11 settembre 2001: dopo anni di silenzio giornalistico, Oriana Fallaci torna a scrivere. Dal suo appartamento pieno di libri, fotografie e sigarette sulla 61esima strada a New York, la giornalista fiorentina visse in prima persone quelle ore che sconvolsero il mondo e cambiarono il corso della Storia (e non abbiamo paura che suoni retorica questa affermazione, poiché tutti, ancora oggi, paghiamo nella nostra mente e nel nostro cuore il dazio di quella strage) e decise di raccontarle, come sempre alla sua maniera. Da quel calderone di passioni e pulsioni, di sgomento e rabbia, che solo una penna straordinaria come la Fallaci sarebbe stata in grado di rovesciare su carta, nacque un lunghissimo articolo, quasi un libro pubblicato su un giornale: ‘La rabbia e l’orgoglio’, anticipato dalle pagine del Corriere della Sera il 29 settembre di quell’anno maledetto. Nonostante le quasi nove colonne di pensieri vorticosi, lo spazio non risultò sufficiente per contenere un fiume che stava forzatamente negli argini da troppo tempo. ‘La rabbia e l’orgoglio’ divenne un libro che raggiunse il milione di copie in pochissimo tempo e, come era intuibile succedesse quando una come Oriana Fallaci decide di parlare, destò anche forti polemiche, spaccando a metà il nostro Paese. Perché? Perché ‘La rabbia e l’orgoglio’ è un ‘cazzotto’ diretto allo stomaco, al ventre molle della nostra coscienza, sferrato da chi sapeva perfettamente chi sono gli italiani e quanto profonde siano l’apatia e l’ignavia di un popolo che si crede grande e che grande in realtà non lo è più da moltissimo tempo. Oriana Fallaci lo disse senza peli sulla lingua e senza troppi complimenti. Ce lo gettò in faccia con rabbia e, forse, con quel pizzico di rassegnazione che ha chi sa che le sue parole saranno contestate e non ascoltate. Un sermone, per l’occidente e per il nostro Paese: quando il professor Howard Gotlieb della Boston University le chiese di definire il suo ultimo lavoro, la Fallaci rispose: “Define it a sermon”. Non ha senso essere ‘teneri’, non ha senso far finta che una parola dolce o un incoraggiamento possano aiutare ad andare avanti. L’occidente si è adagiato sugli allori di una sua presunta superiorità morale e culturale e, come sempre, quando ci si adagia, qualcuno è pronto ad approfittarne per accoltellarti alle spalle. La descrizione di quella mattina non è nelle immagini delle torri che crollano, degli uomini che si sono gettati nel vuoto, nello sdegno e nel cordoglio successivo: il vero 11 settembre si trova in quel cratere che è dentro chiunque abbia visto quell’inferno. Non si può negare che Oriana Fallaci fosse un carattere forte, in alcuni casi estremo, che si scagliava contro chi riteneva colpevole come un martello sull’incudine del fabbro, forte e decisa, implacabile nei giudizi e nelle sue analisi. Come sempre, nel nostro Paese ci furono infinite polemiche contro l’articolo e il suo autore, che per amore di brevità riassumiamo nell’espressione “vecchia cornacchia”, spinta da un odio profondo e venato di femminismo integralista verso il mondo islamico. Forse è così. Ma le esperienze vissute come corrispondente de ‘l’Europeo’ e le interviste realizzate a famosi esponenti del mondo arabo (indimenticabile quella con Yasser Arafat), non sono derivate da un’avversione cieca e irrazionale: per dirla in modo semplice e immediato, si trattava di una persona che aveva fatto ‘due più due’ e ha detto al mondo che il risultato era ‘quattro’. Molti di noi hanno letto ‘La rabbia e l’orgoglio’ quando ancora frequentavano le medie inferiori. Ovviamente, comprendemmo poco o nulla delle accuse che la Fallaci rigettava addosso all’occidente e all’Italia in particolare, perché eravamo bambini, non del tutto interessati a quello che accadeva nel mondo. Le immagini del crollo delle Torri Gemelle ci avevano sconvolto, come credo sia successo a tutte le persone con un cuore sano. Ma percepimmo quell’evento come un qualcosa di distante. Ma ricordiamo bene il calore e la sincerità di ogni parola che quel sermone racchiudeva, che chiunque sarebbe stato in grado di comprendere, anche un bambino. Rilette oggi, quel libro e quelle parole provocano in noi ancora più rabbia, feroce, totale, attuale. L’orrore che provammo l’11 settembre lo proviamo ancora oggi: la rabbia nel vedere le immagini delle decapitazioni dei giornalisti americani James Foley e Steven Sotloff e del turista francese Hervè Gourdel, tanto per sottolineare che la jihad non guarda chi sei, da dove vieni e che lavoro fai. L’avanzata dell’Isis è inesorabile, sia nelle zone dove il califfato estremista sta lentamente conquistando e convertendo all’integralismo del Shari’a, ma anche nei nostri stessi Paesi, dove l’infiltrazione di cellule terroristiche si fa sempre più radicata. A pensarci bene, sembra proprio che da quell’11 settembre di tredici anni fa nulla sia cambiato. Ripensiamo così a Oriana Fallaci, alla ‘Rabbia e l’orgoglio’ e ci viene in mente il detto: “Nemo profeta in patria est”. Non potremo mai dire che qualcuno non ci avesse avvertiti sul reale pericolo che correvamo, che sarebbero cambiati gli obiettivi e i mezzi, che Bin Laden sarebbe diventato solo un nome da ricordare con terrore oggi sostituito da Abu Bakr al-Baghdadi. Qualcuno ci aveva detto che il fondamentalismo islamico era il pericolo vero per l’occidente, un nemico che non si accontenta del dito e nemmeno del braccio: vuole tutto. Lo sapeva lei, che aveva visto la guerra da vicino, che ne aveva intervistato i protagonisti e messo a nudo difetti e vizi: “Questa non sarà una guerra come un altra, non sarà come il Vietnam, nemmeno come la Guerra del Golfo”. Lo aveva ripetuto in ogni modo, sgolandosi con quella voce che le inseparabili sigarette avevano reso ormai roca. Ora che stiamo ufficialmente vivendo la guerra del Terrore arabo (chissà se arriveranno a chiamarla “Terza guerra mondiale”, come ha già fatto l’attuale pontefice) possiamo dire che, fino a questo momento, la rabbia e l’orgoglio non sono stati sufficienti a renderci consapevoli del pericolo che corriamo.
Oriana Fallaci
‘La rabbia e l’orgoglio’ (con prefazione di Ferruccio de Bortoli)
Edizioni BUR
ISBN 978-88-17-03560-6
Prezzo: €10.00