Victor Hugo diceva: “Chi apre la porta di una scuola, chiude una prigione”, sottolineando l’importanza dello strumento dell’istruzione scolastica come unico mezzo per evitare che l’ignoranza generasse un sistema incapace di riconoscere qualsiasi autorità, conformandosi solo al codice personale. Bene, l’estate è ormai passata e la stagione di: “Nà bira e n’calippo” che ha regalato un momento di notorietà alle due ragazze intervistate sulla spiaggia di Ostia da Sky, è già un ricordo. Molte sono state le persone che si sono chieste come mai il parlare così, senza filtri, in un romano improvvisato, abbiano potuto destare così tanto interesse e tanto scandalo. In effetti, leggendo i commenti al video pubblicato su Youtube, si rimane davvero sorpresi di quante persone lo abbiano ‘cliccato’. Ma, a guardar meglio, poi si scoprono una marea di insulti e di frasi di disprezzo. Certo, nessuno merita offese e insulti perché parla in dialetto e si atteggia a ‘coatta’ di bassa lega, ma è altrettanto vero che dietro una tale esacerbazione degli animi si nasconde un qualcosa di più profondo, ovvero un allarme per una generazione che sta regredendo culturalmente a passi da gigante. Nel disinteresse generale, i Governi che si sono susseguiti hanno distrutto e stanno continuando a distruggere l’unica assicurazione disponibile sul futuro di questo mondo globalizzato. E mentre da tutte le altri parti del mondo si sfornano ingegneri indiani e cinesi, tecnici americani, scienziati nordeuropei ed esperti di ogni latitudine e materia, la scuola pubblica italiana sprofonda verso le ultime graduatorie dell’occidente. Il problema, in questo Paese ormai allo sbando, è che manca tutto: i fondi da investire, le strutture, i programmi e persino, a questo punto, il supporto della famiglia. A uno standard internazionale sempre più orientato alla responsabilizzazione dello studente, relegandolo fuori casa a 16/18anni a caccia di lavoro o borse di studio, ci accorgiamo di un contraltare, tutto italiano, fatto di genitori maleducati, incapaci, iperprotettivi, disposti a giustificare ogni lacuna, capaci di contestare il professore pur di giustificare la reiterata ignoranza dei propri figli. Il risultato: una generazione di ragazzi dal profilo mortificante, scarsamente dotati della capacità di concentrarsi, inadatti alle sfide e pronti all’autocommiserazione. Basta in fondo analizzare i ‘miti’ di questi ragazzi, per scoprire in un attimo la loro prospettiva deformata che si staglia in una penosa galleria di mediocri bulletti locali, starlette di terza categoria, big cocainomani e mostri di plastica. Un livello talmente basso che si distingue non tanto per la mancanza di cultura, quanto per l’assenza del più lontano sospetto della cultura. L’Italia, quindi, sta attraversando il suo più alto problema storico-culturale, per cui deve necessariamente prendere in considerazione le dimensioni internazionali degli Stati e l’andamento dei mercati. In tale contesto, cercare di conservare l’attuale livello di benessere coincide necessariamente con l’attestarsi su segmenti più alti di preparazione rispetto a ora. Occorre saper parlar bene l’italiano e almeno una lingua straniera, possibilmente l’inglese, sviluppare una migliore capacità di adattamento, partecipare in maniera forte agli scambi culturali con l’Europa. Ed è per questo che vedere due ragazzine che parlano romanesco finire in tv come se fossero dei premi Nobel coincide con un profondo senso di amarezza mista a preoccupazione per ciò che sarà il futuro del nostro Paese.