Il contesto che ha determinato l'azione terroristica di Parigi è frutto del bellicismo esasperato dei nuovi 'crociati' dell'occidente. Di quell'anti-islamismo crescente e multiforme su cui specula, per meri motivi di audience, anche il mondo dell'informazione, allorquando lo presenta associato all'ostilità demagogica verso i fenomeni migratori di massa. Innanzitutto, è opportuno ricordare come sia il quotidiano danese che per primo pubblicò le famigerate vignette contro Maometto, il
'Jyllands-Posten', sia la rivista satirica
'Charlie Hebdo' non siano affatto giornali di destra: al contrario, la seconda è addirittura schierata su un fronte politico di sinistra estrema. Ad alzare il livello dello scontro non è, dunque, un ipotetico complotto 'qaedista' in stile 'strategia della tensione', quanto piuttosto un clima, diffuso in occidente dopo l'11 settembre 2001, teso a sostituire la vecchia contrapposizione ideologica della 'guerra fredda' con un nuovo scontro di civiltà tra due fondamentalismi simili e contrari. Dopo le terribili giornate parigine, ora si paventa l'avvento di un islam 'europeo' in quanto 'cavallo di Troia' dell'integralismo musulmano, come già affermato di recente da alcuni ambienti conservatori internazionali. Tale 'scenario', oltre a ignorare clamorosamente l'esistenza quasi millenaria di alcune 'enclave' musulmane storiche nei Balcani (in Albania e nella Bosnia-Erzegovina) ci aveva quasi indotto, nei mesi scorsi, a intervenire nel dibattito. Non lo abbiamo fatto per il semplice motivo che ritenevamo - e riteniamo ancora oggi - che il vero punto focale della questione sia un altro: quello di una società democratica trasformata, dopo la caduta del muro di Berlino, in un enorme 'paravento', dietro il quale celare le ambizioni di dominio planetario di un occidente di fatto appiattito su una proiezione esasperata della politica estera degli Stati Uniti. Siamo cioè ancora fermi alla questione della democrazia da esportare con la forza, tramite la Nato. Una teoria che non ha fatto altro che 'incubare', in questi anni, le terrificanti conseguenze di cui, oggi, siamo spettatori e vittime. Se si fosse evitato di disegnare uno scenario da 'scontro di civiltà', non soltanto i Paesi del Medio Oriente si sarebbero risparmiati milioni di vittime, ma quell'area del mondo non sarebbe finita totalmente fuori controllo. Oltre a ciò, alcune responsabilità 'indirette' della strage di Parigi dovrebbero essere addebitate a personaggi irresponsabili, quali Marine Le Pen in Francia e Matteo Salvini in Italia. Esponenti politici i quali, unitamente ad altre formazioni dell'ultradestra recentemente riapparse in Europa, se ne 'fregano' di andare a rilevare le cause della sensazione di isolamento e di ghettizzazione dei giovani musulmani delle periferie cittadine, che utilizzano la xenofobia e l'ostilità verso gli immigrati per seminare diffidenza e odio sociale nei confronti di una mano d'opera a basso costo che, invece, risulterà fondamentale nel contrastare i complessi scenari occupazionali previsti da qui al 2030. Tutta gente che semina 'vento' per costringerci a raccogliere 'tempeste', che fa politica senza mai leggere niente, senza documentarsi su nulla, che elenca numeri e statistiche assolutamente marginali, rifiutandosi di analizzare le vere movenze di fondo della società o la direzione stessa dello sviluppo tecnologico in atto. Un processo, quest'ultimo, che ci sta portando verso la complessa questione della 'robottizzazione' del lavoro, prevista già per i prossimi decenni. Problematiche che pongono, a loro volta, il complesso tema della nascita di nuove professioni e di un progetto alternativo di società. Quello dell'ultradestra, insomma, è un populismo vergognoso, teso a creare un clima di perenne scontro sociale: l'identità dei popoli non è affatto minacciata dall'organizzazione multiculturale delle società multietniche. Al contrario, esse consentono agli immigrati di conservare quelle tradizioni che, non contrastando con le leggi vigenti nei Paesi in cui si stabiliscono, riducono di molto ogni rischio di 'alienazione' in grado di colpire le generazioni più giovani inducendole a comportamenti 'ribellisti' o violenti. Ma se anche l'idea di fondo di questa ultradestra fosse veramente una visione ben regolamentata dei fenomeni migratori, al netto di ogni distorsione strumentale, quel che proprio non si riesce a far comprendere è che tale concezione, basata su una vera e propria 'demagogia della paura', non sia affatto catalogabile come una 'ordinata integrazione', bensì in quanto 'sostanziale assimilazione' ai feticci più ipocriti, ambigui e di sfruttamento delle società di massa, giungendo al paradosso sociale di istigare intere schiere di giovani, figli di immigrati di prima o seconda generazione, al contrasto violento nei confronti dei flussi in entrata più recenti. Marine Le Pen e Matteo Salvini sanno benissimo come dietro alle proprie fumose demagogie si celi, in realtà, una tematica per loro assai scomoda: quella della 'sostituzione' delle popolazioni. L'età media degli europei si è ormai alzata da tempo. E le vecchie tradizioni nazionali e identitarie si stanno estinguendo. Si va profilando, dunque, il crollo definitivo della società 'monoetnica', che tende a espellere dalla Storia proprio le culture popolari e considera il laicismo una sorta di ideologia 'radical chic' da contrapporre alla Chiesa. Ma anche in questo caso siamo di fronte a un autentico 'abbaglio': tenuto conto delle previsioni di sviluppo del mercato del lavoro europeo previsto per i prossimi decenni, il principio di accoglienza, per quanto non incondizionata, rappresenta uno dei punti di maggior convergenza tra laicità e cultura cattolica, non di contrapposizione o confronto. Il vero problema, invece, è proprio l'esistenza, in molti ambienti politici, culturali e dell'informazione, di una torma di analfabeti agitatori di spauracchi, incapaci di comprendere come uno dei massimi obiettivi di una moderna concezione della laicità sia proprio quello di favorire il dispiegamento definitivo di una piena libertà religiosa in quanto principio universale fondamentale. Pur prendendo le distanze dalle religioni, infatti, la cultura laica è lealmente impegnata sul fronte della libertà di culto come diritto inalienabile di ogni singolo individuo. Una laicità che non solo è destinata a vincere questa 'partita', ma che dimostrerà in misura schiacciante la totale inconsistenza di un populismo 'patrimoniale' e 'privatista' completamente privo di orizzonti culturali.