Soprattutto, se da quelle Unioni si faranno discendere una serie di diritti giuridici, come appunto la possibilità di adottare, educare e crescere figli, che avranno gli stessi effetti concreti delle altre unioni. E rimaniamo convinti che la Corte costituzionale, se dovesse essere chiamata a esprimersi sul piano dei principi e non su quello degli ambiti e delle funzioni delle Unioni civili, non potrà non accorgersi che esiste anche la questione dell'equiparazione a cui noi abbiamo fatto riferimento. Cordiali saluti. VL
Giorgio Salerno - Roma - Mail - sabato 12 settembre 2015 3.29
Egregio Direttore,
Lei insiste molto sui principi giuridici e a me non dispiace seguirla su questa strada. Io, però, furbamente mi porto appresso come sponsor la Consulta, la quale è il massimo organo in grado di giudicare i principi giuridici di una norma per valutarne la compatibilità con la Costituzione. Mi permetta di considerare la Corte più autorevole di Lei e di me in relazione ai principi giuridici. È pacifico che sia legittimo dissentire dalla Corte, ma lo è un po’ meno passare sotto silenzio quel che ha effettivamente detto. Ed è proprio quel che Lei fa nel momento che fa una lunga dissertazione come se la Corte non si fosse posta i suoi stessi problemi, anche se li ha risolti in modo che a Lei sembra errato (giuridicamente parlando, ovviamente).

La Corte ha anticipato la soluzione che non è piaciuta a Trinelli, facendo esplicitamente riferimento all’art. 2 e non al 29. La Corte riconosce all’unione omosessuale «il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone […] il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri. Si deve escludere, tuttavia, che l’aspirazione a tale riconoscimento […] possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio.»

Perfino la Corte sa che « i concetti di famiglia e di matrimonio non si possono ritenere “cristallizzati” con riferimento all’epoca in cui la Costituzione entrò in vigore […] e, quindi, vanno interpretati tenendo conto non soltanto delle trasformazioni dell’ordinamento, ma anche dell’evoluzione della società e dei costumi.»

Ciononostante, «la normativa […] NON Dà LUOGO AD UNA IRRAGIONEVOLE DISCRIMINAZIONE [maiuscolo mio], in quanto le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio.» Insomma, la Corte ghettizza anche se a Lei non piace, ma lo fa lo stesso.

Ribadisco, infine, ma sempre con le parole della Corte, che « Questo significato del precetto costituzionale non può essere superato per via ermeneutica, perché non si tratterebbe di una semplice rilettura del sistema o di abbandonare una mera prassi interpretativa, bensì di procedere ad un’interpretazione creativa.» Insomma, non si può superare il fatto che il matrimonio sia solo per la coppia eterosessuale senza andare contro la Costituzione inventandosi teorie creative. Più o meno quel che sta tentando di fare Lei.

5. La Corte aveva anche previsto la sua obiezione col fiato corto delle coppie eterosessuali sterili con una semplice parola, ribadendo in modo forte come «La giusta e doverosa tutela, garantita ai figli naturali, nulla toglie al rilievo costituzionale attribuito alla famiglia legittima ed alla (potenziale) finalità procreativa del matrimonio che vale a differenziarlo dall’unione omosessuale.» Qui alla Corte è bastato l’inciso tra parentesi di “potenziale”. Evidenzierei che la finalità procreativa non viene considerata l’unica finalità, ma rimane assolutamente necessaria per poter parlare di matrimonio.

Mi scusi, ma “Loro” mi sembrano più addentro di noi nei principi giuridici.

