
La campagna elettorale per le elezioni regionali e amministrative che si è appena conclusa ha avuto, al centro dell'analisi, un'esilarante dibattito su chi o cosa fosse più o meno di sinistra; su chi o cosa non lo fosse; se il Partito democratico guidato da
Matteo Renzi abbia ancora a che fare con la rappresentanza del mondo del lavoro e dei ceti più deboli; se gli 'angioletti' del paradiso siano maschietti, femminucce o partecipino anche loro al
Gay Pride travestiti da 'diavoletti'. Tutta questa confusione deriva, più semplicemente, dal non essersi ancora resi pienamente conto che viviamo tutti quanti tra le macerie di vecchie ideologie, improvvisamente crollate alla fine degli anni '80 del secolo scorso. Siamo ancora fermi lì, a cercar di capire cosa salvare e cosa buttar via; cosa significhi essere riformisti; come uscire da una vetusta concezione burocratizzata e ottocentesca della politica; quale debba essere il nuovo ruolo che devono assumere, nella società di oggi, i Partiti politici. In un marasma del genere, nessuno ha cercato di affrontare veramente una questione di fondo: la sconfitta del socialismo cosiddetto 'scientifico' e la vittoria, sempre più conclamata in termini filosofici e culturali, del socialismo laico e libertario. Proviamo a riannodare qualche 'filo' di una riflessione, che potrebbe risultare utile a farsi un'idea più chiara su come far emergere la sinistra dalle proprie macerie.
Karl Marx fu un economista 'classico', alla
Ricardo. E, come Ricardo, aveva teorizzato una caduta tendenziale del saggio di profitto capitalistico, che discendeva direttamente dalla teoria 'ricardiana' dei rendimenti decrescenti. Ciò significa che l'analisi 'fotografica' del sistema capitalistico delineata dal 'Maestro' di Treviri ne
'il Capitale' sarebbe, ancora oggi, a dir poco perfetta: è invece la sua 'ricetta' a essersi rivelata economicamente sbagliata, poiché troppo pessimistica. Nulla ha mai impedito o impedisce periodici riassestamenti 'congiunturali' dei sistemi produttivi presi nel loro complesso macroeconomico. In buona sostanza, la Storia ha dimostrato come non vi sia alcun bisogno di fare la rivoluzione per erigere un pachidermico 'capitalismo di Stato', al fine di assicurare una miglior distribuzione delle ricchezze tra le classi sociali: possono bastare periodiche 'correzioni' dei meccanismi di redistribuzione dei redditi e del mercato del lavoro. Il marxismo ha rappresentato una teoria 'sociologicamente ingegnosa', ma scientificamente sbagliata, che non può neanche essere considerata, oggi, una filosofia, poiché crollando ogni presupposto scientifico, la sua dottrina di fondo è decaduta a mero 'sentimentalismo proletario'. E' ormai giunto il momento, per gli uomini e le donne della sinistra italiana, di ammettere esplicitamente come
Benedetto Croce non avesse tutti i torti allorquando affermò, a suo tempo, che il marxismo era solamente
"un buon paio di occhiali".