La redazione di www.laici.it ritiene un segnale discretamente positivo la decisione del cardinal Tarcisio Bertone, Segretario di Stato della Città del Vaticano, di partecipare alla manifestazione commemorativa per i 140 anni dalla breccia di Porta Pia. Da svariato tempo, infatti, noi pensiamo sia entrata in crisi una determinata funzione ‘pastorale’ del cristianesimo, ovvero l’esigenza di fornire una forma più moderna di assistenza spirituale in favore di una società che ha urgente bisogno di ritrovare dei valori condivisibili tra tutti i cittadini, anche tra laici e cattolici. L’atto del cardinal Bertone, dunque, a nostro parere può rappresentare un nuovo punto di partenza per ricominciare ad attingere da una sincera predisposizione fondata su una fede genuina, aliena da quei ‘trasalimenti mistici’ propri della tradizione ecclesiologica o più propriamente temporalista. Tutte le grandi religioni monoteiste contengono un potenziale di solidarietà tra gli uomini che nessuna divisione o lacerazione potrà mai riuscire a indebolire. Dunque, una religione moderna, attraverso la potenza mass-mediatica della nostra epoca, ha la possibilità di saltare in un sol colpo passaggi, filtri e mediazioni, al fine di portare la parola di Dio tra tutti i cittadini di buona volontà, atei o credenti che siano, trasformando il ruolo valoriale della religione stessa affinché non escluda nella condanna dell’errore la questione del recupero dell’errante. Bertone ha forse compreso che la Chiesa cattolica deve smettere di fornire una rappresentazione di se stessa in quanto ‘fortino sotto assedio’ poiché, soprattutto dopo il fallimento storico del marxismo, quasi nessuno ha intenzione di revocarne il patrimonio teologico o il magistero ecclesiastico. Quel che si chiede è tutt’altra cosa: di insistere maggiormente sui temi riguardanti i diritti dei singoli individui e quelli dell’uomo in quanto tale, approfondendo i numerosi problemi sociali rendendosi disponibile a diventare strumento di dialogo. La questione è tutta qui: come riuscire a far ‘evolvere’ un sistema ierocratico, invasivo, omnicomprensivo, tendente per propria natura a controllare tutto e tutti al solo fine di proibire, vietare, negare - come nel caso dell’omosessualità - la natura stessa dell’amore tra gli esseri umani? E’ soprattutto questa la ragione delle incomprensioni che continuano a ingenerarsi tra Chiesa cattolica e mondo contemporaneo: come far coesistere un’auspicabile riscoperta dello spirito evangelico, della mitezza, della carità e della misericordia con una struttura teologico–culturale oggettivamente ‘diversa’, strutturalmente complessa, in molti casi addirittura contrastante con quello stesso spirito? Una delle questioni dalle quali ripartire è perciò proprio quella di riuscire a portare il messaggio evangelico soprattutto tra i non credenti e tra gli agnostici. Nei confronti di chi non include, nel proprio orizzonte spirituale, un principio di trascendenza, la Chiesa deve porsi il problema di garantire la propria volontà di contribuire al progresso sociale, all’emancipazione delle categorie oppresse, a una tolleranza non più accettata di contraggenio. E per poter attingere a un senso realistico di giustizia, di carità e di cooperazione diviene necessario affrontare diversamente i problemi della modernità. Occorre chiarire con urgenza che i valori dello spirito devono essere anteposti a quelli del benessere materiale e dello sviluppo economico, i quali vengono sempre più spesso elevati a unica ragione di vita. Una reciproca fiducia tra gli uomini e tra gli Stati può infatti rafforzarsi solo nel riconoscimento e nel rispetto di un ordine morale che non necessariamente deve porsi il problema di essere ‘scisso’ o meno da Dio. Anzi, nel Vangelo, Gesù Cristo in persona ha affermato esattamente il contrario nell’episodio del centurione: “Vedete