
La sinistra italiana deve rinunciare a un certo ‘sofismo snob’ che sottovaluta l’umanità fino a disumanizzarla in modelli astratti, in quanto ‘figlia’ di una cultura filosofica che prende in considerazione, quasi esclusivamente, categorizzazioni materiali per il conseguimento di virtù ideali. Da questa posizione deve invece nascere una radicale critica verso l’intellettualismo moralistico in quanto negazione retorica della vita nella sua espressione più genuina, spontanea e libera. E’ ormai necessario sottoporre a critica tutti quei valori tradizionali della società che hanno mostrato la natura meramente metaforica di qualsiasi principio trascendente e, forse, della stessa morale. L’obiettivo dev’essere quello di smascherare la falsità, l’ipocrisia, l’anarchia stessa del sistema culturale su cui è stato fondato il nostro Paese. L’affermazione della libertà può diventare il nuovo orizzonte culturale della sinistra italiana: i grandi valori della cultura occidentale debbono essere rianalizzati nella loro mancanza di fondamento sostanziale, nella loro finzione. Evidentemente, negli italiani c’è una sostanziale paura della creatività che li conduce a produrre veri e propri ‘disvalori’ di massa, sotto la cui giurisdizione viene disciplinata, regolata e schematizzata la vita di tutti i giorni. Ma si tratta di contraddizioni che, in quanto tali, generano un processo di nullificazione della vita stessa. La società rischia di cadere nell’angoscia poiché sta comprendendo che i fini assoluti e le realtà trascendenti non esistono, benché si voglia insistere nel perseguirli per puro istinto all’omologazione e scarsa originalità. Corrisponde a un errore illudersi di poter dare un senso all’esistenza per la semplice paura della verità, ovvero per un processo di prona accettazione di una vita senza alcun senso, in cui non v’è nessun ‘oltre’: essa va invece vissuta con desiderio, come autonoma realizzazione di se stessi. Se il mondo avesse un senso e se fosse costruito secondo criteri di razionalità, giustizia ed effettiva bellezza, l’uomo non avrebbe bisogno di alcuna suggestione metafisica, moralistica o religiosa. L’umanità occidentale, passata attraverso il cristianesimo, percepisce oggi un senso di vuoto poiché ogni costruzione valoriale viene meno innanzi alla scoperta che il mondo è un caos irrazionale. Fino a quando non sorgerà una sinistra in grado di sopportare l’idea secondo cui l’universo non ha alcun senso, la politica e la cultura continueranno a perseguire e a mettere in atto quei disvalori assoluti tesi a ‘rimpiazzare’ quelli obsoleti, alla ricerca di surrogati ‘idolatrici’ quali, per esempio, la spettacolarizzazione dell’epicureismo estetizzante o la mera esaltazione ‘meccanicista’ dello sviluppo tecnologico fine a se stesso. Sincretismi che derivano semplicemente dal crollo di ogni senso idealistico della vita, una deriva che spinge sempre più la società verso la disperazione nichilista. È tuttavia possibile uscire da un simile ‘buio culturale’ riconoscendo l’uomo come autentica sorgente di tutti i valori e di tutte le virtù: ecco quali possono essere le radici più autentiche di un nuovo umanesimo, capace di porre con coraggio l’umanità stessa al di sopra del caos della vita generando nuovi significati, realizzando nuove volontà realmente innovative. Questa dev’essere l’impresa della cultura progressista del nuovo millennio: ridare significato alla vita e alla società, portare ordine e razionalità là dove regnano il disordine, l’inciviltà, o quei retaggi atavici presenti nelle multiformi realtà culturali del nostro Paese. L’esperienza demagogica della Lega Nord e della totale ‘demenza’ del suo elettorato dev’essere vista come uno stimolo in grado di portare l’intero Paese a riunirsi attorno a una nuova formulazione di princìpi, che ricompattino l’Italia sotto ogni profilo, in base a nuove concezioni di solidarietà che sappiano esprimere una vera cultura libertaria, dinamica, evolutiva del progresso. I battuti sentieri del materialismo storico fondavano l’uomo ‘nuovo’ e il sogno stesso di una società socialista in base agli aspetti economici e strutturali della produzione industriale, secondo la massima che un uomo liberato dal bisogno sarebbe stato in grado di soccorrere il prossimo, di aprirsi alla fratellanza e all’eguaglianza. Ma la Storia ci ha insegnato che le cose non stanno affatto così: il percorso dell’umanità non è affatto lineare, poiché essa continua a rimanere immersa in un eterno medioevo in cui, risolto un problema, ne sorgono di nuovi. Ciò avviene perché la nostra analisi non può più limitarsi a una visione meramente pragmatica della vita e della realtà, bensì deve aprirsi a una ‘metamorfosi dello spirito’ che sappia completare il passaggio tra dovere e volontà, sino a raggiungere quel principio di accettazione che sta alla base della tolleranza, della solidarietà, della stessa democrazia. Il mondo deve aprirsi verso nuovi sogni, nuove libertà scientifiche e artistiche, ritrovando la propria generosità, la più autentica gioia di esistere. Ma per far questo, diviene necessario far comprendere all’umanità stessa che la sacralità, in un certo senso religiosa, della vita si basa sul rispetto tra gli uomini, sull’altruismo individuale e collettivo, in grado di bruciare alle nostre spalle tutti quei ‘ponti’ rimasti ancora in collegamento con l’arretratezza materiale e spirituale in cui la prima costringe gran parte del mondo a vivere nell’ingiustizia economica, mentre la seconda ci abbandona in quella disperazione che ha portato l’uomo a rifugiarsi nella religione o nelle ideologie irrazionalistiche. Alla logica della lotta di classe dev’essere sostituito il conflitto tra ‘uomo del futuro’ e ‘uomo del passato’, in cui il primo rappresenti non una mera finalità idealistica, bensì un orizzonte concretamente realizzabile, un mezzo consapevole per un’umanità rigenerata in grado di riuscire ad affrontare ogni problema al fine di conoscerlo, approfondirlo e, infine, risolverlo definitivamente.