Comunque, con tempi un po’ lunghi, perché mi è sembrato giusto dare la precedenza a risponderle, mi preparo a scrivere perché il matrimonio omosessuale è discriminatorio (quello sì!) e perché costituisce un danno socioeconomico per la collettività (senza ricorrere a codici morali di sorta: è bene ripeterlo sempre… altrimenti Lei pensa di cogliermi in castagna). Mi faccia sapere se le interessa, per favore!
Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - venerdi 11 settembre 2015 13.7
RISPOSTA AL SIG. GIORGIO N. 2: gentile lettore, la sentenza della Corte costituzionale da lei riportata definisce i diversi ambiti tra il nucleo familiare naturale, cioè quello finalizzato alla procreazione, rispetto alle unioni di fatto. Fin qui ci siamo: gli ambiti sono diversi. Ma si tratta di ambiti, cioè di funzioni, non di caratteristiche di principio. Anche perché, intervenendo eventualmente la possibilità di adozione all'interno delle Unioni di fatto dello stesso sesso, ciò modificherà ulteriormente tali funzioni e ambiti, che giuridicamente non sono elementi statici, bensì dinamici. Altrimenti, anche le coppie composte da due sessi di diverso genere ma che non possono avere figli - e che, dunque, hanno dovuto far ricorso allo strumento dell'adozione - non sarebbero da considerare come nucleo familiare naturale, poiché la loro unione non può considerarsi finalizzata alla procreazione. Ma a prescindere da ciò, operare una distinzione di "genere", ribadisco, è una forma di razzismo, poiché corrisponde perfettamente alla convinzione che anche le donne sarebbero giuridicamente 'specifiche' rispetto agli uomini. Siccome si tratta di differenze che esistono nella realtà, ma che non possono valere sotto il profilo di principio dei diritti civili, poiché confliggerebero con la Carta internazionale dei diritti umani, sostenere che le future coppie dello stesso sesso sarebbero 'socialmente specifiche' rimane, comunque, una forma di 'etichettamento discriminatorio', che non è affatto basato sulle preferenze di gusto, come nel caso dei generi cinematografici da me esposti (che servivano, appunto, a escludere e non a includere le scelte individuali rispetto all'orientamento sessuale delle persone...). Insomma, pur rispettando le sue idee e le sue convinzioni, le sottolineo il fatto, evidente, che il considerare socialmente specifiche le Unioni civili tra persone dello stesso sesso è come escludere dal nucleo matrimoniale, glielo ripeto, le persone con gli occhi di colore scuro rispetto a quelle di colore chiaro. Non siamo nel campo dellle preferenze di gusto, bensì in quello delle condizioni umane, di caratteristiche che rientrano nella sfera insondabile dei sentimenti affettivi e 'spirituali' e che, anche sotto il profilo scientifico, non possono più, oggi, essere limitate dalla semplice distinzione 'binaria' tra maschile e femminile, poiché è ormai evidente che esistano persone che non possono, anche volendo, rientrare in uno di questi due generi. Dunque, l'elemento discriminatorio è giuridicamente fondato, poiché in base a tale assunto si scende dal piano dei princìpi e si è costretti a distinguere tra loro anche tutte le altre categorizzazioni, dalle donne ai disabili e via dicendo, con l'aggravante di una colpevolizzazione morale implicita nei confronti delle unioni omosessuali. Anche nei casi di semplice discriminazione sociale, quella tra ricchi e poveri per esempio, definita genericamente con l'espressione 'classismo', non può sussistere l'idea che l'unione tra due persone di ceto diverso siano da considerarsi una formazione 'specifica': si figuri in questo caso, in cui sono in gioco caratteristiche umane vere e proprie. Insomma, la discriminazione per fattori 'umani' c'è tutta: se lei lo nega è perché si sente colto in 'castagna' e non per motivi dottrinari, poiché un diritto alle persone, o lo si concede o lo si nega. Non vi sono vie di mezzo, sul piano dei princìpi giuridici. Ribadisco: sul piano dei princìpi giuridici, perché è chiaro che, nella realtà, differenze e distinzioni ci siano sempre. Ma quelli sono ambiti e funzioni, non princìpi. Di nuovo cordiali saluti. VL
Giorgio Salerno - Roma - Mail - giovedi 10 settembre 2015 23.20
Egregio Direttore,
mi sembra che lei confermi il mio assunto: non c’è niente da discutere perché È CHIARO ED EVIDENTE A TUTTI che negare il matrimonio tra persone dello stesso sesso sarebbe «una “ghettizzazione” del mondo omosessuale e Lgbt». Chi si oppone non può che essere… ad libitum.

