Luca BagatinMa sì: Brunetta è un economista di stampo liberale, mentre Tremonti uno statalista d'antan. Niente di diverso da quel che sapevamo sin da quando questi due signori iniziarono a gravitare attorno ai movimenti costruiti da Silvio Berlusconi, dal 1994 a questa parte. E così, riteniamo che il premier debba – una volta per tutte - scegliere la linea da seguire: o quella riformatrice o quelle conservatrice. Oppure, rassegnarsi a una spaccatura imminente del PdL, già annunciata dai continui strappi di Gianfranco Fini e da molti suoi fedelissimi. Perché stupirsi? Se questo Governo sta facendo poco o nulla rispetto a quanto annunciato in campagna elettorale è più che giusto che qualcuno faccia la voce ‘grossa’. Dov'è finita la drastica riduzione delle imposte? Dov'è finita l'abolizione delle Province e degli enti inutili? Dov'è finita la riduzione della spesa pubblica improduttiva? Dove sono finiti gli investimenti alla ricerca? Quanto chiede il ministro Renato Brunetta non è altro che quanto chiede il Paese e quanto annunciato anche dal Governo Berlusconi IV sin dal suo insediamento. Tremonti e la Lega Nord hanno fatto di tutto per remare contro. E ora, eccoci qui, ancora una volta senza riforme. Berlusconi, quindi, scelga da che parte stare, abbia anche il coraggio di sostituire Tremonti alla guida del ministero dell'Economia con politici liberali seri: con lo stesso Brunetta, oppure con l'ottimo Antonio Martino, ingiustamente e immeritatamente messo ‘in soffitta’ dal cavaliere di Arcore. Si modifichino quindi anche le alleanze: si defenestri la Lega Nord e si imbarchi l'Udc e i suoi nuovi alleati centristi. Se così non sarà, non si vede quali prospettive di rinnovamento possa aspettarsi il Paese. E, personalmente, intravedo all'orizzonte un nuovo possibile cambio di rotta anche per il ‘dopo – Berlusconi’: un'aggregazione riformatrice che abbia come leader proprio Gianfranco Fini e Renato Brunetta, alleata a tutti i laici, liberali, repubblicani, radicali e ai centristi di Casini, capace di contrapporsi allo statalismo ‘socialburocratico’ del Pd, della sinistra e della destra estreme, di Tremonti, della Lega Nord e al giustizialismo di Di Pietro. Finalmente, l'Italia vivrebbe così una vera contrapposizione: liberali e riformatori contro statalisti e conservatori. Con, ai secondi, un'opposizione assicurata per i prossimi decenni.




(articolo tratto dal blog www.lucabagatin.ilcannocchiale.it)
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Alberto Lopez - Firenze - Mail - martedi 8 dicembre 2009 15.34
Ma la maggioranza di governo sì. Eccome! Se poi il governo, espressione di questa maggioranza disattende le promesse della campagna elettorale, qualche responsabilità ce l'ha, così come i suoi ministri.
Carlo Cadorna - Frascati - Mail - mercoledi 2 dicembre 2009 16.48
La spesa pubblica non può essere aumentata, altrimenti aumentano gli interessi da pagare sui BOT.
Per investire bisogna risparmiare. Tutti i ministeri possono razionalizzare la spesa.
Io conosco quello della difesa. Ci sono 4 stati maggiori, 40 scuole etc.
Facendo la forza armata unica si risparmierebbero almeno 10 mld.
Le forze dell'ordine potrebbero essere unificate.
Il vero problema è che manca la volontà politica di tagliare. Come si è visto ieri in parlamento. Il governo non c'entra.


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