Clelia MoscarielloSi è tenuta di recente a Roma, presso il centro congressi Cavour, un’importante riunione dei liberali italiani. A tal proposito, abbiamo intervistato il presidente della Federazione dei liberali, Raffaello Morelli, per conoscerne sviluppi e propositi. Morelli ha espresso con molta chiarezza che “l'Italia ha bisogno della voce liberale, che negli altri principali Paesi d'Europa è presente”, poiché in Italia “politica, idee e progetti sono stati messi in cantina da oltre quindici anni”. A proposito del Governo Monti, Morelli ha inoltre affermato che “per invertire l'andamento economico italiano non si può partire dallo ‘pseudorigore tassaiolo’, ma solo dal decidersi ad affrontare il problema di una drastica riduzione del debito pubblico accumulato” e che “questo taglio si può ottenere solo attraverso consistenti cessioni di proprietà pubbliche e un’assai sostanziosa partecipazione del risparmio privato”. Infine, Morelli ha dichiarato con fermezza che i liberali non andranno assolutamente alla ricerca di alleanze che impediranno loro di raggiungere gli obiettivi prefissati.

Presidente Morelli, qual è il significato della riunione dei liberali italiani tenutasi a Roma?
“Proseguire nel cammino, iniziato molti mesi fa, per dar voce politica ai liberali. Questo cammino è iniziato a Roma, ha fatto tappa a Milano, Bologna, Napoli e, quest'anno, si è sviluppato tramite una piattaforma web, da noi fatta predisporre per consentire riunioni video e audio in tempo reale tra diverse decine di persone. Si è seguito sempre un  ragionamento costante, che il passare dei mesi ha irrobustito sempre più e che ha trovato ulteriore conferma nel nostro seminario del mese scorso di villa Necchi, a Milano. L'Italia ha bisogno della voce liberale, che negli altri principali Paesi d'Europa è presente. Una voce che  traduca in comportamenti privi di contraddizioni un concreto e coerente progetto politico imperniato sull'adeguare di continuo le regole civili alla vita reale, così da consentire il massimo esprimersi della libertà del cittadino. Intanto, con la partecipazione di moltissimi amici di tutta Italia ci siamo impegnati a  redigere questo progetto politico. E si è progressivamente arrivati al nostro documento: ‘I liberali, perché insieme e a quale scopo”, che il sito ‘laici.it’ ha già pubblicato e che, presto, sarà disponibile in e-book. Ora stiamo ‘sbozzando’ lo strumento operativo per  diffonderlo e sottoporlo ai cittadini nel 2013, cominciando dalla scelta del nome e del logo - di cui venerdì scorso abbiamo individuato la procedura - che, come si conviene a liberali non sedicenti tali, è aperta alla partecipazione di quanti condividono il documento”.

Dunque, avete intenzione di presentare una lista autonoma sia dal centrosinistra, sia dal centrodestra: non è un obiettivo alquanto ambizioso?
“Dipende dai punti di vista: per noi è cosa normale, anche se richiede impegno. Innanzitutto, va detto che questa idea del bipolarismo (quasi un bipartitismo) non era per niente quella originaria del 1993. L'avvio del superamento del proporzionalismo puro puntava a far compiere ai cittadini le grandi scelte e, per il resto, a far svolgere al parlamento il proprio ruolo rappresentativo nel redigere le leggi e nel formare e controllare l'esecutivo. Quindi, bipolare doveva essere solo il momento delle grandi scelte elettorali, in cui era necessario conoscere l'alternativa delle cose da fare. Poi, i cittadini avrebbero scelto quella maggioritaria al momento. Il che rappresentava una grande novità. Invece, soprattutto per la carenza politica della società civile (che si è agitata tanto senza preoccuparsi della coerenza dei comportamenti) e il conservatorismo effettivo dei Partiti (che cambiavano i nomi senza rinnovarsi nelle idee e nei progetti) si è aggravata la politica delle contrapposizioni di potere che c'era stata negli ultimi decenni. Prima, almeno alle origini, esisteva  una differente visione del mondo – improntata o meno alla libertà – che poteva dar motivo a divisioni rigide nel gestire il potere. Ma dalla metà degli anni novanta si è arrivati (e sempre più ci si è immersi) in esasperate contrapposizioni, con il solo obiettivo di conquistare il potere. Dicemmo fin da subito, inascoltati, quali conseguenze avrebbe avuto questo indirizzo. Ma il dibattito sulle idee e sui progetti è progressivamente sparito e sono rimasti alla ribalta