Sul razzismo: è un termine che non ha niente a che fare con una discriminazione basata su caratteristiche e fatti che non hanno nessunissimo fondamento sulle differenze razziali. Usare nella discussione un termine così negativamente carico di peso storico e politico, ma del tutto fuori contesto (tanto che poi lei è costretto ad evidenziare una possibile e remota analogia, tanto remota che alla fine in essa si può far rientrare tutto, perfino le preferenze cinematografiche), dà proprio l’idea che Trinelli non avesse argomentazioni specifiche al problema o, per lo meno, di considerare “scaduto” il termine per discuterne. Ma allora, il suo articolo va considerato un semplice sfogo iroso. Il perché di tanto livore, alla fin fine non lo capisco: sono convinto come lei che in modo o nell’altro, pur costituendo un grave errore sociale, il matrimonio omosessuale si farà, ed anche molto presto, adozione a tutto campo compresa. E allora, perché scaldarsi tanto? Non si sente già sul carro dei vincitori?
Io non riesco a sentirmi offeso (sarebbe dare troppo peso…); mi limito ad evidenziare che i termini usati da Trinelli sono oggettivamente offensivi.

Chi ha parlato di cattolici?

L’obiezione di Trinelli non è giuridicamente fondata. È proprio questo che andrebbe dimostrato e mi consenta di dire che le sue parole non sono sufficienti perché, nonostante tutto, la relazione eterosessuale è intrinsecamente diversa da quella omosessuale. Non sono io ad affermarlo, ma la Consulta nella quale lei ripone tanta fiducia. Nel 2010 (e non mi pare un’epoca geologicamente superata) riaffermò la validità del «rilievo costituzionale attribuito alla famiglia legittima ed alla (potenziale) finalità procreativa del matrimonio che vale a differenziarlo dall’unione omosessuale.» (Sentenza n. 138 del 2010). E la sentenza specifica che questo precetto costituzionale «non può essere superato per via ermeneutica, perché non si tratterebbe di una semplice rilettura del sistema o di abbandonare una mera prassi interpretativa, bensì di procedere ad un’interpretazione creativa». Detto alla romana: “Le chiacchiere stanno zero anche in Parlamento”. Ergo, è il contrario di quel che lei afferma: sarebbe proprio il matrimonio omosessuale ad essere a rischio d’incostituzionalità! Poi, si sa! le vie della politica sono infinite… e riconfermo che penso che lo otterranno presto. Basta un po’ di pazienza, neanche tanta, ed un po’ di stile.

Io accetto di essere “specifico” in una gran quantità di occasioni, ogni qual volta ci siano, appunto, ragioni specifiche. Ad esempio, se non mi consentono di fare il corazziere perché più o meno sono alto come lo era Rascel; se non mi fanno entrare nel bagno pubblico riservato alle donne… (ci azzecca o è di cattivo gusto?); ed anche se non posso sposare mia madre, unica convivente con me (esempio di scuola), né mia sorella (stessa domanda di prima); se m’impediscono di avere due mogli (non avrei mai questo coraggio!)

