Civis romanus sum. Questa locuzione latina era il massimo riconoscimento civile che duemila anni fa un uomo potesse ostentare. Il riconoscimento di uno status che comportava diritti, doveri e l’apparenza all’impero più grande che la storia ricordi. Oggi, forse si tratta di parole che non hanno più significato, in una città lasciata a se stessa, sempre più selvatica e sempre meno vivibile. Soprattutto, sempre meno identificabile come capitale di uno Stato europeo. Inutile girarci intorno: Roma non è quella che il mondo ha visto ne ‘La grande bellezza’. Il film di Sorrentino, che ha riportato in Italia il premio Oscar, ha tra i suoi più grandi pregi quello di regalare agli spettatori dei panorami e degli scorci della città eterna che forse quasi nessuno è mai riuscito a cogliere. Questo perché la città, durante il giorno, è vittima di un’invasione simile a quelle barbariche del IV secolo, i cui protagonisti sono venditori ambulanti e abusivi, lavavetri a ogni semaforo, immondizia che non viene raccolta con regolarità e che finisce per accumularsi ai lati delle strade. Oltre a tutto questo, va segnalato anche l’ottimo lavoro che è stato fatto in alcune zone della città, trasformate in mercati all’aperto, ovviamente abusivi, che danno ai quartieri della capitale d’Italia quella meravigliosa atmosfera da suq arabo, così presente da potersi quasi considerare caratteristica. La recente canonizzazione di due papi, Giovanni XXII e Giovanni Paolo II, in piazza San Pietro è stata l’occasione per evidenziare le evidenti difficoltà di una metropoli che sembra incapace di mettersi di fronte ai propri problemi, anche quando questi ultimi le vengono sbattuti in faccia con tale prepotenza da non poter essere ignorati: in un lungo articolo pubblicato su ‘Der Spiegel’, uno dei settimanali più importanti d’Europa, viene ricostruita la cronaca della giornata di canonizzazione con tanto di descrizioni dei luoghi e dell’incuria cittadina da far rabbrividire anche il lettore più distratto, portandosi a chiedere se si stia parlando di una città europea, di una baraccopoli indiana o brasiliana. L’Europa è lontana anni luce. Questo non vuol dire che le altre città europee non abbiano i loro problemi e che questi siano più o meno gravi, ma che quello che poteva essere un campanello d’allarme per la nostra capitale adesso è diventato un vero e proprio allarme che deve essere ascoltato. Il settimanale tedesco, tuttavia, non è l’unico a essersi accorto che le cose a Roma stanno peggiorando: dal 2008 è online il blog ‘Roma fa schifo’ il quale, tramite contributi fotografici e multimediali di gente comune, cerca di porre all’attenzione generale le forti carenze quotidiane della città, sia nelle zone centrali, sia nelle periferie. Dalla raccolta dei rifiuti talmente efficiente da aver fatto delle strade una discarica, alle vie dissestate che sembrano assomigliare a forme di groviera; dall’incapacità e indifferenza delle forze dell’ordine, all’abusivismo selvaggio in ogni sua possibile declinazione (da venditori di souvenir presenti in ogni dove, agli zingari che hanno costruito le loro case di lamiera sotto i ponti dell’Eur). Non c’è da stupirsi di fronte a queste immagini, così incredibili da sembrare fotomontaggi. Si tratta solo della testimonianza dell’apatia generale e dell’assoluta mancanza di senso civico, oramai un sorta di abitudine. Il debito della capitale è di circa 12 miliardi di euro. Una parte di questa colossale buco nero risale addirittura all’allestimento delle Olimpiadi che si sono tenute a Roma nel 1960. E le proiezioni economiche non fanno certo sperare per il meglio, neanche dopo l’approvazione dell’ormai famigerato decreto ‘salva-Roma’ (da poco votato e diventato quindi legge) che dovrebbe portare a un ingente iniezione di liquidità nelle casse del Comune. Il problema in realtà è a monte, è strutturale e, come detto, risiede nella totale apatia di fronte agli scempi cui è sottoposta la città e nella criminalità organizzata che toglie risorse e fondi preziosi derivanti dal turismo. Forse, prima dei fondi, delle manovre politiche e della possibilità di vendere le proprietà del Comune occorrerebbe ricordarsi di quelle tre parole che abbiamo citato all’inizio: pensare a tutto quello che abbiamo e del dovere che abbiamo di preservarlo e valorizzarlo. Non è retorica: è senso civico.