Fascisti – antifascisti, comunisti - anticomunisti, sono contrapposizioni attuali nella vita politica? Certamente no.
Il maggioritario divide, tanto che si è soliti dire: "O si sta di qua o si sta di là”. Ma
rispetto a cosa? Certo non al fascismo o al comunismo. E nemmeno, verrebbe da dire, rispetto alla visione laica o cattolica della vita, tanto che
laici e cattolici sono presenti nell'uno e nell'altro schieramento.
Ma non è così. Tanto è vero che i partiti cattolici abbondano nell’uno e nell’altro schieramento, mentre
i laici vi partecipano a titolo individuale, collocati in altri partiti con un ruolo ornamentale, come gli indipendenti di sinistra nel vecchio PCI.
Di chi è la colpa?
Principalmente dei laici stessi, che non hanno avuto la capacità, la voglia e la volontà di
sapersi associare e hanno praticato
l'individualismo, che è una
teoria morale e sociale, come una caricatura da avanspettacolo.
In Italia è quindi aperta una
"questione laica” che si manifesta in modo
eclatante e dirompente innanzi a scelte di natura etica, quali per esempio
la fecondazione assistita, l’eutanasia, l’abbreviazione dei tempi per il divorzio, ma si manifesta ancor più nascostamente, ma puntualmente, ogni giorno
innanzi a tutte le scelte di governo, siano esse di politica economica, giudiziaria, o sociale.
Oggi, dopo le elezioni europee, è chiaro a tutti che
c’è un “popolo” laico che ha un comune sentire, che ha coscienza di sé e delle proprie capacità di governo, che è orfano di rappresentanza e che chiede di trovarla.
Le categorie della politica laica: liberali, repubblicani, socialisti, socialdemocratici, radicali, sono un po’ come i soprammobili del salotto di nonna Speranza: delle buone cose di un epoca passata.
Dividersi oggi in base ai diversi filoni delle proprie origini risorgimentali, invece di unirsi, consci che la cultura laica è l’unica in grado di governare la modernità, appare agli occhi degli osservatori disincantati come
una ridicola disputa tra monarchici sabaudi o borbonici.
Diciamocelo senza sottovalutazioni, il campo su cui si gioca la battaglia, come insegna Gobetti, è quello sul quale, dal Risorgimento in poi,
abbiamo sempre perso: saper
uscire dall'individualismo narcisistico e far diventare le nostre scelte
quelle di una comunità politica.
Ma non è più il tempo di
navigazioni solitarie, il vento è forte e, una volta tanto,
a nostro favore. Ora, più che scegliere il comandante, serve
un equipaggio unito e solidale.