Uno Stato democratico, così come lo intendiamo in Occidente, è
secolarizzato, multiconfessionale e dalle differenti ideologie.
Riprodurlo tale e quale nell’Islam non è – ovviamente – possibile.
Tuttavia, dato che il mondo islamico è vasto, non sempre uguale a se stesso, cambia a seconda delle nazioni e dei contesti sociali e politici su cui va a innestarsi ed è, inoltre, spesso contraddittorio, è possibile trovare, oggi, in molti Stati musulmani almeno una faccia della democrazia, seppur
associata ad abitudini politiche autoritarie.br>
Si è detto che un sistema è democratico quando è
multiconfessionale. L’unico Stato che, a differenza di tutti gli altri, dall’indipendenza
(1943), si dichiarò multiconfessionale impostando un assetto costituzionale su misura, tuttora esistente, è
il Libano.
La piccola Repubblica libanese (appena 10.000 kmq) è
la più complessa e articolata, politicamente ed etnicamente, fra le società del vicino Oriente. E’ uno Stato
nato per dare ai cristiani almeno un Paese dove fossero maggioranza e avere un ruolo come in nessun altro Paese arabo.
Il sistema libanese, nonostante i suoi limiti, è risultato per trent'anni l’unica vera
democrazia del mondo arabo. Un sistema sociale contraddittorio, marcatamente occidentalizzato da un lato - nella
sfavillante Beirut degli anni sessanta, piazza finanziaria di tutto il Medioriente -, estremamente arretrato dall’altro, nelle campagne delle masse
sciite e sunnite e nei campi dei profughi palestinesi. Questo sistema è entrato drammaticamente
in crisi all'inizio degli anni settanta, a causa della più vivace
fertilità musulmana e del crescente
peso dell’Olp, con una guerra civile di tutti contro tutti conclusasi solo
alla fine del 1990, con l’ingresso delle
truppe siriane a Beirut.
Il principale sconfitto di questa lunga guerra civile è dunque la
comunita' cristiana, che non solo non detiene più la maggioranza in Parlamento ma vede anche
ridimensionata la sua presenza sociodemografica nel Paese (oltre 600.000 cattolici maroniti hanno lasciato il Libano per l’Europa e le Americhe nel corso dei 15 anni di guerra civile).
Gli
sciiti hanno acquisito il
primato demografico.
Per esserci democrazia, deve poi aversi
modernizzazione. Questo sforzo lo stanno tentando molti Stati musulmani, come ad esempio
Indonesia e Tunisia. In
Giordania o in Marocco addirittura è il potere
monarchico, forte e prestigioso, alla testa della modernizzazione.
Per favorire questo processo, una
nuova classe sociale si sta facendo avanti nel mondo islamico: coloro che hanno avuto l’opportunità di
studiare in Europa o in America. Una gioventù colta, che legge, che naviga su Internet e parla le lingue. Come l’attuale Presidente siriano
Bashar Al Assad che, pur avendo ereditato il potere dal padre, viene dipinto come un leader laico, moderno, riformista, con studi di prim’ordine compiuti in Inghilterra e una visione molto innovativa rispetto alle istituzioni del mondo arabo e alle condizioni delle donne. Un presidente
atteso, insomma, ad iniziative di profonde riforme per modernizzare lo Stato e la società siriana.
L’Arabia Saudita con il petrolio, che è un elemento modernizzante per quanto riguarda la gestione pratica di questa eccezionale risorsa, deve avere uomini in grado di
muoversi con grande abilità nel mondo occidentale. Ciò non toglie che, in questo Paese, alla modernizzazione della tecnica si accompagna una società
arcaica e un potere autocratico, che applica la
legge religiosa.
La democrazia è soprattutto
rappresentativa. Strano ma vero che proprio in
Iran, sembra si stia portando avanti un disegno apparentemente impossibile:
coniugare una teocrazia con forme di moderna democrazia. In realtà, nella teocrazia iraniana le donne, magari
velate lavorano, fanno cinema, partecipano alla politica e, già oggi,
forniscono più della metà dei laureati. La svolta c’è stata nel
1997, quando la politica in Iran subisce un
cambiamento radicale rispetto al sistema religioso sciita al potere dal 1979. In quell'anno viene eletto, a sorpresa e con larga maggioranza, un nuovo Presidente,
Mohammad Kathami. La sua elezione trasforma in maniera diretta il genere di dibattito politico: dal 1997 in poi si assiste ad una sorta di grande
effervescenza culturale, con l'esplosione di nuovi quotidiani d'informazione, di dibattiti, di associazioni e pubblicazioni di libri tradotti.
Un grave pregiudizio per la realizzazione della democrazia nel mondo islamico, nella forma in cui è intesa nei paesi occidentali, è la divisione all’interno, la lotta tra
moderati e conservatori.
Ci sono Paesi formalmente democratici nei quali, tuttavia,
il fondamento religioso impedisce la realizzazione di una democrazia costituzionale. Un esempio è il
Pakistan, una nazione che è, a tutt’oggi, formalmente, una democrazia parlamentare che da anni subisce l’iniziativa incalzante di partiti religiosi estremisti, decisi a imporre la
sharia come legge fondamentale dello Stato, a cui si contrappone la casta militare, fortemente filoccidentale ma anch’essa
poco democratica.