L'impegno delle donne durante lo sforzo bellico del Regno d'Italia negli anni 1915-'18 raccontato attraverso tre personaggi: uno spaccato toccante di ciò che ha rappresentato, per la nostra Storia, la Grande Guerra, a cento anni esatti dall'intervento italiano in un conflitto di proporzioni apocalittiche Tre tipologie di ragazze, poco più che ventenni, raccontano la loro vita negli anni della
Grande Guerra: c'è la patriota
Angela, che si finge un 'maschio' per andare volontaria a combattere; la sofisticata albergatrice
Eva, che ammira la classe e lo stile, ma anche il pensiero all'avanguardia, di
Coco Chanel; e c'è
Franca, una contadina veneta che, tutte le mattine, si carica sulle spalle pesantissime 'sporte' di cibo, acqua e medicinali, ma soprattutto armi, scorte di proiettili e persino un intero 'cannone', per portarli in prima linea ai nostri soldati, impegnati in una lunga guerra di posizione in alta montagna. Nella rappresentazione teatrale di
Giorgia Mazzuccato, intitolata
'Guerriere', uno spettacolo giunto alla 'finalissima' del
Roma Fringe Festival 2015 svoltosi all'inizio dell'estate presso
i giardini di Castel Sant'Angelo in Roma, emergono una serie di nuovi elementi e contenuti storici molto importanti e assai fondati:
1) l'Italia, nel 1915, entrò in guerra convinta che il conflitto sarebbe stato di breve durata, mentre invece le cose non andarono affatto così;
2) la 'patriota'
Angela, partita con grandi speranze e il cuore gonfio d'orgoglio per la Patria, anno dopo anno vede disgregarsi il proprio idealismo, poiché assiste agli assurdi assalti in campo aperto ordinati da
Luigi Cadorna, alle pessime
condizioni in cui furono costretti a vivere i nostri soldati nelle trincee, all'arbitrarietà delle
decimazioni decise dagli alti comandi militari, nel tentativo di dissuadere le truppe dalla tentazione di disertare;
3) la contadina
Franca, di fede socialista, intravede nello sviluppo tecnologico e industriale generato dalla guerra un tipo di produzione che, al termine del conflitto, avrebbe creato fortissimi problemi di
'riconversione', oppure una degenerazione bellicista che, spesso, è prodroma di gravissime sventure;
4) anche la sofisticata
Eva giunge, poco a poco, alla consapevolezza che, al termine del conflitto, il
maschilismo italico non avrebbe affatto riconosciuto alle donne i loro meriti per aver mantenuto 'in piedi' il Paese durante i difficilissimi anni di una guerra spaventosa. Lo spettacolo si chiude con un toccante ed esteticamente splendido monologo finale, nel quale
Angela ha vinto la sua guerra contro
l'Austria-Ungheria, ma ha perduto ambedue le gambe. Giunta ormai al fondo della disperazione, la ragazza rivede il proprio rapporto interiore con il nostro Paese non più sulla base di
un'esaltazione nazionalista, bensì nell'ottica, assai più amara e tuttavia più cosciente e generosa, di amore verso una 'sorella', l'Italia, che come lei non è mai stata altro che
una vittima sfortunata e 'maledetta' della Storia. Giorgia Mazzuccato, il testo di 'Guerriere', da lei portato in scena al Roma Fringe Festival 2015, finalmente fa giustizia sul ruolo fondamentale svolto dalle donne italiane durante la prima guerra mondiale: perché ci sono voluti 100 anni per scoprire - o riscoprire - una cosa del genere?"Credo che la Storia non sia un libro da leggere, ma un racconto da ascoltare e su cui far domande. Per raccontare e per ricercare, credo ci voglia molto tempo e molta voglia, per rimettersi in discussione. Quello che impariamo a scuola è, per diversi motivi, più o meno comprensibili, un frammento di quello che si decide di portate alla luce. Per una pagina di Storia investigata ce ne sono dieci nascoste e sconosciute. L'occasione di una ricorrenza così forte e importante come il centenario di una guerra mondiale mette in moto una serie di 'ingranaggi' intellettuali', tra cui la curiosità. In occasione di questa celebrazione, nel mio piccolo, ho cercato di fare la cosa che reputo essere la più proficua nei confronti di un fatto compiuto: porsi, appunto, delle domande. Mi sono interrogata sulla Grande Guerra in quanto donna, in quanto cittadina italiana e in quanto artista. Altre persone, in questi ultimi 100 anni, hanno compiuto ricerche sulle donne nel 1915-'18, ma forse quella che è sempre mancata è stata l'organicità nel rendere fruibile il prodotto di tali ricerche. Proprio per vincere questo ostacolo ho deciso di usare il mezzo a me più congeniale: il teatro. Credo che per le persone sia bello ascoltare e condividere racconti. E questo è quello che per me significa fare teatro".
