Giovannella PolidoroIl ddl sul processo breve, in discussione in questi giorni al Senato, prevede una serie di misure che nelle intenzioni di Pdl e Lega - a cui si deve l'iniziativa - dovrebbero servire a garantire il principio della ragionevole durata dei processi, sancito sia nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (art. 6), sia nella Costituzione italiana (art. 111). L’obiettivo – si legge nella relazione accompagnatoria - è quello di rendere certi i presupposti, la procedura e i costi economici per l'effetto conseguenti alla irragionevole durata dei processi, che espongono lo Stato italiano a subire il maggior numero di condanne da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo proprio a causa dell’eccessiva durata dei dibattimenti. Composto da tre articoli, il ddl prevede (art.2) l'estinzione dei processi in corso in primo grado per i reati “inferiori nel massimo ai dieci anni di reclusione”, qualora siano decorsi più di due anni dal provvedimento di richiesta di rinvio a giudizio formulato dal pubblico ministero senza che sia stata emessa sentenza. Fuori dallo schieramento della maggioranza, il ddl sul processo breve non piace, perché oltre ad estinguere i processi che coinvolgono in prima persona il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, rischia di travolgere anche altri dibattimenti con effetti devastanti - sottolinea con evidente preoccupazione l'Anm - “sul funzionamento della giustizia penale in Italia”. Per l'Anm l'attuazione del ddl si tradurrebbe, infatti, in una vera e propria “depenalizzazione” destinata a far andare in prescrizione reati di notevole gravità: "abuso d'ufficio, corruzione semplice e in atti giudiziari, rivelazione di segreti d'ufficio, truffa semplice o aggravata, frodi comunitarie, frodi fiscali, falsi in bilancio, bancarotta preferenziale, intercettazioni illecite, reati informatici, ricettazione, vendita di prodotti con marchi contraffatti: traffico di rifiuti, vendita di prodotti in violazione del diritto d'autore, sfruttamento della prostituzione, violenza privata, falsificazione di documenti pubblici, calunnia e falsa testimonianza, lesioni personali, omicidio colposo per colpa medica, maltrattamenti in famiglia, incendio, aborto clandestino". Dalla ‘mannaia’ del ddl sul processo breve si salverebbero, tra l'altro, solo i dibattimenti in corso relativi ai reati di “market abuse” - disciplinati dagli artt. 180-187 nonies del Testo unico della Finanza (Tuf) – ma solo perché per essi il legislatore, in seguito agli scandali finanziari degli ultimi anni: dal crack di Cirio e Parmalat, al tentativo di scalata dei ‘furbetti del quartierino’ ad Antonveneta fino al fallimento dell'Opa Unipol su Bnl, e considerata, quindi, la loro gravità sociale, ha previsto una pena detentiva superiore a 10 anni di reclusione. La locuzione ‘market abuse’ identifica tutti quei comportamenti - abuso di informazioni privilegiate (insider trading) e manipolazione del mercato (aggiotaggio finanziario) - volti ad alterare il funzionamento e la trasparenza dei mercati finanziari, con grave pregiudizio per gli investitori - risparmiatori. Con particolare riferimento all'abuso di informazioni privilegiate (insider trading), la legge vieta lo sfruttamento di notizie concernenti, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti di strumenti finanziari o uno o più strumenti finanziari, che se rese pubbliche potrebbero influire in modo sensibile sulla formazione del prezzo. L'illiceità del fatto trae origine dalla circostanza che l'autore di questo reato possiede le informazioni di mercato in ragione: a) della sua posizione apicale, in quanto partecipante al capitale o in quanto membro dell'organo di amministrazione, direzione e controllo dell'emittente; b) in ragione della sua posizione di subalterno, in quanto dipendente dell'emittente o della Sim o della banca di affari che tratta con l'emittente, ovvero in ragione dell'esercizio di una professione, di una funzione, anche pubblica, o di un ufficio. La ragione dell'incriminazione è evidente: lo sfruttamento di informazioni privilegiate non ancora disponibili al pubblico può dar luogo ad una grave asimmetria informativa che finisce con l'alterare, sensibilmente, sia la posizione di parità degli operatori economici, sia la trasparenza dei mercati mobiliari sia, soprattutto, la fiducia degli investitori. Per assumere rilevanza penale, l'informazione privilegiata, oltre a non essere pubblica, deve avere un contenuto specifico e circostanziato. All'insider è, quindi, fatto divieto di: a) acquistare, vendere o compiere altre operazioni, direttamente o indirettamente, per conto proprio o per conto di terzi, su strumenti finanziari utilizzando le informazioni privilegiate in suo possesso; b) comunicare ad altri l'informazione privilegiata al di fuori del normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell'ufficio (cosiddetto tipping); c) raccomandare o indurre altre persone, sulla base delle notizie privilegiate in suo possesso, al compimento delle operazioni a lui stesso precluse (cosiddetto tuyautage). Da un punto di vista procedurale, al verificarsi di un comportamento suscettibile di essere qualificato come insider trading, si possono instaurare, a carico del soggetto che ha compiuto il fatto, un procedimento di accertamento amministrativo a cura della Consob e uno di accertamento penale a cura della magistratura (il cosiddetto doppio binario). Per rafforzare ulteriormente la tutela del mercato, considerata la gravità sociale del reato, la normativa vigente attribuisce all'insider trading, oltre all'anzidetta natura di reato, rilevanza di illecito amministrativo in caso di condotta colposa causata, cioè, da negligenza o disattenzione. Ed è proprio l'elemento della gravità sociale ad escludere il rischio di prescrizione per i processi in corso per i reati di insider trading. L'attività investigativa e di accertamento, condotta negli ultimi anni, dalla magistratura e dall'autorità di vigilanza della Consob, fortunatamente, non verrà travolta dalle disposizioni sul processo breve proposte da Pdl e Lega e, almeno, in questo caso gli investitori - risparmiatori che sono, peraltro, le vere vittime dell'attività di speculazione sul mercato borsistico degli strumenti finanziari emessi dalle emittenti, possono tirare un sospiro di sollievo perché all'orizzonte non è prevista alcuna beffa!




(articolo tratto dal web magazine www.periodicoitaliano.info)
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