solo il personalismo leaderistico  e dissimulati richiami al passato. In buona sostanza, nel nostro Paese politica, idee e progetti sono stati messi in cantina da oltre quindici anni. Il che ha portato l’Italia al declino, perché non è possibile governare senza mettere di continuo in campo idee e progetti legati ai problemi, sempre nuovi, del convivere tra individui diversi nel tempo che passa. Per parlare solo della legislatura che sta finendo, è senz'anima politica la maggioranza di centrodestra, la quale è risultata incapace di realizzare ogni singola cosa nonostante avesse avuto un forte margine di vantaggio. Ed è senza anima la minoranza di centrosinistra, che nonostante tutte le manovre vetero-parlamentari e giornalistiche è stata incapace di sfiduciare  Berlusconi e di preparare un'alternativa politica al suo Governo. Non a caso, il presidente della Repubblica, una volta che Berlusconi si è dimesso, ha fatto ricorso al ‘tecnici’ e il parlamento dei nominati ha approvato. I parlamentari, nati da pure diatribe di potere, non sapevano pensare da soli a progetti per affrontare i problemi del Paese. Ecco: dare voce politica ai liberali significa avere parlamentari con un progetto per l'Italia e comportamenti coerenti. Tutto ciò richiede chiarezza nei propositi e nelle azioni, qualità che non si sono ritrovate in nessuna delle due parti prevalenti e che non si possono ritrovare con semplici operazioni cosmetiche del cambio di nomi. In sostanza, è la differenza tra gli ‘esorcismi’ dei ‘maghi’ e degli ‘sciamani’ da una parte e la terapia faticosa, ma realistica, dei ‘medici’ dall'altra”.

Non rischiate, secondo le attuali logiche di sistema, di mettere in campo un'operazione di pura testimonianza?
“Potrebbe esserlo se noi volessimo concorrere alla politica di puro potere che ha portato l'Italia al grave declino attuale e a essere nel mirino dei mercati internazionali (i quali non complottano, esprimono valutazioni sullo stato di salute dei vari assetti economici). Ma noi non miriamo alla politica di puro potere. Come ho appena detto, il nostro primo obiettivo è quello di spezzare le attuali logiche del sistema che, tutti lo vedono, risultano esiziali per il Paese. Non è pensabile che si possa spezzarle stando in poltrona, pretendendo di avere la ‘pappa scodellata’, oppure facendo sceneggiate comiche, restando vuoti di idee e di progetti esattamente come la politica di potere. La capacità di rischiare è un fattore ineludibile della vita reale e dell'essere liberali, purché non si traduca in azzardo immotivato. E oggi è evidente, proprio per le condizioni in cui si trova il Paese, che non è un azzardo smetterla di considerare i liberali brutti e cattivi e voler dare voce politica a loro, ai loro progetti, ai loro comportamenti conseguenti. Che si sono dimostrati, dati alla mano, sempre lungimiranti. Il fatto stesso che si sia cominciato a costruire il progetto ‘Liberali, perché insieme e a quale scopo’ mette in circolo proposte alternative e radicali. Per esempio, almeno da quando il Governo Monti è nato, sosteniamo che per invertire l'andamento economico italiano si debba partire non dallo ‘pseudorigore tassaiolo’, ma solo dal decidersi ad affrontare il problema della drastica riduzione del debito pubblico accumulato. Perché questa riduzione, fatta in  modi e tempistiche liberali, consentirebbe di dare coerenza alla revisione e riduzione della spesa pubblica, di abbassare contestualmente  le aliquote fiscali di ogni tipo e, dunque, anche quelle sul lavoro. Vale a dire: permetterebbe l'operazione indispensabile per riavviare la crescita. Ora, questo drastico taglio del debito si può ottenere solo attraverso consistenti cessioni di proprietà pubbliche e un’assai sostanziosa partecipazione del risparmio privato (che del resto è, proporzionalmente, di gran lunga il maggiore del mondo occidentale) che forniscano, in tempi brevi, risorse fresche da destinarsi esclusivamente - sotto il controllo della presidenza della Repubblica - al pagamento dei titoli pubblici man mano in scadenza, così da evitare, per qualche tempo, le aste del tesoro e togliere di bocca i ‘lecca lecca’ alla speculazione internazionale. La sovranità italiana si dimostra nei comportamenti utili a risolvere i problemi sociali in un quadro globalizzato, non nelle ‘follie antieuropeiste’ che si ‘drogano’ nell'isolazionismo nazionalistico con pretese di autosufficienza”.

