La vittoria del referendum svizzero con il quale il Paese elvetico ha sancito il suo “no” alla costruzione di minareti sul suo territorio ha dimostrato a tutta l’Europa l’impossibilità, per questo Paese, di poter far parte, un domani, dell’Unione europea. Il risultato del voto ha chiarito, finalmente, la posizione di questo piccolo Stato, smascherando il suo vero volto: gli arabi (e i musulmani) sono ottimi clienti e partner ampiamente graditi solo nelle transazioni economiche e finanziarie. Il voto di qualche settimana fa ha manifestato l’arretratezza delle politiche sociali e identitarie dello Stato svizzero: a larga maggioranza, i cittadini hanno dichiarato di non voler più vedere costruire sul proprio territorio moschee e minareti, manifestando quasi un senso di assedio collettivo e popolare. I minareti e le moschee inducono terrore e preoccupazioni tali da desiderare di imporre un blocco alla loro edificazione, arrivando addirittura ad emanare una legge che ne sancisca il divieto di costruzione? Una legge a carattere universale, che crea volontariamente una discriminazione a sfondo religioso e che nega ad una categoria ben specifica di cittadini (e non in larga maggioranza stranieri, bensì cittadini svizzeri musulmani) di non poter costruire dei luoghi di culto (moschee sì, ma prive del rispettivo minareto) in cui professare liberamente la propria fede. Una legge che nega la costruzione di moschee con minareto, ma non di Chiese cristiane, cattoliche o protestanti, munite di campanili, che invece continueranno a essere liberamente edificate. Una legge che dunque crea deliberatamente una frattura tra i cittadini (non più universalmente uguali) imponendo un divieto a una sola categoria di essi, facendo risalire alla mente uno dei periodi più oscuri, se non il peggiore, del Novecento europeo. E il nostro Paese come sta reagendo a questa deriva razzista? La Lega Nord ha cercato di cogliere al balzo l’occasione lanciata dalla Svizzera ipotizzando di lanciare un’analoga campagna di mobilitazione popolare e nazionale tesa ad impedire ai musulmani residenti sul nostro territorio la possibilità di costruire i propri luoghi di culto. Esempi di questa intolleranza leghista si verificano periodicamente, con manifestazioni di vario genere e di dubbio gusto: dal portare a passeggiare e urinare maiali sul terreno sul quale è prevista la costruzione di una moschea, al divieto di alcuni comuni del nord di vendere kebab e panini dai nomi esotici, fino all’emanazione di leggi nazionali che impongono limiti più rigorosi alle regolarizzazioni di immigrati lavoratori già residenti nel nostro Paese. La paura del diverso, già presente nella nostra società, sta spostando la sua attenzione verso una categoria di individui ben precisa: se prima erano i polacchi, gli albanesi, i rumeni (connotazioni nazionali e geografiche), oggi sono i musulmani, tutti, condannando una connotazione religiosa che coinvolge e abbraccia persone provenienti da vari Paesi, nonché numerosi convertiti italiani. La sensazione di essere assediati sta prendendo il sopravvento sul buon senso civico? I fomentatori della paura e dell’intolleranza stanno portando a compimento il loro scopo? Si alzeranno delle voci che finalmente grideranno “basta” a tutti queste esternazioni razziste e intolleranti, che sortiscono solo l’effetto di riportare indietro di secoli la società in cui viviamo, ritenendo migliore un Paese in cui tutti i cittadini sono tali solo se rispondenti a criteri genetici e religiosi ben precisi? L’Italia, crogiuolo di popoli da secoli, dovrebbe dimostrare un’elevata maturità culturale e sociale, invece di barricarsi dietro presunte identità geografiche o regionali, popolari, linguistiche e religiose. Che certamente costituiscono la nostra forza e il nostro essere ma, allo stesso tempo, ci hanno permesso nel corso della nostra Storia e ci permettono oggi di accogliere anche chi proviene da un Paese lontano e da culture differenti. La diversità è la forza di un popolo, di una nazione e di uno Stato. I Padri costituenti ne erano consapevoli e l’hanno sancito nel testo costituzionale: perché oggi noi dovremmo dimostrare di voler tornare indietro, anziché avanzare a testa alta affrontando le sfide che la società ci presenta?