Queste sono solo risposte specifiche alle vostre affermazioni, mentre le ragioni del mio amico erano altre, ma mi chiedo se poi alla fine v’interessino davvero! Mi faccia sapere se il confronto chiesto da Marta può continuare, così, per evitare uno sforzo inutile a priori.
Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - giovedi 10 settembre 2015 15.38
RISPOSTA AL SIG. GIORGIO SALERNO: gentile lettore, quando Trinelli parla di "razzismo" non insulta nessuno, dato che si tratta di una semplice categorizzazione politica. Se le capitasse tra le mani il 'Mein Kampf' di Adolf Hitler (che, capisco, non è un capolavoro, ma qui serve per proporle un esempio di scuola...) si renderebbe immediatamente conto che il noto dittatore austriaco basava la propria dottrina non su un'ideale da raggiungere, bensì su un principio di razza, imperniato cioè sul fatto che il popolo tedesco fosse, in tutto e per tutto, superiore agli altri popoli del pianeta Terra. Nella scala di valori di Hitler non c'erano solamente gli Ebrei da eliminare: anzi, si sorprenderebbe nello scoprire che, al di sotto di essi, vi erano gli zingari di tutte le etnìe e, all'ultimissimo posto, se non ricordo male, le popolazioni slave e il 'panslavismo'. Ora, lungi da noi paragonarla a Hitler, il ragionamento di Trinelli fa riferimento al fatto che ritenere le Unioni civili "formazioni sociali specifiche" corrisponda ad affermare che le persone con gli occhi marroni non sono degne di stare sul medesimo piano giuridico di quelle con gli occhi azzurri o verdi. L'obiezione di Trinelli, dunque, è giuridicamente fondata: un uomo e una donna che volessero utilizzare, in futuro, lo strumento delle Unioni civili anziché sposarsi, probabilmente considererebbero tale distinzione poco importante o ininfluente. Ma per due persone dello stesso sesso, dato che il nuovo strumento di legge sarebbe, per loro, l'unico modo possibile per legalizzare pubblicamente la propria unione, ciò equivarrebbe - e in effetti a mio parere lo è - a una "ghettizzazione" del mondo omosessuale e Lgbt. Lei accetterebbe di essere considerato "specifico" magari solamente perché ama il cinema western e non la fantascienza? L'importante dovrebbe essere il valore spirituale del nutrire amore verso il cinema, no? E invece no: chi ama il western e i suoi personaggi caracollanti alla Clint Eastwood fa parte di una categoria giuridicamente specifica, che può ammirare i suoi eroi solamente nei cinema d'essai, o in sale a loro appositamente dedicate. Che detto così potrebbe anche andar bene per me che amo la fantascienza, o per lei che si è visto tutti i film di Sergio Leone centinaia di volte. Ma scritto nero su bianco, su una legge ordinaria dello Stato, le assicuro che è tutt'altra cosa. Anzi, è un errore bello e buono. Soprattutto, se le nostre specificità debbano essere tutelate dall'art. 2 della Costituzione - come se io e lei fossimo dei "fissati", lei per il western e io per la fantascienza - anziché da un ipotetico articolo costituzionale che si occupasse di coloro che amano il cinema. Le dirò di più: se la norma che introdurrà le Unioni civili manterrà questa formula discriminante delle "formazioni sociali specifiche" sono pronto a scommettere che la norma sarà dichiarata incostituzionale dalla nostra Corte Suprema. E, come per la legge 40 del 2004 sulla Fecondazione medicalmente assistita, ci ritroveremo con alcuni giudici costretti a intervenire là dove la politica è risultata, per l'ennesima volta, giuridicamente deficitaria. Infine, io non credo che i cattolici italiani siano "difettati", come dice lei: il problema è che, rispondendo a parametri di filosofia morale, anziché di legge, spesso e volentieri non possiedono gli strumenti migliori per comprendere per quale motivo non sempre le norme morali e religiose si sovrappongano perfettamente con quelle civili dello Stato. Ciò accade, infatti, poiché la religione e la filosofia morale intorno ad alcuni problemi ritengono di poter "trascendere" la legge ordinaria. Non si offenda, dunque: sono cose che succedono. Anche a me piacerebbe fumare nei ristoranti dopo aver pranzato, ma di ciò mi è stato fatto divieto sin dal 2003 e, pertanto, fumo per la strada... Che vuol farci? Non leghiamocela al dito. Cordiali saluti. VL


 1  2  >