Sul fronte dei cosiddetti temi laici e delle nuove libertà pubbliche, quali sono i limiti che stanno immobilizzando i due maggiori Partiti politici, Pd e Pdl?
“Il loro Dna, in vario modo ‘antindividualista’. I due maggiori Partiti non pensano fisiologicamente agli interessi del cittadino, bensì a quelli del proprio gruppo, clan, classe, amicizie, burocrazie di riferimento, vicinanze sindacali, credenze religiose. Tuttavia, per loro sfortuna (e il Paese ne subisce le conseguenze) i problemi quotidiani richiedono sempre più un approccio fondato sul vivere individuale del cittadino. E quindi, come noi liberali indichiamo nel nostro documento, le istituzioni debbono divenire ‘separatiste’, non ‘consociative’, cioè devono attuare coerentemente il principio di separazione Stato-religioni, il solo che affida al cittadino la piena sovranità nei rapporti della convivenza. Al cittadino, non a corpi intermedi poco trasparenti dal punto di vista civile, oppure dediti ad altre funzioni, tipo quelle religiose, del tutto legittime ma in cui l’individuo, per definizione, non decide. Pd e Pdl sono incapaci di affrontare questi temi per struttura. Una riprova ne sono il recente documento del Partito democratico sui diritti, approvato con una maggioranza del 92,9% dell'assemblea: un testo insensibile alla individualità (cita 1 volta la parola ‘individuo’ e 38 volte la parola ‘persona’, cioè una cosa del tutto diversa sul piano dell’autonomia esistenziale). O anche le posizioni nel Pdl in tema di procreazione assistita e testamento biologico, che sono e hanno rappresentato la negazione dei diritti individuali. Un fondamentalismo neppure per fede, bensì per bassi interessi elettoralistici. Del resto, è alla luce di questa cultura ‘antindividualista’ che, in economia, è prosperata quella pratica della concertazione che ha portato ai mali attuali, poiché ha sempre teso a conservare i privilegi della rispettiva organizzazione, dei lavoratori o degli imprenditori e non a far decidere il parlamento, eletto e giudicato dall'insieme dei cittadini. E così ha strozzato, di fatto, il vero meccanismo democratico”.

Non sarebbe forse il caso di patrocinare una convergenza dell'antico elettorato liberale con il centrosinistra, al fine di rappresentare la vera 'gamba laica' della coalizione?
“Impostare il problema in questo modo significherebbe ricadere in atteggiamenti passatisti, che hanno il grave difetto di non tener conto del tempo che passa, come invece cercano di fare i liberali. I liberali, partendo dalla convinzione che è assolutamente necessario fondare l'azione politica sulle scelte di cittadini diversi l'uno dall'altro, si rivolgono a ogni singolo individuo che condivida il progetto, alla cui definizione, se vuole, può partecipare, naturalmente tenendo conto delle tempistiche operative. Noi non chiediamo al cittadino cosa pensava ieri o ieri l'altro e cosa ha fatto. Noi chiediamo, prima di tutto, cosa pensa e cosa vuol fare oggi per una convivenza migliore. Naturalmente, una volta assunta la partecipazione, i ruoli operativi saranno individuati tenendo anche conto dei comportamenti pregressi, ma senza precludere l'adesione politico-culturale a quanto si afferma nel progetto. Dunque, la sua domanda non si pone neanche per quelli che hanno meno di 36 anni e che, dunque, non sanno  cosa fosse il Pli (a parte aver studiato un po’ di Storia). Per quelli di età superiore, può darsi che la percentuale maggiore di quelli che una volta votavano Pli nel 2013 vorrà votare la lista dei liberali. Se hanno mantenuto lo spirito liberale, lo faranno certamente, ma non è detto che lo abbiano mantenuto dopo venti anni; non lo faranno coloro che vorrebbero vivere solo di nostalgia del passato, mentre i liberali non possono mai averla, anzi si impegnano a farla superare. Comunque, il documento dei liberali non si rivolge affatto solo ai liberali classici. Sono fautori del dar voce ai liberali, per potenziare oggi regole e interventi incentrati sul cittadino, tantissimi cittadini comuni di varia provenienza e convinzione. Essendo diversi, possono avere diverse inclinazioni sotto gli altri