Vittorio LussanaItalia, terra mia, Paese umile e ‘cocciuto’, astuto e sincero, allegro e sapiente. Da ragazzo non ti conoscevo e rimanevo incantato a guardarti per ore col naso appiccicato al finestrino di quei treni che mi riportavano nella mia Lombardia, adorando i tuoi alberi e i tuoi monti, i tuoi fiumi e i tuoi campi. La fortuna più grande del mondo è diventare un uomo portando nel cuore le tue tiepide notti d’estate, respirando l’odore dell’erba appena tagliata, rivivendo i tuoi colori e i tuoi sapori, trascorrendo il periodo più dolce della vita costruendo capanne tra le braccia dei tuoi alberi secolari, tremando, in certe notti, per i racconti dei contadini che, per farci strare buoni a noi bambini, ci narravano storie di fantasmi e di streghe che si aggiravano per le campagne. Italia mia bellissima, colorata dal cielo più azzurro del mondo, io ti venero e ti amo con tutta l’anima, perché sono fiero di essere tuo cittadino. Amo il tuo mare stupendo e le tue montagne sublimi, i tuoi monumenti bellissimi e le tue memorie immortali, la tua bellezza ineguagliabile e le nostre tradizioni più antiche. Il rumore del tuo mare accompagna i miei pensieri sin da ragazzo, quando osservavo lo sguardo di mio padre che si disperdeva all’orizzonte per ritrovare, anche solo per un giorno, un poco di serenità. E ho scalato le tue montagne cadendo, una volta, in un fossato di felci alte quasi due metri, ma raggiungendo, ostinato, le tue vette più ardue per il solo piacere di ascoltare il tuo silenzio, per ammirare dall’alto la magnificenza delle tue valli. Col passare degli anni, ho conosciuto le tue stupende regioni e popolazioni: i romantici tramonti dell’Isola del Giglio, l’indimenticabile azzurro ‘oltremare’ del golfo di Policastro, la bellezza inestimabile del Gran Paradiso. E ancora, la fierezza dei calabresi, che mi insegnarono, incredibile a dirsi, a diventare un buon lavoratore; l’allegria dei pugliesi, che vennero un giorno a tirarmi su di morale in un momento di fatica e di solitudine; l’originalità dei siciliani, che mi dimostrarono il loro rispetto; l’intelligenza dei sardi, che mi salutarono con affetto sincero dopo una ‘strana vacanza’; la simpatia dei veneti, che mi diedero il cambio mentre lavavo una montagna di piatti nei miei primi mesi di servizio militare; la forza degli abruzzesi, che mi abbracciano appena mi vedono; l’ingegnosità dei genovesi, che mi hanno insegnato il valore del denaro; e il grande cuore dei napoletani, che mi hanno donato l’anima perdonando le mie durezze caratteriali. Io ti amo, patria mia, dal più profondo del mio cuore. E ti onoro nelle vittorie come nelle sconfitte, teso costantemente a nobilitare me stesso per fare in modo che qualche mio pensiero possa finalmente avvicinare il giorno in cui scompariranno dal tuo volto la miseria e l’ignoranza, l’ingiustizia e il dolore. Io ti amo, mia dolce Italia, come la ragazza più bella del mondo che mi è capitato di incontrare sdraiata su di un fianco nel bel mezzo del mar Mediterraneo, che mi ha spezzato il cuore col suo sorriso irriverente, che mi ha parlato di antiche glorie e di improvvise carestie, di paradisi vissuti e di clamorose cadute nella polvere, di grandi onori e di indescrivibili debolezze, di profonda umanità e di utopie irraggiungibili. Italia che vivi ogni giorno, in ogni notte ti sento riposare inquieta, per poi risvegliarti al mattino nervosa e un po’ matta. Ma ti sento come un amore mai finito, un desiderio mai deluso, un’amica che talvolta si fa beffe di me, ma che, nei momenti che contano, non mi tradisce mai. Io ti amo come l’amore più bello e più puro, come il sentimento più nobile e più grande ch’io riesca a provare, che si trova al di sopra di tutto poiché esso, da solo, dà il senso alla mia stessa esistenza. Io ti amo, Italia, perché hai dovuto accettare, nella tua storia, il tutto e il niente, il vero e il falso, Iddio e Cesare. Il tuo destino è quello di una nazione che ha saputo uscire dalla propria miseria schiaffeggiando la sua stessa sorte. E, forse, è per questo ch’io ti amo così tanto: potrò mai ringraziarti per tutto quello che mi hai donato? Riuscirò mai a ricambiare la grande fortuna di essere uno dei tuoi figli? Credo proprio di no, poiché una cosa del genere è impossibile persino da pensare. Grazie, Italia, per i tuoi giovani valorosi che ci rappresentano così bene nelle rassegne sportive internazionali. E grazie a te, popolo mio, che mi fai sentire grande anche quando desidero, semplicemente, essere nessuno.




Direttore responsabile della rivista Periodico Italiano
(editoriale tratto dal web magazine www.periodicoitaliano.info)

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Roberto - Roma - Mail - giovedi 13 maggio 2010 3.42
L'idealismo trascendentale di Lussana...... o dovrei dire subliminale? Più cattolico dei cattolici, più socialista dei socialisti, più italiano degli italiani, più laico dei laici. In un paese di cialtroni.


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