“Mi accusano sempre di circondarmi di belle ragazze senza cervello. Ecco invece, qui, delle belle ragazze che si sono laureate con il massimo dei voti e che non assomigliano certo a Rosy Bindi”. L’occasione fa l’uomo ladro, questo lo si sa da sempre. E il nostro presidente del Consiglio non smentisce mai se stesso: l’occasione era una visita, in forma privata, presso l’università telematica E Campus di Novedrate, in cui Berlusconi avrebbe dovuto tenere un discorso dal carattere squisitamente personale, che però si è trasformato in una querelle dal sapore politico, con l’ennesima battuta a danno di Rosy Bindi. Che la sua sia una manìa, lo si era capito già da qualche tempo, soprattutto quando, nell’ottobre 2009, durante la trasmissione ‘Porta a Porta’, il premier non si era trattenuto dal telefonare in diretta per polemizzare con quanto si stava dicendo in studio e aveva apostrofato la Bindi con queste parole: “Lei è più bella che intelligente”. L’origine delle offese alla Bindi ha inizio però nel 2003, quando parlando con Viviana Beccalossi disse: “E’ più brava che bella, il contrario della Bindi”. L’ossessione Rosy, che da anni attanaglia i pensieri di Berlusconi, ben rappresenta lo stato d’animo di un uomo ormai anziano, afflitto da problemi legati alla sua sfera sessuale e alla propria mascolinità. Tracagnotto, calvo, senza trucco e privo della sua vistosa platea in gonnella e tacchi a spillo, il premier stenta a riconoscere se stesso: la sua fisicità attuale sembra più uno spettacolo burlesque, che la manifestazione di un uomo politico. Le battute stentano e si ripetono ossessivamente come un mantra consolatorio (meglio far finta che non esistano i problemi nella maggioranza, le inchieste sulla nuova P3 e gli scioperi), così come l’ossessione sfrontata di circondarsi sempre di un pubblico amico, di una claque fidelizzata, di belle donne con tacchi alti e minigonne (poco importa se non siano in grado di parlare, loro devono apparire), di uomini minacciosi e ben vestiti, occhiali scuri e auricolari nelle orecchie. La necessità è quella di sentirsi rassicurato da un ambiente che quotidianamente viene ricreato intorno alla sua figura, al suo personaggio: la realtà della solitudine di ogni uomo fa paura, è roba da ‘sfigati’ privi di appeal. Ed ecco che dunque entra in scena la Bindi, emblema di tutte quelle donne che non amano presentarsi con tacchi a spillo e abiti succinti – perché una donna non è solo un corpo da mostrare – ma che preferiscono riflettere e controbattere pacatamente e con intelligenza alle volgarità spregiudicate che ogni giorno debbono subire in un ambiente dove è ancora e sempre il maschio a farla da ‘padrone’, con le sue barzellette e i suoi ammiccamenti patetici. L’ossessione Rosy è la dimostrazione della frustrazione di un capo che trova la sua piena realizzazione maschile e ormonale nell’offesa nei confronti dell’altro sesso, una vendetta misogina che denota una debolezza senile inaccettata e aborrita, perché l’uomo che non conquista non è un vero uomo. E allora: “Io ce l’ho duro”, diceva Bossi, per dimostrare una virulenza maschile che si sarebbe dovuta identificare con la voglia del fare, delle maniche di camicia arrotolate e il desiderio di cambiare, di abbattere il lassismo della politica romana dei ‘salotti’. Stessa scuola di pensiero, stessa provenienza geografica: un linguaggio analogamente scurrile e volgare mascherato da un portamento e un’apparenza che vorrebbero essere più bon ton, ma che in realtà fanno solo ‘cafone arricchito’. Così Berlusconi si presenta oggi con le sue ennesime offese alla Bindi e a tutte le donne italiane che preferiscono non inchinarsi alla corte circense del ‘re nudo’.