Napoli non è solo anarchia, ma un’umanità di persone che parla al bar come se si conoscesse da sempre o sopra gli autobus durante tragitti lenti e infiniti. Napoli è comunicazione, farneticazione, pazzìa, sole, mare e simpatia. Tante persone si discostano dai napoletani come fossero un genere a parte, una specie diversa. Sì, perché a Napoli non si conosce la solitudine: le porte dei ‘bassi’ nei vicoli si lasciano aperte e la gente passa il tempo a chiacchierare tra mille caffè. Napoli è una di quella poche metropoli in cui si lascia la mancia al cameriere. E il napoletano è un folle generoso e incosciente, che a volte travalica nell’anarchia, spesso nel sopruso verso gli altri. Questo il giudizio che viene trasmesso dai media: il napoletano è simpatico, ma poco serio, fantasioso e intelligente, ma a tratti imbroglione. Questo genere di discriminazione, questa ‘anti-napoletanità’ latente, si respira già nella vicina Salerno, o negli appartamenti degli studenti ‘fuori sede’, in cui tutti dichiarano di provenire da una della metropoli più ricche di Storia, fascino e folclore, ma poi, di fronte a fatti come quelli dell’immondizia, subito la rinnegano, confessando di provenire da una provincia assai più pulita. “Napoli è una ‘carta sporca’ di cui a nessuno gliene importa” scrisse una volta il ‘grande’ Pino Daniele. Quando succede qualcosa, a Napoli fa sempre notizia. Perché è Napoli a fare notizia. Lo scorso primo di ottobre, durante il vertice Bce a Capodimonte, tanto per cambiare ha fatto notizia la città, non la manifestazione. A Napoli, il corteo contro la Bce a un certo punto è diventata una festa, un’occasione di aggregazione, una prova di solidarietà collettiva contro chi ha fallito clamorosamente la propria politica economica. Qui non si parla di poveri, ma di gente comune che ormai non ne può più e che, pure, ha avuto la forza di ironizzare con striscioni folcloristici, con umorismo, ma anche tanta rabbia, verso tutto ciò che non condivide da tempo. La polizia è intervenuta con idranti e lacrimogeni e, a un certo punto, un anziano si è avvicinato ai poliziotti, spiegando loro che il corteo aveva intenzioni pacifiche e che i cittadini non stavano facendo niente di male. Qualcuno ha esagerato con qualche scritta sulle vetrine dei negozi, ma il corteo, accompagnato dalle canzoni dei 99 Posse, è stato applaudito da tutte le persone affacciate ai balconi e dagli stessi negozianti. Non stiamo parlando della Napoli a cui i media fanno spesso riferimento, quella che ignora e soffre in silenzio, rassegnata e autodistruttiva verso se stessa, ma della Napoli ‘perbene’, consapevole e matura, che si ribella come accadde nel 1943 durante le sue gloriose ‘4 giornate’. Una Napoli che non approva più una condizione che non la tutela, oltre a non tutelare il resto del Paese. Napoli non dimentica, non lo sa fare. Il corteo ha voluto ricordare anche Davide Bifolco, il ragazzo di 16 anni fermato insieme ad altre due persone su un motorino e ucciso dai carabinieri. Un colpo che sarebbe stato esploso involontariamente, freddando il ragazzo. Napoli è questa, volenti o nolenti: persone che non dimenticano nemmeno gli scugnizzi, anche se ribelli, morti per una ‘cavolata’. Napoli è una grande madre che proprio non riesce a non perdonare i suoi figli, anche quelli meno vicini ai suoi insegnamenti, quelli della Napoli ‘antica’, in cui il sole splendeva tutti i giorni e tutti si aiutavano gli uni con gli altri, poiché già allora lo Stato mancava.