Giorgio MorinoCi sono leggende che creano la Storia. A volte, però, è la Storia stessa che viene plasmata e reinterpretata, coperta dalla polvere dei secoli e dell’opportunismo politico, fino a diventare una leggenda. Al museo dell’Ara Pacis di Roma, dal 25 aprile al 7 settembre 2014, una mostra intitolata ‘L’arte del comando: l’eredità di Augusto’ cerca di far rivivere e di raccontare la più grande Storia che sia mai diventata leggenda: quella di Caio Cesare Ottaviano, princeps Augustus. La propaganda, la necessità di giustificare il proprio potere in una società e di fronte a una intera popolazione è una caratteristica che travalica le civiltà e i secoli: un’opera di persuasione che si è evoluta, è diventata più sofisticata e meno legata a miti, credenze e leggende. Sicuramente, la Roma imperale è stata una vera fonte di ispirazione per tutti i re e imperatori che hanno dovuto giustificare, in qualche modo, i loro regni e il loro diritto a governarli. Per un moderno osservatore, la base stessa di questi metodi di ‘canalizzazione’ del consenso potrebbe risultare fantasioso, divertente, in alcuni casi addirittura ridicolo. Bisogna, tuttavia, ricordarsi sempre che ciò che vale per noi oggi non era scontato in passato, in periodi in cui i segni, la gestualità e i racconti avevano un valore. E la gente credeva davvero. Augusto sapeva bene tutto questo: sapeva che il suo dominio personale sull’impero poteva essere mantenuto solo a determinate condizioni. La perizia che dimostrò nel portare a termine questa colossale impresa di organizzazione del consenso si articolò su più livelli, passando dalla letteratura all’architettura: ogni cosa, nella nuova Roma, capitale dell’Impero, avrebbe dovuto raccontare la discendenza divina del nuovo princeps e del suo genitore adottivo, Giulio Cesare: una discendenza divina che risaliva alla guerra di Troia, all’esule Enea figlio di Venere e colonizzatore del Lazio. Sotto questa lente di osservazione, ‘L’Eneide’ di Virgilio rappresenta il massimo elogio alla dinastia di Augusto: la gens Iulia. Una pratica, quella di raccontare la discendenza divina di una famiglia reale, che è sopravvissuta per molti secoli e sempre riposta con grande successo. Curioso, ma fino a un certo punto, che l’esposizione sui metodi di propaganda di Augusto si svolga proprio all’Ara Pacis, il massimo esempio di propaganda e di autocelebrazione che l’Imperatore fece erigere: un monumento alla sua vita e ai suoi successi. Il percorso della mostra non si ferma semplicemente ad analizzare la propaganda augusta nell’antica Roma, ma analizza, attraverso le opere d’arte e altre testimonianze, come questa pratica sia stata usata anche da personaggi come Carlo Magno, Federico II di Svevia, passando da Carlo V al ‘Re Sole’, Luigi XIV, fino ad arrivare ai regimi totalitari del XX secolo e all’esperienza fascista in Italia. Quest’ultimo passaggio, in particolare, consente di comprendere al meglio alcuni punti del nostro recente passato. Il nostro Paese, alla fine della prima guerra mondiale, era riuscito a sedersi al tavolo delle trattative di Versailles tra le potenze vincitrici, sperando di poter così ottenere quei territori che ancora mancavano al completamento dell’unificazione nazionale, secondo il progetto risorgimentale. Nonostante gli accordi presi prima del conflitto, l’Italia vide disattese le proprie aspettative. L’onda lunga del malcontento popolare fu solo una delle cause che portò alla nascita del movimento fascista: non si trattava di una forza politica forte (sarebbe diventata Partito solo nel 1920), ma la componente ideologica era già molto radicata e precisa nella mente del futuro Duce, che una volta salito al potere cercò di plasmare la realtà alla propria visione, in cui il culto della potenza dell’Impero romano e la romanità, intesa come potenza giovane e conquistatrice, avrebbe portato l’Italia a superare i confini che le altre nazione avevano imposto con la pace. Non è un caso che le stesse politiche propagandistiche usate da Augusto quasi mille anni prima venissero riproposte quasi nello stesso modo, ‘sacralizzando’ il regime e il suo leader come eredi della Storia, dei valori e della potenza dell’antichità classica. Un disegno che vide la sua massima espressione in due enormi opere pubbliche dalla forte significato propagandistico: la costruzione di Via dei Fori Imperiali (allora Via dell’Impero), con il preciso scopo di creare un ‘ponte’ tra il Colosseo e l’Altare della Patria, tra il passato glorioso e il nuovo ordine. A questo si deve aggiungere la progettazione e costruzione di un intero quartiere, l’EUR42 (acronimo di Esposizione Universale Roma - 1942), riproponendo in chiave moderna le architetture e le forme geometriche degli edifici dell’antichità. L’idea era quella di creare un filo diretto con il passato: in fin dei conti, perché non avrebbe dovuto funzionare ancora ciò che aveva funzionato bene per più di un millennio? La forza di un idea è stata sempre in grado di fare fortissima presa sulla massa, oggi come allora. Il carisma personale è solo una parte dell’equazione: organizzare il consenso è tutto.


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