Francamente non si capisce tutta questa voglia di
autodefinirsi centrodestra che, da sempre, pervade la
Casa delle Libertà.
Non si capisce, perché il sistema politico si è
de-ideologizzato e de-radicalizzato, tanto che destra e sinistra, che di significato non ne hanno avuto mai molto,
oggi non ne hanno alcuno.
Già nella fine dell’ottocento alcune autorevoli voci ammonivano che si trattava di
concetti ormai superati. A maggior ragione adesso, in questa presunta seconda Repubblica in cui i partiti hanno reciso definitivamente i rami con i loro antenati, cioè i partiti nati dalla resistenza,
la classificazione: sinistra uguale progresso, destra uguale conservazione, appare assolutamente
inadeguata a gettare luce sulla realtà politica italiana.
Del resto già fin dalle origini la confusione concettuale ha fatto da padrona. Basterà notare la coincidenza sostanziale tra il pensiero di
Bakunin: “l’individualità e la libertà sono solo un prodotto della collettività” e quello di
Hitler che sosteneva:
“Il bene comune viene prima del bene privato”.
Per i
liberali invece è
l’esatto opposto: i diritti individuali non esprimono una concezione egotista ma costituiscono i presupposti della cooperazione sociale.
La linea di demarcazione tra due
"blocchi politici", oggi ancor più di ieri, è
tra chi crede nei diritti individuali collegati con il libero mercato in una società aperta e chi invece crede nel primato degli interessi pubblici di gruppo e della mano pubblica.
Volendo poi approfondire
il contenuto della politica che in Italia realizzò
la destra storica nel breve periodo di governo, cui fece seguito grazie al trasformismo quello della
sinistra storica, non si vede relazione alcuna
né con il conservatorismo né con la politica che sta realizzando il governo Berlusconi.
Giolitti dette al proletariato, che allora era una categoria nascente, debole e sfruttata, libertà di organizzazione ed aumenti di salario. Ma non solo,
la destra storica dette il via alla costruzione della rete ferroviaria cioè dell’elemento basilare per
unificare socialmente il Paese, espropriò i
beni ecclesiastici sopportando le invettive e la scomunica del Vaticano,
nazionalizzò le ferrovie e le assicurazioni sulla vita.
Di più, tra il 1861 ed 1876 la destra ottenne
il pareggio del bilancio statale aumentando in modo vertiginoso l’imposta fondiaria che rappresentò il 52% di tutte le entrate.
Così come le leggi più democratiche in America furono votate dagli uomini che
ne rimanevano più danneggiati, così la vecchia
destra storica liberale, che viveva in una atmosfera molto austera e severa, culturalmente molto preparata ed esigente, con la coscienza che
gli interessi generali devono essere superiori agli interessi personali, non esitò a
tassare ferocemente il gruppo sociale che le assicurava il consenso.
Altro che
rogatorie, altro che
Cirami, altro che
Gasparri.