Noi laici non siamo mai stati favorevoli a una sconfitta delle destre e dei ceti conservatori per mano della magistratura, poiché siamo garantisti per retaggio culturale e filosofico. Tuttavia, conosciamo anche i reali motivi che mossero, a suo tempo, molti magistrati a lanciare una vera e propria offensiva contro un mondo politico italiano vergognosamente deludente. Il punto di ‘rottura’, che portò la magistratura a concentrare la propria attenzione sul mondo della politica italiana, furono i delitti e le stragi di mafia che insanguinarono il nostro Paese: quelle di Falcone e Borsellino, ma anche i precedenti omicidi di Carlo Alberto Dalla Chiesa, Rosario Livatino e molti altri leali servitori dello Stato, lasciati completamente a loro stessi nel combattere la criminalità organizzata, la corruzione, il mal costume politico-affaristico imperante. Per non parlare dell’enorme sacrificio di uomini dei Carabinieri e delle altre forze di Polizia. Fu allora che venne deciso di materializzare, in qualche modo, la profezia di Pier Paolo Pasolini: quella di mettere in atto una serie di grandiosi processi penali per cercare di porre sotto accusa un determinato modo, prevaricatorio e con scarso senso del limite, di gestire il potere. Intorno a ciò, la destra italiana non avrebbe mai dovuto farsi illusioni: ancora oggi siamo nel mezzo di una rappresaglia, vaticinata e prefigurata da tempo, che non si fermerà. Almeno sino a quando non verrà compresa appieno la grande ipocrisia collettiva di un potere dello Stato letteralmente abbandonato nella propria ‘trincea’ di guerra. Oggi risulta persino inutile versare lacrime amare, magari contando sulla smemoratezza storica di un popolo troppo impegnato a ‘barcamenarsi’ ogni giorno per riuscire a vivere dignitosamente. Noi rimaniamo dell’idea che non fosse questo il metodo più corretto per affrontare la situazione: la via migliore era quella di una vera e propria rivoluzione culturale, etica, intellettuale e morale. Una rivoluzione pacifica, da attuare attraverso una serie di riforme istituzionali e strutturali di alto profilo, secondo un preciso progetto di modernizzazione della società. Ma questo nuovo disegno non è stato mai delineato, né perseguito, da nessuno: questa è la grande responsabilità della classe politica, sia della prima, sia della seconda Repubblica. Ripetiamo e ribadiamo: siamo fermamente contrari all’uso di un potere dello Stato contro gli altri due, poiché la via d’uscita, per l’Italia, doveva essere l’avvio di un grande processo politico di riforme. Lo stesso Berlusconi, a suo tempo, annunciò la propria ‘discesa in campo’ facendo riferimento a una “rivoluzione liberale”. Bene, perfetto: che ne è stato di quel progetto? Perché non si è minimamente concretizzato? E il “nuovo miracolo italiano”? I milioni di posti di lavoro? Dove sono finite le molteplici ‘buone intenzioni’ di quest’ultimo ventennio? Ve lo diciamo noi: hanno condotto il Paese verso un inferno ancora peggiore del precedente, cronicizzando ogni problema. Se le cose non cambieranno radicalmente - e sottolineiamo quest’ultimo avverbio sia nella sua valenza letterale, sia in quella più propriamente politica - allora la ‘guerra’ continuerà, senza esclusione di colpi. In molti continueremo a non condividere questo modo di combattere l’arroganza, i deliri di onnipotenza, il plebiscitarismo astratto di determinati esponenti politici. Ma quando sarà necessario, comprenderemo bene per quale motivo certe vicende, politiche e personali, a un certo punto volgano al termine, dopo aver alimentato suggestive illusioni e grandi speranze. Regolarmente deluse.