Piero OstellinoSolo certo giornalismo, provinciale, ‘romano - centrico’, poteva illudersi, con una campagna sulle feste del capo del governo, di indurre le diplomazie straniere a prendere le distanze dall’Italia al vertice G8. Anche uno studente al primo anno di Scienze politiche sa che nessuno Stato si intrometterebbe nella situazione interna di un altro per ragioni estranee ai propri interessi; a dettargli l’agenda è la Ragion di Stato. L’imbarazzata reticenza a prendere atto del successo del nostro Paese dimostra che non lo si è ancora capito. Così, il tormentone continua con risvolti persino ridicoli. Presidente Scalfaro, un uomo di Stato non deve rispondere «in» Parlamento — alle domande di un giornale, su fatti personali — ma «al» Parlamento (che lo interroga su questioni attinenti alla sua funzione); o all’opinione pubblica, per ragioni di opportunità, in conferenza stampa, su un giornale. Miei connazionali ‘liberal’, che vi scandalizzate perché la figlia di Berlusconi è andata a partorire a Lugano, invece che in una struttura della Sanità nazionale, lo sapete che fra le libertà liberali c’è anche quella di farsi curare dove e da chi si crede? Solo un demagogo poteva chiedere le dimissioni di due giudici costituzionali perché hanno cenato col presidente del Consiglio, confondendo — con un «appello alla Comunità internazionale» affinché intervenga — il legittimo diritto di contrastare una legge con la delegittimazione del processo che, in una democrazia liberale e in uno Stato sovrano, presiede alla sua formazione; il diritto di opporsi a una legge attiene al suo «contenuto», sempre opinabile, e riguarda il confronto fra le forze politiche; la delegittimazione del processo attiene al «metodo» di formazione della legge e riguarda la Costituzione. In un bell’editoriale, Angelo Panebianco ha commentato le domande «scomode» che il Senato americano ha rivolto a Sonia Sotomayor — designata come giudice della Corte Suprema — non per sapere da che parte sta, ma per valutarne l’attitudine ad applicare la legge. I giudici della Corte riflettono l’indirizzo politico di chi li ha designati — il presidente! — che essi sono chiamati a integrare con la propria competenza giuridica. La prassi ubbidisce a una concezione della democrazia che fa risalire alla sovranità popolare la fonte di legittimazione dei poteri costituzionali; si chiama «parzialità trasparente». Da noi, la parzialità diventa «democratica» se è di una parte; «antidemocratica» se dell’altra. Panebianco dice giustamente che «avvicinare un poco (...) le due sponde dell’Atlantico non sarebbe male». Ma bisognerebbe almeno sapere cos’è la democrazia liberale.




(articolo tratto dal quotidiano 'il Corriere della Sera' del 18 luglio 2009)
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