aspetti. Ma la cosa  decisiva è battersi per la sovranità del cittadino, sempre. E infatti il nostro documento si rivolge espressamente anche a coloro che non rinnegano passate suggestioni per storie laiche diverse dal complessivo agire liberale. In Italia, ci si ostina a non accettare in pieno il significato di cultura politica liberale riconosciuto da tutto il mondo evoluto: quella cultura che pone avanti a tutto la libertà del cittadino-individuo. In Italia, per esempio, la parola laico viene usata in modo ambiguo, distinguendo tra le ‘chiese’ da  avversare. Si avversano quelle  religiose e non si avversano o, addirittura, si sostengono quelle ideologiche, o di classe, o di relazioni amicali. Questo perché, di fatto, si dice laico colui che non appartiene a una gerarchia religiosa, ma, per comodità, si ammette che si può essere laici e, insieme, in qualche misura, antindividualisti. Nel mondo d'oggi, tutto questo è assurdo: il non appartenere a un clero non rende certo l'essere fautori della libertà del cittadino (gli esempi, in un senso e nell'altro, sono talmente numerosi da non richiedere di evocarli). Così, nel centrosinistra esistono, sì, molti a favore dell'individuo, ma la maggioranza è fermamente ‘antindividualista’ in politica (a parte gli affari personali). Ciò rende improponibile una nuova forma di ‘indistinzione’, analoga a quella che ha fatto fallire il Pd, mascherata da una preventiva scelta bipolare (o con la destra o con la sinistra) che, in pratica, prorogherebbe il sistema delle coalizioni di potere. I liberali sono sempre realisti e, per questo, non confondono l’eventuale necessità di stringere alleanze di scopo con la ‘babele’ dei ‘ma’, anche di Partiti senza progetto, al di fuori della vocazione maggioritaria. Insomma, è auspicabile ci possa essere una ‘gamba laica’ - anche se culturalmente dovrebbe dirsi gamba liberale – ma si potrà chiamare anche in altro modo (le appartenenze tradizionali sono abitudini persistenti) e dovrà acquisire una capacità di vera rappresentanza politica ed essere attrattiva. E ciò potrà farlo solo se non sarà ambigua sul ‘punto-cardine’: il sostegno, sempre e comunque - e non solo formale - di norme e iniziative che promuovano la libertà responsabile del cittadino non ‘intruppato’. Altrimenti, i laici continueranno nella politica furbesca e annosa del cercarsi un potente alleato che dia qualche posto, illudendosi poi di poter far contare le proprie idee. L'esperienza, anche solo quella dell'ultimo quindicennio, dimostra che, lungo questa via, i laici sono stati ‘spolpati’ e, infine, allontanati. Noi vogliamo impegnarci a far sì che la voce politica dei liberali abbia la capacità di stare nel dibattito politico, per le proprie capacità e non per fare da ‘foglia di fico’ dell'antindividualismo altrui, che preclude qualsiasi capacità di far incidere le impostazioni laiche”.


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Michele Falco - Sperone AV Italia - Mail - venerdi 17 agosto 2012 19.28
Ho partecipato,personalmente ai lavori del 20 luglio ed ho avuto modo di registrare, come ovvio, una pluralità di indirizzi. Riguardo all'articolo sottolineo la necessità di una netta demarcazione dell'identità liberale, ma il punto focale è proprio questo: cosa significa essere liberali? E liberisti? E ultima, ma non ultima, quale alleanza? In ordine: pur non essendo identici, i termini liberale e liberista hanno una radice comune inscindibile. E' attraverso il libero mercato che si realizza la libertà dell'individuo, preesistendo il diritto naturale, con le sue libertà inconculcabili, ad ogni ordine costituito. Come si vede, quella liberista non è una mera categoria economicista, ma comprende una elaborazione teoretica e politica. Circa le alleanze, escluderei, sin d'ora, di divenire la "gamba laica" o "liberale", che dir si voglia, di chicchessia, prodigandoci, invece, nell'intessere un dialogo politico-programmatico con forze nuove, ma anche di antico lignaggio, con i delusi, gli scontenti, gli astensionisti, purché vogliano integrare una visione concreta, autenticamente liberale, senza aggettivi.