quest’uomo? Guardatelo bene: è un Romano e un pagano. Eppure, nessuno in Galilea mi ha mai dimostrato tanta fede. Torna a casa: la tua fede ha guarito il tuo servo…”. La Chiesa è una delle istituzioni portatrice e banditrice di concezioni di convivenza universale, ma non può considerarsi la sola a poter svolgere questo ruolo. I cattolici impegnati nello svolgimento di attività economico–sociali vengono a trovarsi frequentemente in rapporto con altre persone che non hanno la loro medesima visione culturale. E, in tali rapporti, essi devono essere i primi a dar prova di ‘autovigilanza’, al fine di dimostrarsi coerenti con loro stessi e animarsi di uno spirito di comprensione, di disinteresse e di disponibilità alla collaborazione per l’attuazione di progetti che siano considerabili come buoni o, quanto meno, riconducibili al bene. Solo in questo modo la Chiesa potrà riproporsi effettivamente come ‘popolo di Dio’ e non come il ‘santuario lontano’ di un potere che decide da solo del giusto e dell’ingiusto. In un mondo completamente cambiato sotto l’impulso dell’ascesa economico–sociale delle classi lavoratrici e dell’ingresso della donna nella vita pubblica, diviene impellente il riconoscimento di tutti i diritti relativi al singolo individuo: non solo quelli inerenti alla sicurezza materiale e alla libertà di pensiero, ma anche quelli attinenti a garantire uno sviluppo armonioso e integrale della sua personalità, rendendo il cattolicesimo pienamente conciliabile con un principio universale di democrazia. Le ripetute ondate migratorie, sospinte dalle occasioni di lavoro che i Paesi più ricchi offrono rispetto alle società economicamente meno evolute o dalle macerie di regimi dispotici, provocano sradicamento, sottoccupazione, nuove ingiustizie e perdita di identità. Dunque, la Chiesa si decida a denunciare con forza che deve essere il capitale a cercare il lavoro e non viceversa, al fine di offrire a tutti gli uomini la possibilità concreta di crearsi un avvenire senza essere costretti a trapiantarsi dal proprio ambiente in un altro. Il raggio planetario delle interdipendenze economiche ha reso indifferibile il rafforzamento di strutture politiche sovranazionali, nel pieno rispetto delle singole sovranità degli Stati membri, poiché il bene comune dell’intero universo dipende dalla soluzione di problemi che, per la loro ampiezza, complessità e urgenza, i soli poteri pubblici delle singole comunità non sono in grado di affrontare con la prospettiva di arrivare a soluzioni positive. Se si intende porre mano a tali compiti immani, diviene inevitabile cercare un dialogo e stimolare nuove intese fra credenti e quanti non credono o credono solo in parte. Identificare false dottrine di relativismo laico non significa nulla, in termini di prospettiva, giacché ogni dottrina, una volta elaborata e definita, rimane sempre la stessa, mentre determinati fenomeni storici, tecnologici, scientifici, socioeconomici e culturali, agendo in situazioni dinamiche perennemente rinnovantesi e incessantemente evolventesi non possono che subire influssi continui, andando soggetti a mutamenti anche profondi: chi può veramente negare che determinati movimenti politici, filosofici o genericamente culturali non si facciano interpreti essi stessi di giuste aspirazioni in favore della persona umana o che non contengano elementi positivi e meritevoli di approvazione? Il sentiero, in verità, è uno solo: collocare la Chiesa sulla linea dell’ecumenismo e del dialogo con il mondo contemporaneo, affinché essa, anziché continuare a occuparsi prioritariamente di Dio, comprenda che deve ricominciare a occuparsi degli uomini e delle loro questioni, così come oggi si presentano. Uomini vivi, che osano dirsi principio e ragione di ogni realtà. Uomini e donne fatti di carne, come volle essere, prima di ogni altra cosa, lo stesso Gesù di Nazareth.