Antonio Di GiovanniAll’indomani della video-retorica a cui si sono sottoposti il presidente del Consiglio e il presidente della Camera, ci appare sempre più evidente come la situazione del Governo sia critica. E’ inutile illudersi: tutto ciò porterà a elezioni anticipate. Non convince l’assennatezza di Berlusconi, che denuncia un  teatrino della politica ‘deprimente’ nel quale lui stesso, da oltre un decennio, ha svolto il ruolo di ‘burattinaio’, così come non convincono le risposte di Fini, incomprensibilmente tardive rispetto a una stressante estate fatta di scoop e di polemiche. Fra i due leader, in definitiva, tutto è stato fin dall’inizio riassumibile in un puerile: ”Mi hai cacciato dal Pdl”, ”No, te ne sei andato tu”! Molti ormai sono i temi sui quali i due non si incontrano più. E questo, giorno dopo giorno, appare sempre più evidente. Non è servito nemmeno il discorso a Mirabello per capire ciò che si era capito benissimo sin dalle prime battute: il PdL, nato com’è nato, era destinato a morire molto rapidamente. E cosi è stato: o Fini o un qualcun’altro sarebbero arrivati alla stessa conclusione. E’ una questione di diversa estrazione ideologica. E le alleanze, per come si costruiscono in Italia, non si fondano su valori di eguaglianza, ma solo ed esclusivamente su questione di interessi. Vincere il nemico ai punti, il resto non conta. Ma c’è da prendersela più con gli elettori che con i politici, che in fin dei conti non fanno altro che il proprio mestiere. Eh sì: sono proprio i cittadini che dovrebbero punirli come si deve, quando con quella semplice matita appongono una croce sul simbolo della scheda elettorale.  La fine anticipata della legislatura che, sondaggi alla mano, è molto poco gradita dal cittadino-elettore, dovrebbe invece essere graditissima per poter mandare a casa qualche politico di troppo. Bossi, infatti, che nel frattempo fa l’amico del ‘Berluska’, non ci ha ancora spiegato perché non è entrato, all’epoca della sua fondazione, nel PdL. Certo, non è che si debba essere una ‘cima’ per comprendere i motivi del leader della Lega Nord: la sua smania di essere libero da Berlusconi gli è servita per dimostrare sempre più l’affermazione numerica del suo Partito nell’Italia centro-settentrionale. Fini, in effetti, ha giocato ‘in casa’ con sicurezza e ha ‘picchiato’ duro a Mirabello contro Berlusconi “che mi ha estromesso con un atto illiberale e autoritario, degno del peggior stalinismo”, ha detto. E non ha nemmeno risparmiato al premier le accuse di ‘cesarismo’ e di tradimento del programma originario. Berlusconi, invece, sembra assediato, ossessionato, tentennante, appare come un leader che ha difficoltà a decidere una linea, un percorso, incapace di portare fuori il Partito dal momento di crisi se non attraverso una rottura sancita e ufficiale. Il sistema elettorale è contorto, le alleanze ormai sono rarefatte, le offerte politiche assai datate, gli schemi superati e questa stagione politica si sta chiudendo nel peggiore dei modi. In tutto questo, la deriva verso le elezioni anticipate ci sembra inevitabile. E sarà un andare al voto i cui esiti si preannunciano imprevedibili. In assenza o in attesa di nuove elezioni, sarebbe meglio che Berlusconi accettasse il fallimento del PdL e concentrasse la sua forza sul Governo, cercando di dare risposte ai cittadini mantenendo le promesse e consegnando al Paese quelle riforme attese ormai da quindici anni. In questo momento, cambiare il Paese è più importante che cambiare la politica, anche se ciò impone di dover accettare tutte le diversità, Fini compreso, come soggetto politico differente dal PdL.


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