Ludovica Zurzolo

In Italia, oltre il 60% dei bambini è tornato a mangiare senza restrizioni attraverso la terapia con Omalizumab. Dall’inizio 2024, infatti, l’Fda americano (Food and drug administration, ndr) ha approvato l’Omalizumab come primo farmaco per le allergie alimentari. I bambini che soffrono di questo tipo di allergie possono andare incontro a reazioni anche molto gravi, che coinvolgono le vie respiratorie, quelle digestive e la pelle. Fino a poco tempo fa, le principali soluzioni adottate dai soggetti allergici erano quelle di evitare completamente gli alimenti che causavano queste reazioni o tentare un processo di desensibilizzazione: una cura che innalza la tollerabilità tramite l’introduzione 'pilotata' dell’alimento con l’uso di specifici preparati. Attualmente, invece, il rischio di allergie alimentari si può ridurre attraverso una nuova soluzione: quella farmacologica. La terapia prevede la somministrazione dell’Omalizumab, un anticorpo monoclonale già in uso per l’asma, che mantiene innocue le IgE: anticorpi sviluppati in risposta a stimoli innocui, percepiti dal sistema immunitario come potenziali minacce. La rivista scientifica ‘Allergy’ ha appena pubblicato uno studio osservazionale condotto dall’èquipe dell’unità di allergologia dell’ospedale romano ‘Bambino Gesù’, in cui si conferma la validità della nuova terapia farmacologica. L’indagine è stata svolta su 65 bambini con asma e allergie alimentari che per 12 mesi sono stati trattati con l’Omalizumab. Dalla ricerca è emersa una riduzione drastica delle reazioni anafilattiche e un aumento della tollerabilità nei pazienti trattati per via farmacologica. Lo studio ha dimostrato che il 61,5% dei bambini, allergici anche a più di un alimento, abbia ottenuto un'alimentazione completamente libera, priva di restrizioni, con il conseguente miglioramento della qualità della vita. “Con il trattamento farmacologico”, spiegano la dottoressa Stefania Arasi, allergologa, prima autrice dello studio e il professor Alessandro Fiocchi, responsabile di allergologia del 'Bambino Gesù' e coordinatore della ricerca, “tutti i bambini del gruppo hanno potuto smettere di osservare l’etichettatura precauzionale degli alimenti alla ricerca della dicitura: ‘Potrebbe contenere...’. Una pratica che limita di molto le scelte dei pazienti allergici alimentari. Oltre a ciò, lo studio documenta”, prosegue la dottoressa Arasi, “che i genitori e i pazienti si rilassano e il loro indice di qualità della vita viene normalizzato, non dovendo più essere condizionati in maniera incombente dal mangiare per errore qualcosa di sbagliato. I dati osservazionali del nostro studio”, concludono i due studiosi italiani, “dovranno essere replicati in maniera prospettica, ma la terza via per una vita migliore per i bambini allergici alimentari è aperta”.


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