ROBERTO - VARESE / ITALIA - Mail - giovedi 26 luglio 2012 12.19
A commento dell'articolo mi limito ad osservare che sino a quando noi liberali italiani continueremo a svolgere attività propagandistiche del nostro pensiero a livello elitario o comunque riservato a quei cinquemila connazionali che leggono i quotidiani, frequentano il dibattito culturale e vedono le trasmissioni televisive internazionali nulla cambierà nonostante le coraggiose iniziative associative promosse. Con coraggio esponiamoci alla pubblica disapprovazione e smettiamola di essere autoreferenziali. Qualcuno osservo che ha iniziato a farlo (Oscar Giannino e Nicola Porro docet).
ROBERTO - VARESE / ITALIA - Mail - giovedi 26 luglio 2012 12.6
Popolo, collettività, pure astrazioni ideologiche a sola giustificazione del potere di una classe o di una oligarchia, non esistono. Esistono solo uno, dieci, cento, milioni di Individui. In nome del popolo e della collettività sono stati commessi troppi delitti per crederci ancora. Lo Stato dovrebbe provvedere solo alla tutela delle libertà e dei diritti individuali, inclusi quelli di associarsi in coppie o gruppi di qualsiasi natura. Al tanto deprecato mercato spetta tutto il resto. Ma in Europa non siamo ancora pronti ad accettare la realtà come essa si palesa oggettivamente. E' più consolatorio credere ancora in una adattabilità del mondo ai nostri desiderata piuttosto che il contrario con tentativi e correzioni. Più si tarda ad accettare ciò maggiore sarà la disillusione sofferta.
Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - giovedi 26 luglio 2012 7.19
RISPOSTA A ROBERTO: carissimo lettore, la pregherei di non confondre l'individualismo con l'egoismo spicciolo o comportamenti sregolati. Il concetto di antindividualismo generalmente espresso dalla cultura liberale e liberaldemocratica si riferisce a un'antica polemica anticollettivista e antiburocratica contro le versioni 'coatte' - o coattive - del socialismo. Dunque, le frasi dell'intervistato, in questo caso fanno esplicito riferimento a concezioni, elaborazioni e riflessioni culturali di livello scientifico più elevato. Così come liberalismo e liberismo possono essere considerati due concetti paralleli e similari, ma non identici, allo stesso modo, nella scienza politica più 'alta', ovvero quella rielaborativa e di riflessione, non dobbiamo commettere l'errore di portare tutto sul medesimo piano, ovvero quello della 'bassa cucina' della cronaca quotidiana. In fondo, i liberali ci han sempre tenuto a svincolarsi da ogni schematizzazione ideologica, poiché partono da un presupposto, in questo caso corretto, dei diritti della persona e del singolo individuo. Ma questo non deve indurre in confusioni: il liberismo 'parolaio' di molti Partiti dela seconda Repubblica rappresenta un'accezione selvaggia, sregolata, anarcoide del liberalismo, che ha indotto a numerose gravissime confusioni. Viceversa, la concezione espressa in questo caso dall'intervistato c'entra poco o nulla con gli orrori politici dettati dall'attualità. Questa è una precisazione e una distinzione fondamentale, poiché in politica non sempre parole simili o addirittura uguali si riferiscono ai medesimi concetti o alle idee di mera circolazione mediatica corrente. Spero di esser stato abbastanza chiaro: in questo caso, il livello delle dichiarazioni è diverso... Cordialmente. VL
Roberto - Roma - Mail - lunedi 23 luglio 2012 1.14
Ma questo mica è normale!!!!!! Adesso i Partiti sarebbero tutti antindividualisti? Ma se è esattamente il contrario: ognuno fa quel che vuole sin quasi all'anarchia priva di regole!!!! Ma dove vive questo qui? Sulla Luna? Vogliamo forse rispondere ai guasti di una politica novecentesca con un'altra rimasta ferma al XIX secolo?????? Per non parlare del fatto che vuole vendere beni dello stato ai soliti manager pirati: spiegate a questo signore, per favore, che il liberalismo come lo intende lui è più utopico e obsoleto della NEP di Lenin..........
Rob


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