Dal Giappone passando per la Finlandia e arrivando fino in Inghilterra, team diversi per un’unica causa: dimostrare gli effetti curativi che si possono ottenere dalla composizione delle 7 note sul pentagramma. La nostra mente e i nostri sentimenti sono infatti condizionati dalla musica che ascoltiamo: lo rivela uno studio scientifico condotto dalla Tokyo University of the Arts, affiancati da un gruppo di esperti del Riken Brain Science Institute. Secondo la ricerca giapponese, ascoltare qualsiasi genere di musica può provocare, nell’ascoltatore, sentimenti diversi e contraddittori. Il professor Ai Kawakami - colui che ha presieduto l’intera ricerca - sostiene che, grazie alla musica, prevalgono principalmente gli stati emotivi attuali ed essi possono innescare sia sentimenti di felicità, sia di malinconia o tristezza. Per ottenere i risultati voluti, il team giapponese ha reclutato circa 44 volontari di entrambi i sessi, sia esperti di musica, sia persone comuni. Nel corso del test è stato chiesto a tutti i presenti di mettere in evidenza le parole più importanti sentite nelle canzoni proposte ed esprimere le loro emozioni attraverso esse. I brani proposti (da ‘La separazione’ in Fa minore di Glinka e l’Etude a ‘Il concerto in Sol Maggiore’ di Granados) sono stati fatti suonare dagli esperti in due diverse modalità: prima in una scala maggiore, così da risultare più allegro, in seguito in una scala minore, così da emettere note più cupe. I risultati ottenuti sono stati pubblicati sulla rivista scientifica belga Frontiers in Psychology nella quale viene emesso come ‘verdetto’ finale che la musica triste è in grado di evocare nell’essere umano passioni contraddittorie, che oscillano tra il romanticismo e la tragicità. La musica, dunque, si differenza da orecchio a orecchio, ma che essa è amata e seguita da tutti non è, di certo, materia di studio. L’amore che viene espresso per la combinazione uscente dalle sette note ha come risultato diverse funzioni per la persona. L’analisi condotta da Suvi Saarikallio e Jaakko Erkkilä della University of Jivä Skylä in Finlandia, basandosi sull’osservazione del comportamento di un gruppo di adolescenti, quindi del ruolo della musica nella fascia d’età dai 13 ai 18 anni, rivela che vi sono ben 7 modi differenti per classificare una melodia, a seconda delle reazioni che comunica:
a) rivitalizzante: ovvero essa può svolgere una funzione curativa pari a quella di un sonnifero per la sera o del caffè la mattina;
b) intrattenimento: mentre si studia, si lavora, si è in viaggio, essa può essere una buona compagna a tutte le ore del giorno, poiché è sempre ‘reperibile’ e non va mai in ferie;
c) conforto: la prima ‘voce amica’ che si trova quando si perde qualcuno o qualcosa;
d) diversivo: allontana dalla nostra mente pensieri spiacevoli ed è un’ottima medicina per combattere la noia;
e) lavoro mentale: aiuta le nostre sinapsi a rimanere in allentamento e promuove il sogno a occhi aperti;
f) scarico: depura il nostro organismo dallo stress e dalle ansie, effetto pari a quello della tisana prima di andare a dormire;
g) crea forti sensazioni: esprime la nostra vita.
I risultati ottenuti dai due studiosi finlandesi confermano le teorie giapponesi riguardo il rapporto uomo-musica: il pregio principale da attribuire alle melodie è di creare degli stati emotivi riflettenti, i quali permettono una maggiore comprensione dei nostri impulsi e un successivo e approfondito ragionamento su di essi. Infatti, i due studiosi sostengonoche lo scopo della ricerca è quello di teorizzare il compito benefico e curativo delle canzoni, dato che esse riescono a modificare l’umore in ragazzi che sono famosi per le loro passeggere depressioni e le loro gioie eccessive.
Perché amiamo la musicaNel 2010, Adam J. Lonsdale e Adrian C. North hanno pubblicato un libro riguardante la psicologia nel quale, insieme ad altri concetti, hanno analizzato il perché l’uomo ha questa propensione ad amare la musica nei suoi differenti motivi o generi. Sebbene anche loro abbiano sostenuto che la musica influisca sul nostro umore modificandolo, hanno voluto rispondere alla domanda: “Come mai non vi è nessuno che odi la musica”? Per ottenere delle risposte soddisfacenti, i due inglesi hanno voluto rivolgere il quesito a 300 giovani. Numerose e articolate sono state le risposte, ma alla fine dell’inchiesta i motivi sono stata sintetizzati a 6 categorie:
1. la musica sa gestire il buon umore: è stata la risposta più gettonata dagli intervistati. La musica rende fiduciosi nei confronti della vita. È ancora qualcosa che non ha conosciuto la corruzione, il male e, nello stesso tempo, riesce a far divertire e a rilassare;
2. è un diversivo: fondamentalmente, questo punto è stato ripreso dalla ricerca condotta dai due psicologi finlandesi di cui abbia parlato all’inizio della presente indagine;
3. è capace di controllare il cattivo umore: è un momento di catarsi, di purificazione dai dolori e dalle ansie della vita, ci aiuta a capire che non siamo gli unici a provare certi stati d’animo, quindi ci conforta e ci spinge a continuare giorno per giorno;
4. crea rapporti interpersonali: ben prima di Facebook o Twitter, da sempre la musica riesce a unire le persone, a far nascere rapporti di amicizia o di amore, è qualcosa di sublime e per pochi intenditori;
5. aiuta a farci capire chi siamo: se nel periodo dell’adolescenza, a causa dei repentini cambiamenti fisici o emotivi, perdiamo di vista il nostro ‘Io’, la musica aiuta a tenere ben ferme le ‘briglie’ della nostra coscienza, regalandoci un punto di partenza dal quale far cominciare la vita futura;
6. infine, la musica agevola le conoscenze dell’altro e del mondo: i testi delle canzoni aiutano a conoscere il resto del mondo, a far viaggiare la fantasia in posti che probabilmente non si avrà mai tempo di vedere.