Le tre ragazze italiane portate in scena sono molto diverse tra loro: un'interventista un po' ingenua, che decide di travestirsi da uomo per potersi arruolare come volontaria nel Regio esercito italiano; una sorta di 'suffragetta' sofisticata in salsa italica; una contadina che fa la 'staffetta' per portare armi e munizioni agli alpini in alta montagna. Erano queste le uniche 'tipizzazioni' possibili delle donne italiane del 1915, oppure si tratta di semplici 'spunti' per sottolineare anche altro? "Il lavoro di scrittura è stato un 'momento' (lungo circa un anno) per me decisamente interessante e stimolante. La ricerca ha portato al ritrovamento di una lunga serie di documenti inediti, scritti da donne nell'epoca della Grande Guerra che, in seguito, ho riadattato e ricucito insieme nelle vesti di tre differenti personaggi. Il mio scopo è stato perciò quello di dipingere un affresco storico variopinto, che portasse alla luce il maggior numero di impressioni ritrovate e studiate. I personaggi, presi singolarmente, non sono realmente esistiti, ma raccontano tutte storie vere, realmente vissute e che rivivono sul palco".
La verità sulla nostra guerra del 1915-'18, alla fine, diviene evidente: la politica, come al solito, ha dato per scontato che il nostro sforzo bellico sarebbe durato pochi mesi; gli alti ufficiali del nostro esercito hanno dimostrato un'incredibile miopia strategica; la realtà delle decimazioni, infine, ha rivelato un grado di alienazione raggiunto dai nostri soldati che non poteva far altro che 'infrangere' ogni ideale di Patria: lei ritiene che queste verità storiografiche siano, oggi, più accettabili, oppure è 'pessimista' - o quanto meno 'scettica' - intorno al grado di interesse del pubblico per questi argomenti? "Io sono non semplicemente scettica, ma contraria a ogni giustificazione nei confronti della guerra. In ogni epoca, esistono diverse motivazioni per agire in un determinato modo. Forse, agli inizi della prima guerra mondiale esisteva il 'patriottismo', ma quando si parla di guerra, alla base vi è, sempre e comunque, un sopruso nei confronti dell'umanità".
Delle tre donne da lei rappresentate, alla fine la più lucida e lungimirante, che intravede con largo anticipo le future conseguenze negative della guerra, come il reducismo e l'irrazionalismo piccolo borghese di Benito Mussolini, a sorpresa è proprio la povera e umile contadina veneta: non è una contraddizione? Non è proprio il ceto rurale quello più egoista e conservatore, che ragiona più con la 'pancia' che con la 'testa'?"Nel momento in cui una famiglia viene spezzata a causa della guerra, credo che le barriere tra i diversi ceti e l'agire di 'pancia 'o di 'testa' vengano meno".
Lo spettacolo ha il merito, soprattutto nel bellissimo monologo finale, di ribaltare il classico nazionalismo da esaltati, trasformandolo in un amore più consapevole e profondo nei confronti dell'Italia, considerata come una sorta di sorella 'sfortunata', vittima della Storia: è forse l'embrione di un nuovo patriottismo 'di sinistra'? "Nel mongolo finale si viene a concepire, parola su parola, l'embrione di un patriottismo semplice, inteso come amore e orgoglio di appartenenza alla propria Patria. Il personaggio che ha l'ultima parola si rivolge all'Italia come "fragile figlia, amata sorella, dolce madre, amore", ovvero come un vero e proprio 'tutto' per il quale non vi è sforzo nel dedicarci la vita. Nell'amore non ci sono Partiti, vi è solo dedizione e spirito di protezione. Nel monologo si chiede all'Italia, interlocutrice della preghiera, "una tregua dai libri di Storia", in favore di "pagine bianche di straordinaria quotidianità per scrivere parole come dignità, amore, bellezza e libertà". Queste parole sono i semi da cui sono nati i 'fiori' delle mie 'donne-guerriere'...".
(intervista tratta dalla rivista sfogliabile 'Periodico italiano magazine' - n. 13 luglio/agosto 2015)