Non è un luogo comune dire che il nostro Stato si è mangiato tutti i nostri soldi e che nessun Governo, né di destra, né di sinistra, non abbia mai pensato al bene del Paese, ma solo a quello delle proprie tasche, indirizzando i soldi di noi contribuenti nei vergognosi circuiti di lobby affaristiche, di facili appalti e di uno show business a base di cocaina, sesso e degrado. Questo è anche il Paese che trova i soldi per spettacoli come "Amici", "Grande Fratello", "Uomini e Donne", "L'isola dei famosi" e così via, programmi dove il degrado morale, il sesso e la nudità sono messi in vetrina a discapito della cultura, dell'informazione e della crescita dei progetti sociali. Bestemmie in diretta, copulate e parolacce, diseducazione e crisi di identità: questi sono i modelli che vengono proposti alle famiglie e alle nuove generazioni. Il risultato? I giovani hanno perso la via, la fiducia, non credono più in niente, atrofizzati dalla droga, dalla cocaina, dall'alcool, facili alla devianza, alla perdita dei valori. E le famiglie sono allo sbando, inseguendo un finto benessere e modelli di vita da soap opera. Ma in tutto questo la cosa più vergognosa è che abbiamo una classe politica incapace di risparmiare, che fa eco solo con la politica degli annunci ma che, di fatto, non taglia nulla. Il parlamento traccheggia, fa il pesce in barile su una decisione, quella dei tagli al costo della politica, che non avrebbe bisogno nemmeno di essere discussa. E sulla vicenda dei doppi e tripli incarichi, che poi si traducono in doppie e triple indennità, cala il silenzio. Siedono in parlamento e ogni tanto fanno la loro comparsata in consiglio regionale o provinciale e non sentono il minimo bisogno di abbandonare nemmeno uno degli scranni istituzionali. Il pubblico dipendente, in virtù dell'anagrafe delle prestazioni come dettato dall'art. 58 del DLgs n. 29/1993 e giunto a successive modifiche e integrazioni al vigente art. 53 del DLgs n. 165/2001 sancisce il principio dell'esclusività, legato a un quadro normativo ispirato a una concezione autoritativa del rapporto intercorrente tra amministrazione e dipendente stesso, ma ciò non sembra valere per alcuni. "I doppi incarichi sono, di per sé, una nota stonata, un vero e proprio malcostume della politica, ancor di più in un momento come questo, in cui si sta chiedendo agli italiani rigore e sacrifici". Così dichiara il deputato democratico, vicepresidente della commissione Affari costituzionali, Roberto Zaccaria, commentando l'ulteriore rinvio da parte della Giunta delle elezioni della Camera di risolvere la questione con l'esame dell'incompatibilità degli 11 deputati di maggioranza con doppio incarico. Prendiamo ad esempio Mara Carfagna, ministro delle Pari opportunità, che addirittura arriva a tre incarichi, per un ammontare di 30 mila euro/mese di stipendio: mica male in tempi di crisi... Le norme attualmente in vigore stabiliscono che chi occupa un seggio in Parlamento non possa fare il sindaco di una città con più di 20 mila abitanti, né il presidente di una Giunta provinciale, né l'assessore, né il consigliere regionale. Ma si tratta di norme che si prestano a varie interpretazioni, facilmente aggirabili. Di fatto, l'unica incompatibilità rispettata più o meno alla lettera è quella con gli incarichi nei Consigli e nelle Giunte regionali, grazie anche, al Senato, al limite tassativo di tre giorni per optare fra Parlamento e Regione fissato dal presidente di Palazzo Madama, Renato Schifani e dal presidente della Giunta delle elezioni, Marco Follini. Per il resto, tutti o quasi hanno fatto 'spallucce', anche di fronte al semplice buonsenso. Con il risultato che ora si contano 68 parlamentari che hanno altri incarichi istituzionali: una quarantina fra sindaci o vicesindaci e poi assessori, consiglieri comunali, consiglieri provinciali, perfino due presidenti di Giunte provinciali, i deputati del Pdl Maria Teresa Armosino e Antonio Pepe, rispettivamente presidenti delle Province di Asti e di Foggia. Ma il plotone di primi cittadini è ben pió numeroso, considerando i centri più piccoli. Fra Camera e Senato se ne contano 36. Di ogni schieramento, ma moltissimi della Lega Nord, che hanno fatto presto a dimenticare il loro slogan: "Roma Ladrona". Qualche esempio: il sindaco di Pontida, il deputato Pierguido Vanalli o il primo cittadino di Varallo, Gianluca Buonanno. Ma non trascuriamo il centrosinistra, come il senatore Claudio Molinari, eletto nel 2005 sindaco di Riva del Garda. Ci sono poi quattro vicesindaci: quello di Roma, Mauro Cutrufo, quello di Milano, Riccardo De Corato, quello di Lecce, la senatrice Adriana Poli Bortone e di Caravaggio, il leghista Ettore Pirovano. Insomma, i nostri politici si fanno proprio in tre, per il Paese.
(articolo tratto dal web magazine www.periodicoitaliano.it)