Siamo ormai al Santo Natale del 2010. Da duemila anni, Cristo e la sua Chiesa favoriscono e ispirano, anzi ‘permeano’, arte e cultura, non solo in Italia, ma nel mondo intero. Quasi tutte le opere d’arte (pittura, scultura, architettura, musica, poesia e letteratura) si rifanno a Cristo (bambino, adulto, crocifisso e risorto), alla Madonna o ai santi. Impossibile citare le opere: sono infinite. Bastano tre esempi universali e inimitabili: San Pietro e i Musei Vaticani, la Cappella Sistina (Roma) e la Cappella degli Scrovegni (Padova), oggi fruibili a tutti in modo ‘virtuale’, presto anche sul sito www.movimentoelia.org. L’arte non è solo l’architettura, la pittura e la scultura dei casi citati. Sono sublimi e godibili tante opere poetiche e letterarie. E’ sufficiente citare ‘La Divina Commedia’. E la musica sacra (dal ‘Gregoriano’ alla Messa da Requiem di Verdi, alle tante ‘Ave Maria’) non è da meno, canti natalizi compresi. Il Santo Natale è stato ed è tuttora ben presente nella mente e nel cuore del popolo. Lo dimostrano le tante località dove vengono realizzati presepi nelle chiese e nelle piazze, oltre che in casa. Si va dai presepi monumentali di piazza San Pietro e piazza di Spagna (Roma), fino alla rassegna di “Presepi in un paese da Presepio” che si svolge a Quintodecimo (AP), paese che oggi conta appena 120 abitanti (d’inverno). La rassegna presenta ogni anno da 20 a 25 presepi artigianali, sempre differenti, nella loro sede naturale: le vecchie stalle del borgo situato nell’Appenninico Piceno, sulla Salaria. Ogni anno i visitatori sono circa diecimila. Significativo un dato: nonostante le difficoltà economiche attuali, nelle abitazioni private il Presepe “tiene” (- 2,5%), mentre cala la presenza dell’albero di Natale: - 27%. Fonte: ‘Contribuenti.it’. E’ la riprova che tradizione, poesia e fede sono ben radicate nel popolo italiano. Checché se ne dica. Tradizione, arte e fede fanno sì che il poetico ‘Inno’ al bambino Gesù “Quanne’ Nascette Ninno” (oggi: “Tu scendi dalle stelle”) sopravviva e sia conosciutissimo a 256 anni dalla sua composizione. Ecco la storia di questi due testi e del loro unico motivo musicale. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, vescovo e dottore della Chiesa (Napoli, 1696 - Nocera de' Pagani, Salerno, 1 agosto 1787), sebbene di nobile casato e intelligentissimo (si laureò a Napoli col massimo dei voti in diritto civile ed ecclesiastico appena sedicenne, con quattro anni di anticipo sull’età richiesta dalle leggi del tempo), frequentava i poveri del Regno di Napoli parlando il loro dialetto. Era il modo migliore di diffondere il suo cristianesimo felice e profondamente umano. Per coinvolgere direttamente i poveri nelle cerimonie liturgiche, scrisse una popolarissima canzone legata al Santo Natale: “Quanne’ Nascette Ninno”. Composta nel 1754, la canzone ebbe un tale successo che, nel 1769, fu pubblicata (e cantata) in tutto il territorio italiano, dalle Alpi alla Sicilia, diventando “il primo esempio di canzone italiana”. E anche un modello che dette vita a un genere nuovo di musica popolare. Ecco le prime due strofe di “Quanne’ Nascette Ninno”. Esse si ispirano (la seconda strofa, in particolare) ai profeti biblici (Isaia 11,1-10).
Quanne’ nascette Ninno a Betlemme Era nott’ e pareva miezo juorno
Maje le stelle – lustre e belle
Se vedettero accossi:
E a cchiù lucente / Jett’ a chiammà li Magge all’Uriente.
E’ nato, è nato Decevano, lo Dio, che nc’ à criato.
No ‘nc’erano nemmice pe la terra,
La pecora pasceva co lione;
Co o carpette se vedette / O liupardo pazzeà;
L’urzo e o vitello / E co lo lupo ‘npace o pecoriello.
Se rrevotaje ‘n somma tutt’o Munno,
Lu cielo, a terra, o mare, e tutt’i gente.
Chi dormiva – se sentiva / “Npiett’o core pazzeà / Pe la prezza;
E se sonnava pace e contentezza.Ed ecco le prime due strofe della sua versione in italiano:
Tu scendi dalle stelle o Re del cielo, / e vieni in una grotta al freddo e al gelo.
O Bambino mio divino, / io ti vedo qui a tremar.
O Dio beato / ah, quanto ti costò l’averci amato!
A te che sei del mondo il creatore, / mancano panni e fuoco, o mio Signore.
Caro eletto pargoletto, / quanto questa povertà più m’innamora,
giacché ti fece amor povero ancora.Dopo duemila anni è ancora difficile sottrarsi al suo fascino. Ed anche i ‘lontani’ sono ammirati e incantati per quest’uomo buono, unico al mondo: “Il più bello fra i figli degli uomini”.